(Adnkronos) –
La fuga dal Sud per curarsi “dovrebbe finire o quantomeno ridursi, visto che le competenze cliniche e una grande umanità nel percorso di cura si trovano anche nelle regioni del Meridione. C’è però un problema che riguarda il rapporto tra la popolazione e le tante situazioni sanitarie pubbliche del Sud: l’affidamento. Se l’organizzazione sanitaria non offre tutte le strutture necessarie, e tutte all’altezza della situazione all’interno della rete, questa insufficiente risposta la pagano tutti soprattutto il paziente che perde fiducia in quel sistema e preferisce affidarsi ad un ospedale lontano, scomodo, magari costoso, ma che gli offre una presa in carico globale e risposte efficaci alle sue necessità. Un peccato perché ci sono strutture pubbliche al Sud, con professionisti medici e infermieri che hanno competenze e umanità allo stesso livello del Nord”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Alfredo Ercoli, professore Ordinario di Ginecologia ed Ostetricia e direttore della Scuola di Specializzazione in Ginecologia ed Ostetricia dell’Università degli studi di Messina e direttore dell’Uoc di Ginecologia ed Ostetricia del Policlinico ‘G. Martino’ di Messina.
Ercoli è un ‘chirurgo con la valigia’, oggi tra Roma e Messina, ma con diverse esperienze all’estero. Un medico che ha lavorato al Nord, al Centro e al Sud, portando avanti con dedizione l’approfondimento sulla chirurgia ginecologia avanzata: oncologica, urogenicologica e dell’endometriosi. Attualmente a Messina la stragrande maggioranza degli interventi viene effettuata con tecniche chirurgiche d’avanguardia e mininvasive grazie alla laparoscopia con visione tridimensionale ed alla chirurgia robotica- ricorda il professore- aggiungendo che queste competenze hanno permesso di trattare moltissime patologie in maniera ottimale e secondo i più alti standard terapeutici nazionali ed internazionali”.
Il tema ottimale e secondo i più alti standard terapeutici nazionali ed internazionali. Il tema del divario sanitario tra il Nord e il Sud del Paese è evidenziato anche dall’ultimo rapporto Svimez-Save the children, che ha rimarcato anche il rischio di una crescita delle diseguaglianze con l’autonomia differenziata. “Questo divario è in parte imputabile ad una maggiore efficienza dei sistemi sanitari in alcune regioni che, già da anni, si sono strutturate in modo da concentrare in centri di riferimento le patologie principali, hanno favorito la creazione di percorsi diagnostico terapeutici dedicati, ed hanno implementato la realizzazione delle reti oncologiche – riflette Ercoli – Così i grandi centri riescono ad avere più professionisti e a dare risposte ad un numero sempre maggiore di pazienti. Al tempo stesso in un ospedale più piccolo, come accade al Sud, c’è una maggiore personalizzazione del rapporto con l’utenza perché i numeri sono inferiori, si incontra sempre lo stesso medico, ci si può concentrare maggiormente sulla qualità del rapporto, pur garantendo quella massa critica per operatore necessaria per mantenere standard di qualità elevati”.
In questi anni di esperienza in Sicilia la vita professionale di Ercoli si è intrecciata con le storie dei pazienti assistiti e operati. “Persone che dopo aver peregrinato in modo inadeguato in vari ospedali minori hanno trovato risposte giuste e il trattamento corretto a Messina. Ricordo una signora giovane con un cancro alla cervice che è riuscita a superare la malattia nonostante un quadro di partenza veramente difficile. Ma c’è anche chi non ce la fa, va detto con franchezza. Una ragazza giovanissima con una patologia analoga che purtroppo è morta a 32 anni dopo un anno di gestione della malattia, ma – prosegue – i suoi parenti, hanno pubblicamente espresso la loro gratitudine ringraziandoci per l’impegno e l’umanità dimostrata”.
Il professore e i giovani specializzandi. Ercoli è ordinario di Ginecologia ed Ostetricia e direttore della Scuola di specializzazione di Ginecologia ed Ostetricia all’Università di Messina. “I giovani sono la forza trainante per un ospedale per il loro entusiasmo – ammette il chirurgo – tengono a migliorarsi e ad essere competitivi. Ma hanno bisogno di insegnamenti e modelli con cui confrontarsi. Avevo due studenti – ricorda – uno quando insegnavo a Novara e un altro a Messina, questi si avvicinavano alla cattedra con curiosità per fare domande, poi mi hanno confessato che volevano fare quello che facevo io. I ragazzi hanno bisogno di esempi positivi, questi due giovani medici erano pronti anche a trasferirsi e sono stati talmente bravi da vincere il concorso nazionale, poter scegliere la sede ed andare in quella che io avevo indicato all’epoca come in una Scuola di eccellenza. Li ho poi ritrovati entrambi a Roma all’Università Cattolica dove sono nato e cresciuto professionalmente e con cui collaboro da sempre”.
Oggi però fare il medico, soprattutto il chirurgo, sta diventando sempre più difficile, troppi oneri (tra cui denunce e aggressioni) e pochi onori (salari più bassi rispetto ai colleghi europei e qualità del lavoro non sempre adeguato) e così sempre meno medici scelgono le specializzazioni chirurgiche e le borse dedicate rimangono deserte.
“La chirurgia, così come altri settori, sta vivendo difficoltà inimmaginabili che porteranno ad una carenza di specialisti – conclude Ercoli – e torniamo al discorso iniziale, Oggi è più che mai indispensabile che il Servizio sanitario nazionale offra efficienza all’utenza e motivazioni per il personale per contrastare la fuga dalle specializzazioni considerate meno attraenti. E forse già siamo a questo punto. Un vero peccato”.