Numero delle udienze in presenza ridotte al lumicino o non più previste in toto, deposito degli atti ammesso anche (e, in qualche caso, solo) in via telematica, notifiche a mezzo Pec, verbali delle udienze telematiche redatti come documenti informativi che il presidente, o giudice monocratico, e il segretario dell’udienza sottoscrivono con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Seppur con le dovute eccezioni, la transizione al digitale, nel mondo della giustizia civile e amministrativa, sembra trovarsi ad uno stadio molto più avanzato rispetto ad altri ambiti del mondo pubblico. E’ quanto emerge da un dossier elaborato del Csel, Centro studi enti locali, per Adnkronos.
In alcuni casi, la spinta verso la rete è stata data unicamente dal Covid e si dovrà capire poi se le novità introdotte in questo frangente saranno rese permanenti o se resteranno circoscritte al periodo emergenziale. In altri, come nel caso del processo tributario telematico, il percorso era stato completato già da anni, ben prima che chiunque potesse immaginare l’insorgere di una pandemia. Globalmente ormai tutti i tipi di procedimento giudiziario che possono interessare un ente locale in maniera più o meno diretta sono stati oggetto di misure finalizzate a rendere digitale il processo. Non si procede però di pari passo in ogni ambito.
Se il processo tributario è ormai obbligatoriamente ed esclusivamente telematico da 2 anni e mezzo, in Cassazione, ad esempio, la prima apertura verso il superamento del deposito cartaceo di atti e provvedimenti è arrivata solo sull’onda lunga della pandemia. Con circa 10 anni di ritardo rispetto ai Tribunali e le Corti d’appello italiane, finalmente quest’anno anche la Corte suprema ha sdoganato il deposito telematico a partire dal 31 marzo. Va detto però che, ad oggi, osserva Csel, esiste ancora il doppio binario: il digitale è quindi una opzione perfettamente valida e che può sostituire il cartaceo che però, per chi lo voglia, continua ad essere ammesso per i giudizi di legittimità.
Anche la Corte dei conti, a partire dal 2020, ha in parte ceduto alle lusinghe del web, autorizzando lo svolgimento delle udienze in videoconferenza e il deposito telematico come sostitutivo di quello cartaceo. Ad oggi però queste sono misure straordinarie adottate in risposta alla pandemia e non riforme ordinarie e quindi destinate a durare nel tempo.
L’orizzonte temporale delle misure citate coincide ad oggi con la fine dello stato d’emergenza. Salvo ripensamenti, quindi, una volta superato questo frangente, le udienze del giudice nei giudizi innanzi alla Corte dei conti, delle Camere di consiglio e delle adunanze, e le audizioni del pubblico ministero, torneranno a svolgersi secondo le tradizionali modalità. Analogamente si tornerà al previgente obbligo di deposito cartaceo in segreteria della sezione dell’originale cartaceo o della copia cartacea conforme all’originale degli atti processuali.
L’ultima vera roccaforte, ad oggi inespugnata, dal punto di vista della digitalizzazione, per quanto riguarda la giustizia civile e amministrativa, è l’ufficio del giudice di pace. Il decreto legislativo 116/2017 aveva fissato il 31 ottobre 2021 come data nella quale, anche in questo ambito, avrebbero trovato applicazione le disposizioni relative al processo civile telematico ma è stato costretto a fare marcia indietro, spostando la lancetta dell’orologio avanti di ben 4 anni. Uffici poco strutturati, con poco personale e spesso con bassa cultura digitale, non hanno messo i giudici di pace di arrivare pronti a questo appuntamento, che è ora fissato al 31 ottobre 2025.
Nel frattempo, è stato però annunciato che dovrebbe presto essere data, in via sperimentale, la possibilità di depositare telematicamente, anche presso questi uffici, alcuni atti che comprendono: ricorso per decreto ingiuntivo, integrazione documentale, richiesta di consultazione temporanea del fascicolo e deposito complementare.