L’uso del Green pass, come vincolo per l’accesso a un ventaglio di attività, “è una via obbligata, perché i 25-30 milioni di italiani che alla fine hanno deciso di vaccinarsi hanno tutto il diritto di godere appieno dei benefici di questa scelta. E quindi di avere la possibilità di accedere a qualsiasi attività per loro stessi e la garanzia che chi non può essere vaccinato per motivi validi o sta aspettando il suo turno sia protetto da ambienti in cui c’è certezza di non infettarsi”. A ribadirlo all’Adnkronos Salute è Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco Ema e consulente del commissario straordinario all’emergenza coronavirus, generale Francesco Paolo Figliuolo, intervenendo sul dibattito in corso in merito al Green pass e alle modalità con cui verrà utilizzato concretamente, che dovrebbero essere definite a giorni dal governo.
“Per i docenti si pone prima di tutto un problema etico: un docente che non si vaccina mi preoccupa anche per quale insegnamento potrà dare ai suoi studenti. L’altra preoccupazione è garantire la sicurezza nelle classi rispetto a varianti” di Sars-CoV-2 “che gireranno. Perché arriveremo all’Omega, e l’alfabeto è lungo. Quindi anche se dovrebbe essere scontato che una persona che fa questo mestiere abbia i mezzi culturali per capire che deve fare il vaccino, se proprio non lo fa che sia obbligatorio. Sperando che così rinsavisca e fornisca un’educazione e un esempio validi ai suoi allievi”, rimarca Rasi.
“Dai 12 anni in su non faremo in tempo a vaccinare tutti – osserva – ammesso che i figli dei 50-60enni che non si sono vaccinati lo faranno fare ai propri ragazzi. Ci aspettiamo infatti che gli adulti che non lo hanno voluto per sé il vaccino, non immunizzino neanche i loro figli. E quindi, di fronte a questo, è il docente stesso che viene esposto a possibili varianti che continueranno a esserci. Davvero, dovrebbe essere scontato volersi vaccinare”.
“Era un destino scritto” che arrivassero focolai Covid legati alle ‘notti azzurre’, alle folle che si sono radunate per guardare le partite degli Europei di calcio e festeggiare la vittoria dell’Italia. “Non sorprendentemente la fascia di infetti è da 10 a 29 anni. Vediamo cosa succede. Nei prossimi 10 giorni sapremo se questo si tradurrà in ospedalizzazioni e di quale severità, oppure no”, spiega ancora Rasi.
Parlando dei primi focolai che sono stati ricondotti a eventi legati agli Europei di calcio – uno per esempio a Roma – Rasi si aspetta sul fronte dell’andamento dell’epidemia nei prossimi giorni “che ci sia un aumento” anche nei ricoveri. “Ma se gli infetti sono solo giovani non vaccinati, l’ospedalizzazione potrebbe non essere massiva – puntualizza – Noi sappiamo che per ogni fascia di 7 anni d’età si sale un gradino in termini di ricoveri e severità di malattia. Speriamo che il fatto che è coinvolta soprattutto la fascia bassa significhi solo più infezioni ma non più ricoveri. I giovani, va però ricordato, sono meno vulnerabili, non invulnerabili”.