Mantovani (Cida): “Il Fisco deve essere potente stimolo per economia reale”

“Come Cida preferiamo concentrarci su quello che conosciamo meglio: le imprese e il lavoro. È su questo terreno che vanno trovate le soluzioni, almeno una parte di queste, visto che la premessa resta sempre quella di far pagare le tasse a chi evade. Il fisco, insomma, non può essere solo un occhiuto guardiano delle entrate, ma deve anche essere un potente stimolo per l’economia reale: la manifattura, il terziario, il digitale in tutte le sue applicazioni e potenzialità”. Lo ha dichiarato il presidente di Cida, Mario Mantovani, intervenendo alla presentazione dell’ultimo Osservatorio Itinerari Previdenziali dedicato alle entrate fiscali e al finanziamento del welfare. 

“Una realtà produttiva fatta di imprese che devono crescere -ha precisato Mantovani-: in dimensione, in qualità del lavoro e della sua remunerazione, in capacità di attrarre capitali e di competenza nel saperli investire. Il fisco può aiutarle in questo sforzo, ad esempio premiando le aziende che fanno utili, quelle che si aprono in modo trasparente all’ingresso di capitali di rischio, quelle che assumono. Si è tentato più volte, in un recente passato. Ora vanno selezionati gli strumenti migliori e applicati senza attendere, sfruttando il “vento” di ripresa e mettendo a frutto le risorse contenute nel Pnrr. Mentre si lavora alla prossima Legge di Bilancio, vorremmo meno promesse e più proposte per far crescere le imprese, il lavoro qualificato, le retribuzioni e consentire ai nostri giovani preparati di trovare occasioni professionali in Italia, con stipendi adeguati e un sistema di welfare che incoraggi la natalità e prepari alla pensione. Cida ha proposte da fare ed è pronta al confronto con la politica”, ha detto Mantovani.  

Durante la presentazione è stato sottolineato che “è indubbio che l’effetto del combinato disposto di imposte dirette e indirette renda forse eccessiva l’imposizione fiscale in Italia, ma lo è altrettanto che servono soluzioni calate sulla concreta realtà del Paese, superando il fin troppo riduttivo dualismo tra “ricchi” e “poveri”. Se il contrasto di interessi tra clienti e fornitori diretti di beni e servizi sarebbe un ottimo modo per favorire l’emersione e al tempo stesso agevolare le finanze delle famiglie italiane, un maggiore sviluppo del welfare aziendale, insieme alla detassazione di premi, aumenti salariali e straordinari, potrebbe essere la via per ridurre il cuneo fiscale e contributivo a carico dei lavori dipendenti in modo equo e sostenibile per le già provate casse dello Stato”. 

“L’analisi della situazione fiscale fornita da Itinerari Previdenziali – quest’anno è particolarmente utile e significativa, perché si inserisce nel dibattito della riforma fiscale che il Parlamento ha in programma di varare. È bene che il “decisore politico” tenga conto delle cifre contenute nell’Osservatorio per un bagno di realismo fondamentale se si vuole mettere mano con equità ad aliquote e scaglioni. La realtà dei numeri ci dice, innanzitutto, che finora le armi per contrastare l’evasione risultano inefficaci e gli interventi per riequilibrare il prelievo inadeguati. Il risultato di questa situazione sta nell’intollerabile pressione sui redditi “noti”, alimentata dalla sempre più evidente difficoltà del sistema fiscale a reperire le risorse necessarie a sostenere le spese sociali ed assistenziali”. Lo ha detto il presidente di Cida Mario Mantovani, intervenendo alla presentazione dell’ultimo Osservatorio Itinerari Previdenziali dedicato alle entrate fiscali e al finanziamento del welfare, presentato oggi al Cnel e realizzato con il contributo della stessa Cida 

“I dati di Itinerari Previdenziali dimostrano, infatti, -ha ribadito Mantovani- che la maggior parte delle spese per il welfare va a finire sulle spalle di chi le tasse le ha sempre pagate, con un aggravio crescente in termini di riduzione del reddito disponibile, di potere d’acquisto, di depressione dei consumi e di minor dinamismo imprenditoriale”.  

“Certo è – ha commentato Mantovani- che, ormai, gli scaglioni di reddito sui quali grava la maggior parte dell’Irpef sono ben lontani dall’individuare i “ricchi” sui quali la progressività dell’imposta vorrebbe svolgere l’originaria funzione sociale e riequilibratrice. In realtà, le remunerazioni si sono appiattite verso il basso, le imprese non hanno aumentato le loro dimensioni, il lavoro qualificato non è cresciuto. Ed è da qui che bisogna ripartire con segnali concreti”, ha concluso. 

(Adnkronos)