(Adnkronos) – Anemia, anomalie ossee e muscolari, di milza, fegato e cuore, disturbi della crescita, complicanze epatiche ed endocrine, ipertensione polmonare, aritmia e trombosi. Sono i sintomi delle varie forme di beta-talassemia, una malattia del sangue ereditaria, caratterizzata da ridotti livelli di emoglobina, una proteina che si trova nei globuli rossi e trasporta l’ossigeno attraverso il corpo. È classificata in tre tipologie: minor, intermedia e major. In Italia oltre 5000 persone sono colpite dalle forme più gravi. Questi pazienti, hanno ora a disposizione una nuova terapia: luspatercept che si è rivelata in grado di ridurre di oltre il 30% le trasfusioni di sangue. All’innovazione nella cura della beta-talassemia è stata dedicata questa mattina una conferenza stampa a Roma, promossa da Celgene ora parte di Bristol Myers Squibb, in vista della Giornata Mondiale della Talassemia che si celebra domenica 8 maggio.
Obiettivo della giornata: sensibilizzare cittadini e istituzioni sull’importanza del progresso scientifico per un’innovazione terapeutica che possa offrire ai pazienti una prospettiva di vita migliore. “La beta-talassemia lega la persona al centro di cura: in media vengono trasfuse 2-3 unità di sangue ad ogni seduta in ospedale, che dura fino a 5 ore. Tutto questo influisce sulla quotidianità e determina un’invalidità che si ripercuote sulla qualità di vita e sullo stato psicologico dei pazienti e dei familiari: da qui l’importanza della disponibilità di una terapia innovativa come luspatercept, in grado di trasformare la loro vita”, evidenzia Raffaele Vindigni, presidente United Onlus (Federazione nazionale delle Associazioni, Talassemia, Drepanocitosi e Anemie Rare).
“Vi sono però – osserva – ancora discrepanze a livello regionale nell’accesso al nuovo farmaco, dovute a ritardi burocratici che vanno superati quanto prima. Inoltre, nel 2017, tramite un apposito dispositivo di legge, è stata istituita la Rete italiana della Talassemia e delle Emoglobinopatie. Manca ancora il decreto attuativo per mettere in sicurezza la Rete, consentendole di continuare l’opera svolta in questi anni di diagnosi, cura, formazione e prevenzione. Non bisogna pensare alla talassemia limitandosi all’idea che sia sufficiente ricevere la sacca di sangue, perché la patologia richiede un’assistenza costante ed esami strumentali da eseguire a intervalli definiti. Per questo servono protocolli uniformi su tutto il territorio”.
“La definizione delle funzioni della Rete attraverso il decreto attuativo – continua GianLuca Forni, direttore Ematologia centro della Microcitemia e delle anemie congenite, Ospedali Galliera di Genova – può inoltre garantire stabilità ai singoli centri. Questo provvedimento sarà utile anche per valutare le esigenze trasfusionali delle varie aree, così da segnalare difficoltà e sopperire alle carenze stagionali che, per le persone che hanno bisogno costante di sangue, rappresentano un problema rilevante”.
La Sicilia – è emerso dall’incontro – è virtuosa da questo punto di vista perché, dal 1984, ha attivato il Registro siciliano Talassemia ed Emoglobinopatie (Reste), essendo una delle Regioni più colpite dalla malattia. Infatti, nell’isola sono 1167 i pazienti con beta talassemia major (al 31 dicembre 2019).
“Dal 2011 è operativa anche la Rete Regionale della Talassemia e delle Emoglobinopatie (R.R.T.E.), che consente di gestire la malattia in modo uniforme sul territorio – conclude Roberto Lisi, responsabile Unità operativa dipartimentale Talassemia Arnas Garibaldi di Catania -. Durante la pandemia abbiamo affrontato numerose difficoltà nel reperire il sangue, con un grande sforzo delle associazioni di volontariato e dei centri trasfusionali per limitare le possibili conseguenze negative per i pazienti. Inoltre, è forte il coordinamento con il centro regionale sangue perché, grazie al Registro che fornisce dati certi sul numero di pazienti che necessitano di trasfusioni, sappiamo esattamente quante unità di sangue servono in media nell’isola ogni anno. Ad esempio – conclude – nel 2021 nel centro di Catania, dove seguiamo 189 pazienti, abbiamo trasfuso circa 6000 unità di sangue”.