Al via campagna ‘Psoriasi c’entro anch’io’ per 1,5 mln di pazienti

(Adnkronos) – Non arrendersi alla psoriasi e all’artrite psoriasica, ma riprendersi i propri spazi di vita e affrontare a viso aperto la malattia e il percorso di cura insieme ai medici specialisti. E’ l’invito della campagna ‘Psoriasi c’entro anch’io’, rivolta a tutti i pazienti con psoriasi e artrite psoriasica, al via in vista della Giornata mondiale della psoriasi che si celebra il 29 ottobre. L’obiettivo dell’iniziativa, promossa da Amgen, è migliorare la presa in carico e la qualità di vita dei pazienti. La campagna fa la leva su immagini realistiche delle due malattie, che mostrano le conseguenze della loro progressione in assenza di trattamento. Immagini accompagnate da frasi che caratterizzano l’atteggiamento di sfiducia e rassegnazione condiviso da molti pazienti. Sul portale www.psoriasicentroanchio.it, grazie all’iniziativa i pazienti possono migliorare il dialogo con lo specialista, raccontare i propri sintomi e l’impatto che la malattia ha sulla vita quotidiana, oltre a trovare informazioni sulle patologie e la mappa dei centri specialistici.  

Psoriasi c’entro anch’io vede coinvolte le associazioni Adoi (Associazione dermatologi-venereologi ospedalieri italiani), Sidemast (Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse), Adipso (Associazione per la difesa degli psoriasici), Anmar (Associazione nazionale malati reumatici), Apiafco (Associazione psoriasici italiani amici della Fondazione Corazza) e Apmarr (Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare).  

In Italia si registrano 2,3 casi di psoriasi per 1.000 persone all’anno e sono oltre 1,5 milioni le persone che convivono con la psoriasi, malattia autoinfiammatoria che si manifesta con placche cutanee; nella forma moderata-severa, le placche sono estese e possono interessare specifiche aree del corpo. La malattia può essere presente anche insieme ad altre comorbidità che complicano il quadro clinico del paziente. In alcuni casi, la psoriasi può evolvere in artrite psoriasica, una patologia debilitante che coinvolge le articolazioni e che può manifestarsi in diversi modi; in Italia colpisce circa 300mila persone. La psoriasi è una malattia della pelle particolarmente complessa e più diffusa di quanto possa sembrare – spiega Giuseppe Monfrecola, presidente Sidemast – Le sedi corporee maggiormente colpite sono cuoio capelluto, gomiti, ginocchia, tronco, mani, piedi e unghie. I principali segni consistono in chiazze arrossate ricoperte da squame biancastre accompagnate da desquamazione, prurito e talvolta dolore. Data la sua natura infiammatoria, cronica e sistemica, la psoriasi tende a evolvere se non trattata. Nel 75% dei casi la psoriasi cutanea precede un interessamento articolare e in circa il 30% dei casi può manifestarsi un’artrite psoriasica con coinvolgimento delle articolazioni e dei tendini”.  

Nonostante la prevalenza e l’impatto sulla qualità di vita, queste due patologie sono spesso sottodiagnosticate e sottotrattate, con il rischio di favorirne la progressione e aggravare lo stato di salute del paziente e la sua qualità di vita. La prevalenza di artrite psoriasica non diagnosticata si stima sia del 15,5% a livello mondiale – si legge in una nota – Un paziente su due con psoriasi resta senza una cura per molto tempo, fino a 5 anni, e il 56% dei pazienti con oltre il 20% del corpo interessato dalle placche psoriasiche non è in cura perché sfiduciato.  

“Spesso il paziente è frustrato dalla ricerca di un trattamento efficace a causa di un percorso di cura complesso e inefficace – afferma Francesco Cusano, direttore Uoc Dermatologia Ao ‘San Pio’ Po ‘Gaetano Rummo’, Benevento, e presidente Adoi – ma con trattamenti adeguati e tempestivi si può evitare che la psoriasi progredisca, peggiorando condizioni di salute e qualità di vita, con un impatto rilevante su lavoro, relazioni interpersonali e sfera psichica. I dati di prevalenza, che parlano di un 2,5-3% della popolazione interessata dalla malattia, fanno pensare a un importante sommerso, dovuto per lo più a diagnosi e presa in carico specialistica tardive. Ed è sicuramente ampia la quota di pazienti non trattati con alcuna delle terapie oggi disponibili. Fondamentale rivolgersi a uno specialista dermatologo che possa nel caso indirizzare verso un centro di riferimento in grado di offrire una gamma di soluzioni assistenziali adeguate”.  

“Spesso i pazienti vengono discriminati e le problematiche che li affliggono sono fonte di vergogna e imbarazzo, peraltro ingiustificati – dichiara Mara Maccarone, presidente Adipso – Chi convive con questa patologia, spesso molto giovane, tende a vivere in solitudine la propria condizione, con ricadute pesanti sulla qualità di vita affettiva, relazionale e lavorativa. A tutto ciò si aggiunge lo stato di ansia dovuto al timore che la malattia, dopo un periodo di remissione, possa ripresentarsi e magari in modo più severo. In tutto questo il paziente a volte si deprime e perde la fiducia nei trattamenti aderendo sempre meno alle cure”.  

Un ostacolo nel percorso di cura – prosegue la nota – è rappresentato anche dalla diversa percezione rispetto alla gravità della patologia tra lo specialista e il paziente. Secondo i dati dello studio multi-nazione real-word Uplift (Understanding psoriatic disease leveraging insights for treatment), mentre per i pazienti la gravita della malattia è definita soprattutto dalla tipologia dei sintomi (23,7%), dal tempo di malattia (10,6%) e dalla posizione delle lesioni cutanee (10,6%), per i dermatologi il fattore principale è l’impatto sulla qualità della vita complessiva (21,4%). Diversa anche la percezione delle priorità: per il paziente l’obiettivo più importante è la riduzione del prurito (16,8%), che viene valutato dal dermatologo come poco rilevante e posizionato al settimo posto; per il dermatologo al primo posto c’è il miglioramento della qualità di vita (21,6%).  

“Pazienti psoriasici e dermatologi hanno una diversa percezione rispetto alla severità della malattia e al target del trattamento – conferma Valeria Corazza, presidente Apiafco – Per i primi è importante ridurre il prurito, controllare i sintomi e ottenere una pelle pulita, ai secondi interessa una migliore qualità di vita a 360 gradi e la riduzione dell’infiammazione. Questa disconnessione può essere superata ristabilendo la fiducia reciproca e il dialogo tra medico e paziente”.  

L’artrite psoriasica è una patologia che si può sviluppare a seguito della psoriasi, ma circa un 10-15% dei pazienti può svilupparla anche prima: ha 6 tipi di manifestazioni (artrite periferica, entesite, dattilite, malattia assiale, psoriasi e psoriasi ungueale), esordisce solitamente tra i 30 e i 50 anni con gonfiore, dolore e rigidità articolare, ed è caratterizzata dall’alternarsi di periodi di remissione e riacutizzazione. L’informazione è lo strumento essenziale per poterla diagnosticare il prima possibile. “E’ importante imparare ad ascoltare e riconoscere i segnali che il corpo invia per poterli riferire prontamente al medico di famiglia che indirizzerà il paziente a uno specialista dermatologo o reumatologo­ – sottolinea Antonella Celano, presidente Apmarr – Saper riconoscere i segni e i sintomi permette di arrivare tempestivamente a una diagnosi e dare la possibilità allo specialista di prescrivere al meglio le terapie più appropriate al singolo caso per curare la malattia che, se non trattata precocemente, purtroppo comporta esiti e invalidità importanti. Rimane fondamentale afferire a uno specialista e a un centro di riferimento per la cura dell’artrite psoriasica”.  

Il disagio psicologico associato all’artrite psoriasica “è fortissimo ed è legato – rimarca Silvia Tonolo, presidente Anmar – oltre che alle manifestazioni esteriori, al dolore che è una componente soggettiva della sintomatologia, non sempre preso in sufficiente considerazione dallo specialista reumatologo proprio perché non tangibile. Ci sono poi i disagi legati alla vita sociale e lavorativa. La maggioranza dei pazienti ha tra i 18 e i 50 anni, quindi è in piena età produttiva. Questo comporta cambiamenti profondi nello stile di vita, con ripetute assenze dalla scuola o dal lavoro e scelte fortemente condizionate dalla malattia fino alla rivalutazione della posizione lavorativa e a rinunce importanti vista l’impossibilità di raggiungere i propri obiettivi”.  

“La campagna Psoriasi c’entro anch’io si basa sul principio che il paziente deve essere incoraggiato a essere sempre più proattivo nel processo terapeutico che lo riguarda, e lo deve essere a maggior ragione nella gestione di patologie complesse come la psoriasi e l’artrite psoriasica – conclude Maria Luce Vegna, direttore medico dell’americana Amgen Italia – E’ estremamente importante che il paziente psoriasico affronti con fiducia il percorso di cura, dialogando con lo specialista e rivolgendosi quando necessario ai centri specializzati. In questo modo è possibile valorizzare al massimo le potenzialità delle terapie disponibili in un’area, quella appunto delle malattie infiammatorie croniche come la psoriasi, dove la ricerca farmacologica sta facendo rapidi progressi. Sono sviluppi positivi che vedono Amgen, da 20 anni protagonista in quest’area, ancora una volta in prima linea, grazie a una pipeline di R&D che conta oggi su ben 7 candidati farmaci e a un sostanziale rafforzamento delle capacità di innovazione, reso possibile dalle recenti acquisizioni e collaborazioni avviate con partner internazionali molto attivi nella ricerca di nuovi trattamenti in campo infiammatorio e dermatologico”.  

(Adnkronos)