L’aviaria torna a far paura negli allevamenti: 11 focolai nel mantovano

MANTOVA – Torna a fare paura l’influenza aviaria, con nuovi focolai sparsi per il nord Italia. Secondo i dati forniti dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, sono 11 finora i focolai rilevati all’interno della provincia di Mantova, in allevamenti di galline ovaiole, tacchini da carne e broiler (polli da carne): «La situazione è certamente delicata – spiega Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – e, come sempre in questi casi, invitiamo i nostri allevatori a prestare la massima attenzione, rispettando le norme di biosicurezza e cercando di evitare i contatti con i volatili selvatici, che molto spesso fungono da vettore per il virus. È fondamentale in ogni caso ricordare come non vi sia alcun tipo di pericolo per l’uomo».
La situazione è decisamente allarmante: in Veneto, dove questa ondata dell’epidemia è esplosa inizialmente, si contano oltre 200 focolai, mentre sono circa una trentina quelli in Lombardia: «A preoccupare – spiega Mauro Zanotti, allevatore e presidente della sezione regionale allevamenti avicoli di Confagricoltura Lombardia – è l’alta patogenicità del virus, che si propaga dunque molto facilmente. La colpa non va assolutamente data agli allevatori, purtroppo si tratta di un nemico naturale da combattere tutti uniti. L’obiettivo è gestire il virus, dal momento che in alcune zone si rischia di azzerare del tutto l’attività avicola».
E questo potrebbe avere ripercussioni anche sulla disponibilità di prodotto italiano: «La mancanza di carne di pollo o di tacchino Made in Italy è un rischio concreto, se si continuerà con questa virulenza potremmo avere problemi nei prossimi mesi. Noi, come ribadito anche dall’assessore regionale Rolfi, spingiamo per vaccinare gli animali, ma serve prima il nulla osta da parte della Comunità Europea. Potremmo iniziare prima nelle zone più colpite dall’epidemia». Sul tema ristori «stiamo lavorando con l’assessore Rolfi per cercare di anticipare i rimborsi per i danni indiretti, che l’ultima volta sono arrivati dopo tre anni. Un’attesa insostenibile per gli allevatori».