(Adnkronos) – “Per la buona gestione dei fondi Pnrr sia di ottenimento fondi che di rendicontazione, è necessaria una grande politica di riforme nel nostro Paese, ben venga quella appena approvata sul Codice degli appalti, ma occorre insistere su altri temi tra cui la giustizia (obiettivo Pnrr nel prossimo semestre) ma anche politiche fiscali incisive e attrattive per le imprese italiane e estere, una fortissima politica di sburocratizzazione del nostro Paese e poi avere una profonda rivisitazione del sistema degli incentivi, come già accennato dal ministro Adolfo Urso, rendendoli a mio avviso più attrattivi e rapidi sia nei tempi di attesa dall’invio del progetto all’ottenimento dei fondi”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Giuseppe Arleo, coordinatore dell’Osservatorio Next generation di Competere.eu, think tank europeo impegnato a promuovere politiche che favoriscano la transizione verso filiere resilienti e sostenibili.
“Nel 2023 – ricorda – si prevede di spendere 40 miliardi di Pnrr che sono più di 2 punti di pil e sono più che sufficienti a tenere a galla l’economia. C’è solo da lavorare per fare il massimo. Gli obiettivi da rispettare nel Pnrr non sono obiettivi di spesa”. “Contrariamente ai fondi europei ordinari – osserva – la Commissione non ti chiede le fatture di spesa per procedere al rimborso puntuale ma ti chiede di rispettare gli obiettivi concordati ogni sei mesi in termini di risultati: bandi da pubblicare, norme da approvare e adesso anche appalti da aggiudicare. Molte delle spese mancate nel 2022 si trasferiranno meccanicamente sul 2023, solo di Pnrr per le ferrovie si prevedono spese per 3,8 miliardi nel 2023 su un totale di 6,4 miliardi per le infrastrutture e trasporti.
“E le spese – dice – almeno delle ferrovie sono spese pressoché certe. In più l’aggiudicazione degli appalti ha avuto una forte accelerazione nell’ultimo semestre di quest’anno quindi è altamente probabile che la spesa effettiva per le opere si vedrà già nel prossimo anno. L’accelerazione nelle aggiudicazioni ha avuto anche una ragione tecnica: per usufruire del fondo da 10 miliardi per la compensazione dell’aumento dei prezzi previsto per le opere Pnrr, le stazioni appaltanti dovevano aver pubblicato i bandi entro la fine dell’anno. Quello che abbiamo notato nelle ultime settimane è che molte stazioni appaltanti si sono affrettate: avere accesso al fondo era condizione necessaria per aprire una gara con dei prezzi a base d’asta minimamente appetibili”.
“D’altronde – sottolinea Arleo – è comunque innegabile, a mio avviso, come una fase importantissima, di cui avere una attenzione costante, sia nelle procedure di monitoraggio e di rendicontazione al fine di dimostrare la corretta destinazione dei fondi ottenuti. Fermo restando che il Pnrr presentato dall’Italia contiene un capitolo dedicato proprio al monitoraggio e all’attuazione, rappresenta sicuramente un punto importantissimo, come ha affermato il professor Marcello Clarich, docente di Diritto amministrativo nel dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università degli Studi di Roma – il ruolo del ‘Servizio centrale per il Pnrr’ istituito presso la Ragioneria Generale dello Stato e che si raccorda con la Commissione europea gestendo il monitoraggio diretto a rilevare i dati finanziari e lo stato di avanzamento dei progetti oltre che le verifiche delle rendicontazioni”.
“A tale organo – ricorda – si aggiunge poi il ReGis, predisposto da ministero dell’Economia e delle finanze nel 2020, con l’obiettivo di misurare l’efficacia del monitoraggio ed essendo poi integrato con gli altri sistemi previsti dalla Commissione europea ottiene il risultato di ottenere in tempo reale chiaro lo stato di avanzamento del Pnrr”.
“Si capisce quindi – sintetizza – come la buona riuscita della spesa dei fondi parte da una massima collaborazione da parte di tutti gli attori, rompendo quindi con le logiche che in passato hanno portato la perdita di notevolissimi contributi europei perché le procedure, a partire da quelle della macchina amministrativa, erano troppo lente e burocratizzate. Nel prossimo futuro quando ai progetti in corso di attuazione si sommeranno quelli da attuare allora avremo bisogno di una macchina amministrativa pronta ed efficiente a tutti i livelli, in grado di avere procedure snelle e sburocratizzate altrimenti rischieremo di non riuscire a spendere i soldi e sarà una occasione storica persa per il nostro Paese”.
“Nell’attesa di conoscere la relazione semestrale sull’attuazione del Pnrr, prevista nel mese di gennaio – ammette – sicuramente aver raggiunto tutti gli obiettivi prefissati per la fine dell’anno rappresenta una notizia positiva anche in virtù dello sblocco di 19 miliardi del Pnrr la cui richiesta è partita il 30 dicembre 2022”. “Il risultato – sostiene – è stato ottenuto grazie ad un lavoro importantissimo svolto a diversi livelli, a partire dalla fondamentale interlocuzione con la Commissione europea fermo restando il decisivo apporto dei Ministeri fino alle Regioni e agli enti locali, senza dimenticare l’importanza strategica avuta dalla cabina di regia, come dichiarato dal ministro Raffaele Fitto, ed ha visto come attori principali il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e il dipartimento del Digitale, che avevano gli obiettivi più numerosi, rispettivamente 15 e 12 obiettivi da centrare oltre al Ministero dell’Università e della Ricerca che invece accusava non pochi ritardi sull’impegno di assumere 262 ricercatori”.
“Ora – fa notare – si entra nel vivo, il prossimo step previsto per il 30 giugno prevede il raggiungimento di 27 obiettivi al fine di ottenere 16 miliardi di euro ma tra gli obiettivi vi è l’importantissima riforma del sistema giudiziario, civile e penale”. “Nell’attesa di sapere – spiega Arleo – l’effettiva possibilità della revisione del Piano e della volontà di Bruxelles di agire o meno sulle riforme o concentrarsi solo su alcuni progetti special modo quelli i cui costi non sono più realistici, la vera sfida, una volta raggiunti gli obiettivi periodici, è poi l’attuazione dei progetti, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea. La spesa dei fondi Pnrr rappresenta quindi una sfida sulla quale non si potrà fallire”.
“A breve – prosegue – conosceremo la cifra esatta di quanto speso, stimato tra i 14 ed i 18 miliardi di euro, comunque una forchetta inferiore a quanto stabilito a settembre ovvero 20,5 miliardi di euro e su cui hanno pesano sicuramente due fattori, uno esterno e peraltro non prevedibile, il conflitto bellico che ha inciso sicuramente sul costo delle materie prime e dell’energia ed uno interno dato dalle procedure che anche in passato hanno minato fortemente la capacità di sfruttare i fondi pubblici”. “La capacità di spesa – avverte – rappresenterà quindi una variante fondamentale nella buona gestione del Pnrr, purtroppo già con stime riviste al ribasso quando ad inizio anno il governo stimava 40 miliardi di spesa salvo poi ridurre ad aprile a 29,4 miliardi nel Documento di economia e finanza. Spendere bene e nei tempi tecnici concessi non sarà una cosa banale e sicuramente richiederà una macchina perfetta visti i diversi interlocutori chiamati in causa. Credo che un’analisi molto lucida sullo stato di attuazione del Pnrr sia quella di Marco Leonardi, già capo Dipartimento della programmazione economica (Dipe) presso la Presidenza del Consiglio con Mario Draghi”.