(Adnkronos) – Oggi il welfare aziendale sta diventando un vero e proprio must in uno scenario animato da molteplici mutamenti avvenuti soprattutto dopo la pandemia: tali cambiamenti hanno ridisegnato le priorità e sono emersi nuovi bisogni da parte dei lavoratori. Il concetto di welfare, conseguentemente a quello del lavoro, non è un concetto statico bensì evolutivo anche rispetto agli assetti del paese: tante sono le modalità in cui il welfare si dispiega, chiave di un guadagno utile all’azienda stessa. Da una ricerca dell’osservatorio welfare 2022 a cura di Edenred Italia, si evince che il 47,8% della spesa welfare riguarda l’istruzione, la previdenza e l’assistenza sanitaria e per i familiari.
Tuttavia la prima forma di welfare parte dall’ascolto, dalle risposte dei datori di lavoro ai bisogni dei dipendenti: il miglioramento dell’equilibrio e della forte sinergia tra vita privata e vita lavorativa trovano risposte in strategie aziendali che devono essere misurate sui dipendenti stessi.
Il welfare poi ha a che fare con diversi aspetti: fa bene alle imprese in termini di produttività, clima aziendale e maggior engagement, e al contempo giova al paese stesso in un’ottica di crescita. Inoltre, l’adozione di un piano welfare orientato verso l’attrazione dei talenti e indicativo quindi dell’employee retention mitiga così anche le grandi dimissioni. “Il welfare aziendale non si circoscrive solo a prodotti e servizi, ma si traduce anche in una serie di attività sanitarie ed assistenziali per il lavoratore e in taluni casi anche i suoi familiari, legandosi al contempo anche al territorio grazie al suo forte potere sociale” dichiara Luca Furfaro, esperto di welfare e titolare dello studio Furfaro. “Il welfare si evolve in modo naturale, a seconda dei cambiamenti delle abitudini delle persone e tradurre adeguatamente tutto ciò non sempre è facile”, spiega ancora.
Specializzato nella gestione del personale di start up innovative e realtà con vocazione internazionale, lo Studio Furfaro (www.studiofurfaro.it) è stato premiato per quattro anni consecutivi al Welfare Index pmi per le misure di welfare adottate dallo studio stesso e il fondatore Luca Furfaro, esperto ed autore di alcuni testi in materia ha analizzato in questo scenario così mutevole le macro tendenze del welfare 2023.
Ed ecco le macro tendenze del welfare aziendale 2023. Una delle forme più comuni di welfare sono i cosiddetti fringe benefits, benefici accessori o benefici in natura: si tratta di buoni carburante, buoni pasto, buoni regalo o anche servizi di mensa, macchina e telefono aziendale. Questi benefits riscuotono spesso il gradimento più alto poiché sono tangibili e facilmente accessibili.
E sempre più aziende promuovono e organizzano attività di volontariato no profit durante l’ambito lavorativo, offrendo spesso la possibilità di apprendere nuove conoscenze e di mettersi in gioco e migliorare il clima aziendale. Il volontariato d’azienda ha due importanti sfaccettature: da un lato si aggancia alla responsabilità sociale d’impresa identificandosi come un forte gesto dall’impatto sociale che che fa da eco anche all’immagine dell’azienda stessa; dall’altro, ha la doppia valenza di avvalersi del suo carattere collettivo, presentandosi anche come una forma più sostenibile di team building.
Poi il benessere si sposa anche con la sostenibilità nei confronti del territorio che ospita un’azienda: quando si parla di corporate social responsibility si fa riferimento all’adozione di una politica di welfare aziendale che sappia trovare un connubio tra obiettivi economici, sociali e ambientali, nell’intento di attribuire all’azienda anche una mission sociale. Se ne parla molto in questi ultimi mesi, ma è una pratica che affonda le sue radici negli anni del boom economico italiano. Per fare un esempio Olivetti, in un’epoca in cui la parola welfare non esisteva, aveva creato biblioteche e servizi per i dipendenti ed i loro familiari, mettendo al centro la felicità dei dipendenti ma riversando tutto questo anche sul territorio.
Un’altra forma di welfare, che rientra nel tema della responsabilità sociale, è costituita dai piani di formazione che l’azienda mette a disposizione del dipendente su diversi temi, svolgendo così un ruolo di formazione e di crescita continua, migliorando la vita lavorativa. Spesso i Ccnl chiedono alle aziende di erogare tali corsi di formazione e pertanto sono queste ultime a dover trovare il modo di organizzare dei piani formativi o erogare voucher per iscrizioni a corsi o acquisto di materiali.Tuttavia un’azienda veramente attenta al benessere dei propri dipendenti dovrebbe promuovere attività formative anche per migliorare le soft skills dei dipendenti e per creare un bacino di personale qualificato con le skill necessarie all’azienda, cercando in tal modo di evitare il miss-match tra domanda e offerta di lavoro. Tra queste possiamo citare il caso Loccioni, azienda che prevede la formazione prima, durante ed al termine del rapporto di lavoro.
E una delle nuove frontiere del welfare è sicuramente quella della salute mentale e fisica: non si tratta di una novità dell’ultimo anno in quanto si è a lungo parlato di terapia sul luogo di lavoro ma la pandemia ha dato una spinta importante a questo tema che è diventato oggi una priorità. Sempre più aziende hanno inserito in azienda la figura dello psicologo o mettono a disposizione dei dipendenti piattaforme ad hoc. Allo stesso modo anche la salute fisica è fondamentale e si traduce con l’adozione di riduzioni per visite o check up annuali o assistenza sanitaria integrativa. “Ad esempio il nostro studio ha messo a disposizione delle esigenze dei nostri lavoratori un massaggiatore che si occupa di migliorare le problematiche posturali, anche dovute al lavoro d’ufficio”, conclude Furfaro.