(Adnkronos) – C’è il mammut lanoso, l’elefante dalle zanne dritte, l’antica ‘vacca di mare’, il bradipo e l’alce giganti. E’ la congrega di animali estinti ‘riunita’ dall’Ai a caccia di nuovi antibiotici in grado di risolvere problemi del secolo come la resistenza antimicrobica. In gergo tecnico la chiamano ‘de-estinzione’ molecolare: è un’operazione che mira a ‘resuscitare’ molecole, nello specifico alcune precise proteine di questi animali ormai rimasti solo un ricordo nei libri di storia naturale, selezionate con il deep learning. Le specie ‘archiviate’ dal tempo si sono mostrate una fonte prolifica, fornendo all’analisi degli esperti migliaia e migliaia di sequenze papabili. Era tra l’altro già successo che la de-estinzione molecolare producesse candidati antibiotici preclinici, come il neanderthalin-1. Ma l’intervento dell’Ai può aumentare ulteriormente l’efficienza della ricerca.
Obiettivo dell’operazione, illustrata dagli scienziati dell’University of Pennsylvania a Philadelphia (Usa), è pescare nel passato più remoto, allargando il ventaglio di possibilità oltre i confini del presente, per affrontare questioni biologiche e biomediche di oggi. Nello studio pubblicato su ‘Nature Biomedical Engineering’ si dimostra, spiegano gli autori, “che il deep learning può essere utilizzato per estrarre i proteomi di tutti gli organismi estinti disponibili (l’estintoma) per la scoperta di peptidi antibiotici”. Fangping Wan, Marcelo D. T. Torres, Jacqueline Peng e colleghi hanno “addestrato insiemi di modelli di deep learning costituiti da un codificatore di sequenze peptidiche accoppiato con reti neurali per la previsione dell’attività antimicrobica”. Questo sistema, continua il team, “lo abbiamo utilizzato per estrarre 10.311.899 peptidi. I modelli hanno previsto 37.176 sequenze con un’attività antimicrobica ad ampio spettro, 11.035 delle quali non sono state trovate in organismi esistenti”.
Da qui, continuano gli scienziati, “abbiamo sintetizzato 69 peptidi e confermato sperimentalmente la loro attività contro i batteri patogeni”. Risultato? “La maggior parte dei peptidi uccide i batteri depolarizzandone la membrana citoplasmatica, contrariamente ai noti peptidi antimicrobici, che tendono a colpire la membrana esterna”.
In particolare, composti tra cui mammuthusin-2 del mammut lanoso, elephasin-2 dell’elefante dalle zanne dritte, hydrodamin-1 dell’antica mucca di mare, mylodonin-2 del bradipo gigante e megalocerin-1 dell’alce gigante estinto hanno mostrato attività anti-infettiva nei topi con ascessi cutanei o infezioni alla coscia.
“La disestinzione molecolare aiutata dal deep learning può dunque accelerare la scoperta di molecole terapeutiche”, concludono gli autori, ricordando che le infezioni resistenti agli antibiotici “causano ogni anno circa 1,27 milioni di morti in tutto il mondo e le proiezioni indicano potenziali 10 milioni di decessi annuali entro il 2050 in assenza di nuovi farmaci efficaci. Sono necessarie misure urgenti per combattere” questo problema dei ‘superbug’. Le molecole sono una sorta di ‘documentazione’ della storia evolutiva e “possono fornire modelli per la progettazione terapeutica”.
‘Riesumare’ molecole estinte permette di scoprire un nuovo spazio di sequenza e “offre un approccio promettente”, reso multitasking e ancora più performante dall’evoluzione di Ai e apprendimento automatico, “per espandere la nostra visione della diversità molecolare della vita, aiutando allo stesso tempo a svelare elementi che potrebbero svolgere un ruolo nell’immunità dell’ospite durante l’evoluzione”.