(Adnkronos) – “L’idea è di evitare di avere un tumore”. Accanto alla “prevenzione primaria come stile di vita, alimentazione, attività fisica, astensione dal fumo e riduzione dell’alcol”, si deve anche “avere la possibilità, quando si è completamente sani, quando ancora non ci sono le cellule cancerogene, di individuare qualche driver, cioè un possibile induttore di neoplasie. Questo è addirittura prima della biopsia liquida, che di fatto vede delle cellule trasformate, e ci fa capire un rischio di instabilità genomica, oppure un alterato sistema infiammatorio-immunitario o un’alterata flora batterica”, il microbiota, condizioni “che possano in qualche modo predisporci a sviluppare un tumore”. Lo ha detto Adriana Albini, collaboratrice della direzione scientifica dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e coordinatrice a livello mondiale del Working Group Cancer Prevention di Aacr (American Association for Cancer Research), questa mattina a Roma all’evento organizzato da Cnel, il Centro nazionale dell’economia e del lavoro, Fondazione Aiom (Associazione italiana oncologia medica) e Bioscience Foundation.
“Chiaramente – precisa Albini – un rischio non è un tumore di per sé, ma ci può far attuare una prevenzione attiva e quindi istituire tutto quel percorso virtuoso che ci permette di stare più sani e di vivere anche nel benessere fisico e non soltanto di dover combattere un tumore quando è già iniziato. Per capire cosa fare per diminuire l’incidenza e la progressione dei tumori – spiega l’oncologa – bisogna considerare il processo di formazione del tumore. C’è una trasformazione della cellula e una proliferazione di queste cellule in un microambiente. Alcuni fattori di rischio – come età genetica e sesso cromosomico, etnia – non si possono cambiare, altri come fumo, alimentazione, alcol, tabacco, obesità, sedentarietà, basso grado culturale, ambiente sono modificabili e trattabili come l’infiammazione cronica. La battaglia è agire sulla progressione tumorale, agendo all’inizio. La maggior parte dei test indaga le alterazioni genetiche, ma è improntate verificare anche lo stato di infiammazione, dell’immunodeficienza e il microbiota: questa è la l’interception (intercettare)” del modello della Cancer Driver Interception, “per prevenire non solo il cancro, ma anche altre malattie”.
In definitiva, prosegue l’esperta, “si tratta di trovare dei paradigmi di rilevamento multicancro, come la biopsia liquida, che riconosce fino a 40 doversi tipi di neoplasie, a seconda della metilazione del Dna circolante”, una forma di Dna mutata. “Questo approccio viene promosso a livello mondiale e l’americano Nih (National Institutes of Health) si fa promotore per i test di diagnosi precoce non invasivi. La European Cancer Organization ha recentemente lanciato un Manifesto per accelerare la prevenzione. L’industria si occupa dello sviluppo del farmaco, ma sulla prevenzione si investe molto poco. Per questo abbiamo bisogno di Cnel e ministeri – rimarca Albini – per implementare qualcosa che farebbe risparmiare tantissimi soldi, ma è poco considerata”.