Rafforzare l’impegno dell’Inca Cgil affinché il processo di digitalizzazione delle procedure per il riconoscimento delle prestazioni previdenziali e socio assistenziali si trasformi in opportunità per ridurre le disuguaglianze che la pandemia ha ulteriormente enfatizzato. Questo lo scopo del dibattito ‘Cittadinanza digitale per il welfare del futuro’ promosso dal patronato della Cgil per oggi, nell’ambito delle Giornate del lavoro della Cgil, dedicate alla tutela individuale.
“La nostra iniziativa – spiega Michele Pagliaro, presidente Inca – nasce per parlare di quelle che sono state le criticità emerse nel corso della pandemia. Noi siamo stati autorizzati da una norma costituita dall’articolo 36 del dl numero 18 del 17 marzo 2020 che ha introdotto il cosiddetto mandato di patrocinio telematico finché durerà lo stato di emergenza”.
“Questa norma – sottolinea – ha consentito ai patronati, nel nostro Paese, di lavorare a distanza, abbiamo cambiato le nostre abitudini e i nostri orari. Abbiamo anche realizzato investimenti e provato ad essere presidio di prossimità in un momento in cui anche importanti istituzioni come Inps e Inail sono rimaste chiuse”.
“Oltre il 90% delle nostre pratiche sono gestite telematicamente”. “Il punto – avverte – è come questa cittadinanza digitale si articolerà sapendo che ci sono soggetti, come gli anziani ad esempio, o ai cittadini stranieri residenti in Italia e a tutto i soggetti fragili che vivono ai margini della società che rischiano, in una condizione in cui oggi forse conta più avere uno spid che la carta d’identità in tasca, l’esclusione da un welfare e dalle tutele individuali che diventano sempre più telematizzate”.
“Credo – ribadisce Pagliaro – che vada fatta una riflessione anche in grado di contemplare questi aspetti tenendo bene a mente che i diritti e le tutele sono una prerogativa costituzionale; la nostra Costituzione prevede che le pari opportunità siano elementi garantiti a tutti”.
“Durante il lockdown abbiamo messo a disposizione la straordinaria generosità degli oltre 2.000 operatori e operatrici del patronato che in alcuni casi sono stati anche contagiati”.
“Solo nei mesi del lockdown – ricorda – abbiamo lavorato oltre mezzo milione di pratiche. Non dimentichiamo che i vari decreti legge, di volta in volta, hanno introdotto tutta una serie di bonus, oltre 20, che hanno generato del lavoro aggiuntivo frutto anche delle criticità del nostro Paese”.
“Credo – sottolinea Pagliaro – che la pandemia abbia messo al centro anche le contraddizioni del nostro mercato del lavoro, frammentato parcellizzato con meno diritti e meno tutele a cui i bonus hanno cercato di dare delle risposte”.
“Il sistema dei patronati è regolamentato da una legge di venti anni fa -dice Pagliaro-. Forse se oggi dobbiamo introdurre elementi di slancio verso l’informatica e verso la digitalizzazione dovremmo anche ragionare come aggiornare in alcuni casi i termini quella norma”.
“Dieci anni fa il Fondo patronati prevedeva 500 milioni di euro e oggi quei fondi si sono ridotti di circa 90 milioni di euro e siamo preoccupati perché l’utilizzo a iosa, per via della pandemia, di strumenti come la cassa integrazione contribuirà a dare un gettito minore della contribuzione su cui si calcola lo 0,199%, destinato in questi ultimi due anni, ad un’ulteriore riduzione”.
“Su questo argomento – ha sottolineato – pensiamo di aver aperto un’interlocuzione con istituzioni di riferimento sia con la politica”.