(Adnkronos) – Alla ricerca di un posto migliore e non di un sogno di vita su di un’isola tropicale. Questo ci raccontano i dati sul fenomeno della “Great Resignation”, ovvero le “Grandi Dimissioni”, almeno secondo gli esperti di Reverse, Daniele Bacchi e Alessandro Raguseo. Secondo le ultime comunicazioni obbligatorie raccolte dal ministero del Lavoro sono stati 524.417 gli italiani che tra luglio e settembre 2021 hanno deciso volontariamente di dimettersi dal proprio posto di lavoro, con un incremento dell’8% rispetto al secondo trimestre. Dati che confermano come l’Italia, anche se in modo certamente più contenuto rispetto agli Stati Uniti, sia di fronte al fenomeno delle Grandi Dimissioni.
“Bisogna fare attenzione a guardare i dati dalla giusta distanza”, spiega Daniele Bacchi, ceo di Reverse, con un’esperienza di oltre 15 anni nel mondo Hr e un passato come Chief Technology Officer di un gruppo multinazionale specializzato in servizi di recruiting, somministrazione, outplacement e formazione. “Non è facile intendere realmente la portata di questo fenomeno in Italia perché i dati di cui disponiamo sono troppo poco recenti (gli ultimi sono di giugno 2021) e soprattutto aggregati in modo tale che sia difficile analizzare tutte le diverse variabili, come ad esempio le fasce d’età o le aree geografiche che più hanno interessato le dimissioni”.
“Se guardiamo poi l’altro lato della medaglia ci sono realtà che stanno assumendo. Capovolgendo quindi il punto di vista potremmo parlare di Grandi Assunzioni”, aggiunge Alessandro Raguseo, Executive Mba alla London Business School e una carriera all’interno del mondo della consulenza Hr che è poi culminata, nel 2017 con la fondazione di Reverse.
I dati confermano questo trend: secondo l’ultimo rapporto dell’Istat i livelli occupazionali in Italia sono tornati ai livelli pre pandemia con un tasso di occupazione del 59%, mentre il tasso di disoccupazione al 9% è addirittura inferiore al 2019. Guardando i dati dell’ultimo trimestre 2021 vi è stato un aumento dell’occupazione del 2.2% che ha interessato in modo più marginale i dipendenti a tempo indeterminato e in modo più ampio i contratti a termine (+13%). “Dal confronto dei dati, appare più chiaro che le persone non stanno lasciando il lavoro per inseguire i propri sogni e dedicarsi alle proprie passioni, piuttosto hanno deciso di lasciare l’attuale posto di lavoro per uno migliore -continua Raguseo-. In questo contesto risulta necessario per le aziende adottare delle misure per evitare una vera e propria emorragia di talenti, sempre meno disposti a dedicare la propria vita e la propria esperienza ad organizzazioni che non valorizzano a sufficienza il loro lavoro e che non incarnano i valori della società”.
L’invito alle aziende è quello di ridisegnare completamente l’Employee Experience (Ex) ovvero l’esperienza che il lavoratore vive all’interno dell’organizzazione applicando al mondo delle risorse umane tutte quelle metodologie e quelle logiche che permettono di realizzare prodotti e servizi di successo. L’esito di questo processo è quello di rendere piacevole ogni fase del percorso che il lavoratore fa in azienda, dal suo ingresso al consolidamento dei rapporti con gli altri dipendenti e con il management, con l’obiettivo di aumentare la sua soddisfazione e produttività. Reverse gestisce ogni mese 100 mandati di ricerca, selezionando per le aziende le risorse più adatte a ricoprire la posizione. (di Mariangela Pani)