A tavola pesce stampato in 3D e carne sintetica, cosa dice l’esperto

(Adnkronos) – Nel piatto degli italiani potrebbero arrivare il salmone vegano stampato in 3D e la carne creata in provetta. Ma se in quest’ultimo caso c’è un muro che va dal Governo alla Coldiretti a ostacolarne il cammino, nel primo invece la novità arriverà ad ottobre grazie all’azienda Revo Foods che ha creato ‘The Filet’. “Un salmone creato artificialmente, anzi letteralmente ‘stampato’ in tridimensione grazie ad un robot multifunzione capace di aggregare, in un composto che assomiglierebbe ad un trancio di salmone, estratti di alghe e di proteine vegetali”, spiega all’Adnkronos Salute Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata.  

“Ma che impatto e quale valore può avere il consumo quotidiano di questi alimenti per chi vegano non è, e soprattutto per chi si industria ad applicare alle complesse dinamiche della nutrizione umana le ancora più complesse e intriganti interazioni con il mondo dinamico, vitale e strategico del microbiota intestinale che, dalla ricchezza di un’alimentazione eterogenea ma calibrata, trae la propria straordinaria e riconosciuta funzione salutistica?”, si chiede l’esperto. “La creazione 3D vegana sembrerebbe perfino appetitosa ed il trancio di pesce sarebbe privo di tutti i rischi del prodotto ittico reale, come metalli pesanti e microplastiche di cui purtroppo gli animali marini si nutrono nelle acque contaminate e che non di rado finiscono nei nostri piatti”, aggiunge l’immunologo che ha recentemente dato alle stampa ‘Il segreto della salute – Microbiota sano e corretta alimentazione’ (Armando Curcio Editore).  

E, in effetti, “sul piano dell’alternativa vegana, lo pseudo-salmone si fa apprezzare per il suo contenuto, oltre che di proteine presenti in quantità di circa 10 grammi in 100 grammi di prodotto, anche e soprattutto per il ricco patrimonio di acidi grassi omega-3, distribuiti tra Epa e Da e provenienti dalla microalga Schizochytrium sp. Cospicuo – continua – sembra essere anche il quantitativo di fibra che, in 100 grammi di prodotto finito, sembra essere pari a circa 5 grammi soprattutto rappresentati da chitina e β-glucani a loro volta derivanti dalle micoproteine che, del salmone stampato in 3D, sono l’ingrediente costitutivo quantitativamente più rilevante”.  

“Per non alterare la cartina tornasole della nostra salute, rappresentata dal regolare assetto quali-quantitativo di quell’enorme patrimonio di ospiti microscopici che vivono nel nostro intestino, ad oggi sono molteplici le evidenze cliniche secondo le quali è necessario alimentarsi come i nostri antenati – ricorda Minelli – seguendo i dettami oramai più che famosi della dieta mediterranea, poiché la composizione e l’attività metabolica del microbiota è fortemente dipendente dalle abitudini alimentari, conformandosi agli eventuali cambiamenti degli stili alimentari”.  

“Né possiamo, da una parte, vantarci di essere della dieta mediterranea creatori, cultori e strenui promotori, e dall’altra farci abbagliare dall’idea di un ‘nuovo’ che, seppur teoricamente ammiccante, risulta basato su un asset scientificamente scorretto considerando l’indubitabile necessità di fornire alla variegata e smisurata coorte dei nostri micropartner metabolici la più ampia disponibilità di macro e micronutrienti”, avverte l’immunologo.  

Secondo Minelli, “l’equilibrio negli schemi dietetici è sempre da ricercare non nel cibo prodotto come fosse un farmaco o un integratore, ma nella varietà degli alimenti di stagione e del territorio che storicamente e culturalmente ci appartiene, tenendo ben presente che anche il pesce dovrebbe essere scelto non solo pensando alla sua freschezza o al fatto che sia stato pescato in mare, ma anche considerando la stagionalità e la provenienza. Proprio come la terra, anche il mare segue, infatti, un proprio ciclo vitale che non può essere ignorato né disatteso, ed è a tutti noto che la disponibilità di pesce cambia nel corso dell’anno”. 

“Sarà sempre bene ribadire che chi non adotta scelte vegane può comunque compiere scelte etiche e sostenibili, magari decidendo di portare sulla propria tavola pesce di stagione che avvantaggia l’ambiente e il suo equilibrio, garantendo la qualità di ciò che si mangia e oltretutto risparmiando. Senza trascurare – conclude – come punto ultimo ma non ultimo, che l’innovazione tecnologica potrebbe forse trovare applicazioni altrettanto vantaggiose nel supportare il settore ittico mettendolo in condizioni di operare con competenza e profitto, utilizzando le migliori attrezzature e le strategie più tecnologicamente avanzate nel rispetto della sostenibilità, della qualità e della sicurezza alimentare”.  

(Adnkronos)