(Adnkronos) – “Dentro l’Europa c’è molta eterogenità, e aggiungo, purtroppo, se noi vogliamo avere più Europa, dobbiamo diventare più simili. Il vero problema dell’Europa è la mancanza di fiducia, e questa mancanza di fiducia deriva proprio dal fatto che non siamo uguali, quindi ci guardiamo in maniera un po’ sospetta e non ci fidiamo”. A dirlo Veronica De Romanis, docente di European economics Luiss Guido Carli di Roma e Standford University di Firenze, intervenendo alla tavola rotonda ‘Il futuro che vogliamo-ripartiamo da crescita sostenibile e territori, lavoro e welfare’ organizzata da Manageritalia in occasione del VI Congresso della Federazione dei manager del terziario.
“La Bce – spiega – è un acquirente meraviglioso, compra in maniera molto regolare, ha tassi di interesse bassi, ecco questo sta finendo. E qui arriviamo al secondo grande problema che è il debito pubblico, che non è solo un problema nostro. I due grandi, chiamiamoli così, malati di debito sono l’Italia e la Francia. La prossima settimana arriveranno le pagelle. Il debito costa: per darvi un ordine di grandezza noi spendiamo le spese per interessi 85, entro due anni arriveremo a 100 miliardi. Per la formazione di cui si è parlato prima ne spendiamo 70. Per la sanità 130. Quindi questo fa capire quanto ci costa il debito pubblico. Tra l’altro è una spesa molto iniqua perché noi prendiamo risorse dalla collettività e poi il debito ci rende vulnerabili. Lo vediamo quando c’è una crisi il debito che riduce i margini d’azione”.
“Le nuove regole – sostiene Veronica De Romanis – ci chiedono di mettere al centro la spesa e bisognerà fare un programma di lungo termine, medio-lungo termine, una programmazione economica in cui si dice cosa si fa con questa spesa per i prossimi 5, 6, 7 anni. Questo vuol dire che non si potrà più dare tutto a tutti. E le due direttive principali da seguire sono la formazione e la demografia. La demografia è importante perché crescita debole e debito che aumenta si tengono proprio sulla sfida demografica. C’è una soluzione, un’unica sola che si chiama occupazione femminile perché solo così si inverte la curva demografica. L’occupazione femminile non solo è un problema di qualità ma è anche un problema di qualità. Noi stiamo creando quello che io chiamo un esercito di pensionate povere, cioè di donne, che per fortuna vivranno più a lungo, ma siccome hanno fatto una carriera con lavori di bassa qualità a quello che si appartengono, non avranno la capacità di mantenersi. Quindi avranno bisogno di altre donne che si prenderanno cura di loro. Questo innesta un ciclo di azione. Dobbiamo bloccare questo ciclo e farlo diventare virtuoso con più occupazione femminile”.