Cancro del fegato, ok Aifa a combinazione atezolizumab-bevacizumab

(Adnkronos) – E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’approvazione, da parte dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, ad atezolizumab in combinazione con bevacizumab nei pazienti adulti con carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile (Hcc), non sottoposti a precedente terapia sistemica. Lo comunica Roche, sottolineando che l’ente regolatorio nazionale ha autorizzato anche l’estensione dell’indicazione di atezolizumab ammettendone l’uso in monoterapia per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione della proteina PD-L1. 

I dati relativi allo studio IMbrave150 – spiega Roche in una nota – hanno evidenziato che atezolizumab fornisce la più lunga sopravvivenza globale (Os) osservata in un trial di fase 3 in prima linea nell’Hcc. L’analisi primaria dello studio ha mostrato infatti che, dopo un periodo di follow-up di 8,6 mesi, atezolizumab in combinazione con bevacizumab ha ridotto il rischio di morte del 42%. Dopo un follow-up mediano di 15,6 mesi, il trial ha indicato come il mix atezolizumab più bevacizumab abbia ridotto il rischio di morte del 34%, con una Os mediana di 19,2 mesi rispetto a 13,4 mesi per sorafenib.  

“L’approvazione della combinazione atezolizumab-bevacizumab rappresenta una pietra miliare nell’ambito dell’epato-oncologia – afferma Antonio Gasbarrini, ordinario di Medicina interna all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma, direttore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma – Dopo più di 10 anni di immobilità, è finalmente disponibile un trattamento di prima linea capace di prolungare la sopravvivenza dei pazienti affetti da epatocarcinoma non resecabile: pazienti delicati che non sono solo affetti da una malattia tumorale, ma anche da una disfunzione del fegato”. Lo specialista parla di “un grande passo avanti nella gestione del paziente affetto da epatocarcinoma, che non solo amplia l’orizzonte terapeutico, ma ci guida verso una sempre maggiore personalizzazione della terapia, a vantaggio del paziente”. 

Un’analisi condotta per la prima volta anche sui benefici rilevati dai pazienti in termini di qualità di vita – prosegue la nota – conferma risultati molto positivi. Tra gli ambiti indagati rientrano parametri come l’impatto sul lavoro, sul tempo libero, sulla capacità di percorrere distanze a piedi e sui sintomi. Emerge che i pazienti trattati con la combinazione atezolizumab-bevacizumab riportano un deterioramento della qualità della vita e delle funzionalità fisiche significativamente più lento rispetto al braccio di controllo. 

“Il trattamento dell’epatocarcinoma è da anni una grande sfida e, per la prima volta, in uno studio clinico randomizzato di fase 3, la combinazione tra atezolizumab e bevacizumab si è dimostrata estremamente significativa dal punto di vista statistico alle terapie precedenti in termini di attività e di efficacia”, rimarca Fortunato Ciardiello, ordinario di Oncologia medica e prorettore dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, precisando che la terapia “può essere somministrata per tutta la durata necessaria al controllo della malattia. Questi sono i dati migliori finora ottenuti nella storia della terapia dell’epatocarcinoma e sono confortanti sotto il profilo di maneggevolezza e tollerabilità con ottimi risultati anche sulla qualità di vita dei pazienti. L’interazione tra l’immunoterapia e la terapia anti angiogenetica rappresenta il nuovo standard terapeutico per il paziente con epatocarcinoma non più trattabile con trattamenti locoregionali, ma che necessita di terapia sistemica”. 

Il cancro al fegato è il sesto tumore più comune e nel 2020 ha rappresentato la terza causa di morte oncologica nel mondo. “Data la particolare complessità della patologia spesso diagnosticata tardivamente, e che sovente presenta comorbidità, è importante che i pazienti con epatocarcinoma vengano seguiti da una squadra multidisciplinare composta da specialisti con diverse competenze – dichiara Ivan Gardini, presidente dell’associazione EpaC Onlus – Mettere a sistema una presa in carico nella quale intervengono parallelamente gastroenterologi, oncologi, chirurghi e radiologi diagnostici e interventistici può rappresentare la strategia funzionale per guidare i pazienti verso strutture con i migliori percorsi diagnostici e terapeutici”.   

Roche è impegnata a combattere i disordini del fegato in tutto il percorso della malattia, dalle prime fasi fino alla patologia avanzata, con l’obiettivo finale di fermare un giorno le malattie croniche del fegato, continua l’azienda nella nota. Un impegno che vede coinvolta non solo Roche Pharma fin dagli anni ’90 con farmaci per le epatiti e oggi lo sviluppo di nuove terapie come atezolizumab, ma anche Roche Diagnostics con test immunometrici volti a migliorare la diagnosi precoce di epatocarcinoma, e Roche Diabetes Care che da anni promuove, attraverso portali rivolti ai pazienti diabetici, informazioni su corretti stili di vita e alimentazione, al fine di prevenire lo sviluppo di patologie epatiche quali cirrosi e fibrosi, che ledono la funzionalità d’organo e possono provocare gravi conseguenze, fino allo sviluppo di carcinomi epatici.  

Quanto all’estensione d’uso autorizzata dall’Aifa per atezolizumab contro il tumore polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione di PD-L1, lo studio registrativo IMpower110 ha dimostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della Os, con una diminuzione del 31% del rischio di morte e oltre il 60% dei pazienti vivi a un anno. Grazie a questa ulteriore estensione di indicazione, atezolizumab rappresenta oggi la prima e unica immunoterapia ad agente singolo contro il tumore al polmone, disponibile in 3 dosaggi, che consentono la somministrazione ogni 2, 3 o 4 settimane, mettendo così a disposizione di medici e pazienti una maggiore flessibilità nella gestione del trattamento. L’utilizzo di atezolizumab in questo setting terapeutico è un’alternativa efficace e cost-saving rispetto all’attuale standard di cura, secondo la prospettiva del sistema sanitario nazionale. Un risparmio che più tradursi in risorse da reinvestire potenzialmente nelle diverse fasi del percorso diagnostico-terapeutico. 

Roche ha un ampio programma di sviluppo per atezolizumab, che comprende molteplici studi di fase 3 che valutano il farmaco sia in monoterapia sia in combinazione con altri farmaci. Ci sono sperimentazioni in corso e pianificate in diversi tipi di tumori polmonari, genitourinari, della pelle, della mammella, gastrointestinali, ginecologici e della testa-collo. 

(Adnkronos)