(Adnkronos) – “Non è assolutamente vero che la spesa per le pensioni gravi così significativamente sul bilancio del welfare e quindi sul bilancio pubblico, per questo motivo le indiscrezioni circa la proposta avanzata in Consiglio dei ministri sulla riduzione della rivalutazione delle pensioni più alte per finanziare quota 103 ci trovano assolutamente contrari”.
A dirlo Stefano Cuzzilla, presidente Cida, la rappresentanza della dirigenza e le alte professionalità di tutti i settori socio produttivi, pubblici e privati, che prosegue: “Se le prestazioni pensionistiche sono finanziate dai contributi, quelle assistenziali, che hanno assunto nel tempo una dimensione ragguardevole pesano solo parzialmente sulla fiscalità generale e non sono state interessate né da una previsione di razionalizzazione né da controlli efficaci. Una miopia che rischia di danneggiare le finanze pubbliche e alimenta inefficienza organizzativa”.
La spesa pensionistica in Italia è in linea con la media europea e sostenibile per il futuro: a fronte di una spesa per pensioni tutto sommato sotto controllo, quella assistenziale è cresciuta infatti del 56% in meno di dieci anni. Nel 2021 sono state liquidate 1.315.171 pensioni, delle quali il 44,2% di natura assistenziale. In merito, Cida evidenzia due fattori critici su cui è necessario intervenire: il primo è giungere a una separazione anche contabile della previdenza dall’assistenza per evitare tagli immotivati alle pensioni più elevate, il secondo è un adeguato intervento sul contrasto all’evasione che non è solo fiscale ma anche contributiva.
Rivedere nuovamente il meccanismo di calcolo della perequazione già di per sé solidaristico appena ripristinato nel 2022 penalizzando solo per le fasce più alte, starebbe a significare che i manager pensionati saranno ancora una volta un ‘bancomat’ e vedranno ridursi ancora di più il loro potere d’acquisto.
Anche la Corte Costituzionale con diverse sentenze si è espressa in questo senso affermando che la frequente reiterazione di interventi legislativi tendenti a inficiare il meccanismo perequativo, intacca i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su parametri costituzionali quali la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita.
“Se queste indiscrezioni dovessero concretizzarsi Cida prenderà una posizione netta così come ha fatto in passato. Non si possono cambiare le regole a piacimento, siamo in uno stato di diritto che non può essere aggiustato secondo le convenienze. Si rischia di compromettere definitivamente le legittime aspettative dei lavoratori e il patto tra contribuente e Stato” conclude il presidente Cuzzilla.