(Adnkronos) – Nel suo cervello rudimentale ci sono meno di un migliaio di neuroni. Eppure il botrillo, un piccolo invertebrato che popola ambienti marini come la Laguna di Venezia, potrebbe segnare una svolta nella ricerca contro le malattie neurodegenerative dell’uomo: dall’Alzheimer a forme di demenza meno note come la sindrome fronto-temporale, dal Parkinson alla Sla. Secondo uno studio internazionale a guida italiana, pubblicato su ‘Cells’, questa piccola creatura contiene infatti tutti i geni coinvolti nelle patologie degenerative del nostro sistema nervoso e durante il suo ciclo vitale, dal punto di vista neurologico, invecchia esattamente come noi.
Il lavoro porta la firma di un team internazionale di scienziati coordinato da Lucia Manni del Dipartimento di Biologia dell’università di Padova, che comprende ricercatori dell’università di Stanford in California, Usa (Chiara Anselmi) e dell’università Statale di Milano (Alberto Priori e Tommaso Bocci). Gli studiosi si sono concentrati sul botrillo, che cresce e si riproduce a basse profondità in mari quali il Mediterraneo, e in particolare in zone dell’Adriatico calde e ricche di nutrienti come la laguna veneta, perché nonostante sia un organismo molto semplice è considerato fra i parenti più prossimi ai vertebrati. Esaminandolo “attraverso microscopia elettronica e analisi dell’espressione genica”, spiega Manni, autore referente dell’articolo, si è osservato che “va incontro naturalmente a neurodegenerazione secondo modalità che potrebbero aiutare la ricerca nell’uomo a trovare strategie, o farmaci, per fermare gravi malattie neurodegenerative”.
“In particolare – precisa la scienziata di UniPd – i neuroni del botrillo mostrano diversi tipi di morte cellulare, così come avviene nelle malattie neurodegenerative umane. Inoltre, geni criticamente coinvolti in queste malattie sono espressi nelle diverse fasi del ciclo vitale del botrillo secondo tempistiche che ricordano molto il progredire delle malattie nell’uomo. Per esempio, geni tipici dei disordini conformazionali, come l’Alzheimer e il Parkinson, sono espressi nel botrillo in tempi che richiamano nell’uomo il passaggio della malattia da una fase di degenerazione preclinica alla comparsa di sindromi specifiche nell’uomo”.
Secondo Priori del Dipartimento di Scienze della salute di UniMi, co-autore della ricerca, “questi risultati potrebbero aprire inediti scenari sia nell’identificazione di un minimo comune denominatore fra patologie umane molto dissimili fra di loro, sia nell’impiego di nuove metodiche di stimolazione elettrica cerebrale non invasiva per la prevenzione e la cura della neurodegenerazione”.