“Nell’ultimo anno abbiamo costruito e lanciato una strategia di comunicazione orientata al cliente, anzi con il cliente al centro, guidata dalla qualità dei contenuti e abilitata dalla tecnologia e dal digitale”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Alessandro Vanoni, brand & communications leader EY in Italia. “I tempi di disruption – spiega – sono anche tempi di opportunità. Non solo per ricostruire, ma per re-inventare il futuro. In tutto questo la comunicazione gioca un ruolo importante. Secondo i nostri studi, nel b2b il 30% della brand reputation è data dalle attività di brand marketing e comunicazione, mentre il 70% è data dall’esperienza del cliente. In questo nuovo mondo radicalmente digitale questo 30% potrebbe crescere del 5% e pensiamo che possa essere un punto di svolta dove fare la differenza”.
“Molti dei cambiamenti – sostiene – che hanno rivoluzionato quest’ultimo decennio sono stati relativamente facili da prevedere. Ci aspettavamo la proliferazione della tecnologia digitale e dei nuovi media in ogni parte della nostra vita, dalle smart tv ai wearable come anche la crisi climatica che si profilava ben prima dell’alba del 2010 con molti studiosi che già ne evidenziavano la crescente urgenza. Ma altri cambiamenti sono stati meno evidenti: pensiamo al Covid-19. Alcune di queste trasformazioni continueranno, alcuni di questi cambiamenti li possiamo anticipare mentre altri ci coglieranno di sorpresa. E in tutto questo la comunicazione ci aiuta perché ci stimola a formulare domande migliori”.
“Migliore è la domanda – sottolinea – migliore è la risposta: risposte che aiuteranno a operare in modo più efficiente, a gestire i rischi, o promuovere la crescita e ispirare fiducia che, nel suo complesso, porta a un mondo del lavoro migliore, o, se preferiamo, un mondo che funziona meglio”.
“Le domande e le risposte di cui parlavamo – ricorda – sono elaborate ogni giorno dai nostri professionisti e dalle nostre thought leadership che, grazie alle loro eccellenti competenze e consolidate esperienze, forniscono punti di vista distintivi, di valore e interessanti che caratterizzano il network internazionale di un’azienda presente in 160 paesi con oltre 300.000 dipendenti, ma fortemente radicata sul territorio italiano con oltre 6.000 professionisti in grado di fornire un’assistenza specializzata in ambiti diversi, ma sempre orientati a disegnare il Paese del futuro, le aziende del futuro e le persone del futuro. Oggi – commenta – la crisi ha mostrato più che mai il valore e la necessità di avere a disposizione informazioni accurate e affidabili: da queste informazioni spesso dipende il futuro di persone e aziende”. “Un recente studio di Reuters institute – precisa – parla di un gap crescente tra ‘best and the rest’, per cui è sempre più importante la cura e la qualità della comunicazione, perché per costruire la reputazione di un brand è necessario partire dalla costruzione di un percorso di contenuti di altissima qualità”.
“Nelle sfide quotidiane – chiarisce – tutti devono essere parte del processo di comunicazione. Non per nulla l’Italia è stato il primo Paese nel mondo EY, tra oltre 160 country, a lanciare una nuova intranet dedicata proprio alle nostre 6.000 persone per aumentare il livello di informazione ed engagement in modo assolutamente personalizzato. Prima ancora della creazione di un nuovo canale, è stato fondamentale trasmettere un messaggio importante che vede le persone al centro della trasformazione”.
“Ci tengo a sottolineare – continua – che siamo oltre 6.000 persone in Italia perché questo numero, moltiplicato per un nucleo familiare medio di 3 o 4 persone, ci restituisce un potenziale di diffusione minima superiore alla tiratura di alcuni quotidiani nazionali: una capacità di opinione e diffusione gigantesca. E tutto questo senza citare l’advocacy sui social media che diventa un elemento chiave del nostro sviluppo digitale”.
“I nostri dati – sottolinea Vanoni – parlano chiaro e, se consideriamo LinkedIn il canale ideale per i professionisti e per il mondo b2b, i profili dei nostri opinion leader hanno un effetto superiore in termini di engagement e visualizzazioni qualificate rispetto a quello del nostro profilo istituzionale, che nel caso di EY muove quasi 200.000 follower italiani su un bacino di oltre 5 milioni di collegamenti a livello mondo”.
“La comunicazione – chiarisce – ha una grande capacità di empowerment, che non solo comunica ma potenzia anche la relazione con i clienti attuali o potenziali, personalizza il brand, crea un circolo virtuoso di visibilità e di creazione di lead. Ma c’è di più: permette di consolidare la capacità di attrarre i talenti e migliora il network relazionale tra i colleghi oggi in azienda e quelli che hanno colto diverse opportunità professionali, che ora sono diventati alumni. Per far sì quindi che tutto questo funzioni serve che la comunicazione sappia fare leva su una cultura sociale e un’intelligenza collettiva interna altamente evoluta”.
“Il futuro – osserva Vanoni – è continuare a correre due volte più rapidamente per non rimanere dove si è, progettare piani e processi che tengano conto della velocità, della flessibilità e dell’agilità per affrontare l’avvenire, mettendoci nella condizione di cavalcare il cambiamento”.
“Oggi – cafferma – essere customer centric vuol dire essere scelti da chi ha interesse rispetto a quello che proponiamo, uscendo dalle cosiddette metriche di vanità, che specie nel b2b non hanno mai funzionato. Strumenti come la marketing automation ci portano verso attività sempre più customizzate e tailor made: meglio mandare comunicazioni a micro-target iper interessati ad un tema piuttosto che cadere nel cosiddetto ‘effetto marmellata’, rimanendo invisibili o, nel peggiore dei casi, venendo considerati spam”.
“La ricetta – sottolinea – semplice e sofisticata al tempo stesso, è far arrivare il messaggio giusto alla persona giusta e nel momento giusto, partendo sempre da un livello di qualità altissimo e sapendo nutrire la relazione, mettendo tutte le leve comunicative a fattor comune in modo corale. Più che dal canale ci facciamo guidare dal contenuto. Mentre molte aziende nel tempo si sono sforzate di assumere un’identità da media company, per noi mettere i contenuti al centro della strategia è un passaggio piuttosto naturale, ma vogliamo e possiamo ancora crescere molto”.
“Con il coronavirus – ammette – diverse tendenze hanno avuto un’accelerazione esponenziale, specialmente dal punto di vista del digitale, dell’uso di app e piattaforme. Allo stesso tempo il virus ha indebolito la fiducia nell’informazione più classica e istituzionale, aprendo nuove opportunità per i brand di partecipare al dibattito pubblico con contenuti di qualità”.
“Questa competizione aumentata – osserva – ha però fatto sì che oggi sul web riceviamo una quantità enorme di stimoli e l’attenzione che la mente umana riesce a dedicare ad ognuno è infinitesimale. L’unica strada è essere outstanding: la ricerca continua di quel livello è l’obiettivo che ci deve guidare. E non è scontata: perché anche quando hai trovato una strada che pare funzionare c’è una tale quantità di messaggi che puntano a emergere e sovrapporsi al tuo che diventare invisibili è questione di secondi per un post, di giorni per un contenuto e di pochi mesi per un brand”.
“La fiducia – continua Vanoni – è una valuta estremamente pregiata di questi tempi e quando si tratta di comunicazione si può influenzare, ma difficilmente si può decidere. Come dicevamo, avere la pretesa di essere ascoltati da tutti con un solo messaggio è complicato e probabilmente non ha nemmeno molto senso. Oggi conosciamo molto meglio le persone, e il nostro ruolo è unire talento e tecnologia per capire quale sia il contenuto giusto per le persone target. In un contesto così liquido e in trasformazione accelerata, concentrarci sulla migliore domanda richiede coraggio, ma può portarci alla giusta destinazione”.