(Adnkronos) – I vaccini anti-Covid, sviluppati in tempi ultraveloci, hanno evitato morti, malattie gravi e ricoveri, come suggeriscono le statistiche di tutte le autorità sanitarie internazionali e le ricerche scientifiche, ma potrebbero essere anche migliori, a detta di diversi team di scienziati, e la via per ottenere questo ulteriore avanzamento potrebbe passare per il naso. La strada non è breve, ammettono gli esperti. Ma gli studi cominciano a crescere. Così come i candidati vaccini spray in sviluppo (ci sono 8 vaccini nasali in fase di sviluppo clinico e 3 in studi di fase 3, secondo quanto riepiloga online la rivista ‘Scientific American’). Una promessa che segue un percorso più lento, ma che potrebbe essere un po’ più vicina al traguardo.
“E’ la vaccinazione più difficile, la modalità più complessa da mettere a punto. Ma quella che funzionerebbe meglio”, spiega all’Adnkronos Salute Mario Clerici, docente di immunologia dell’università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi. A che punto siamo? Fra i lavori che valutano questo approccio ce n’è uno recente, pubblicato su ‘Science Translational Medicine’ e visibile online, in cui un team di scienziati spiega come un vaccino anti-Covid somministrato per bocca o naso possa aiutare ad alzare la barriera contro il contagio da Sars-CoV-2. Gli autori la definiscono una strategia praticabile, in grado di ridurre sia la malattia che la trasmissione per via aerea. L’articolo riporta i risultati di un test condotto su animali con un candidato vaccino a vettore adenovirale. Di vaccini che facciano da barriera anche alla trasmissione si avverte l’esigenza in particolare con l’avvento di varianti – e sottovarianti Omicron, come la 4 e la 5 – sempre più contagiose.
Al tema dedicano focus anche i media internazionali, uno dei più recenti è quello che sul ‘New York Times’ ospita l’intervento di una scienziata, Akiko Iwasaki, alla guida di un gruppo della Yale University che lavora proprio a questo: un nuovo approccio alla vaccinazione con vaccini sistemici che addestrano il risposta immunitaria dell’intero organismo, seguiti da booster somministrati direttamente nella cavità nasale, per fornire una protezione speciale nella parte del corpo più colpita dall’infezione da Sars-CoV-2.
“Idealmente un vaccino nasale – spiega l’esperta – potrebbe entrare nello strato di muco all’interno del naso e aiutare l’organismo a produrre anticorpi che catturano il virus prima che abbia la possibilità di attaccarsi alle cellule delle persone. Catturando il virus proprio nel sito dell’infezione, gli anticorpi indotti dai vaccini nasali possono dare un vantaggio nella lotta” a Sars-CoV-2 “agendo prima che causi i sintomi”. Questi vaccini, prosegue Iwasaki, “possono stabilire cellule B di memoria altamente protettive e cellule T di memoria”.
Uno studio appena reso disponibile sulla piattaforma ‘BioRxiv’, firmato da scienziati tedeschi, ha cercato di confrontare diversi approcci alla vaccinazione, valutando le potenziali differenze nell’immunità sistemica e mucosale conferite da diversi vaccini e diversi regimi vaccinali che mixano varie tipologie di prodotti scudo. Le varie opzioni sono state testate su criceti e tutti i regimi contenenti il candidato vaccino vivo attenuato sCPD9, che viene somministrato per via intranasale, hanno mostrato un’efficacia superiore.
“La robusta immunità suscitata – si legge nello studio – era evidente in un’ampia gamma di parametri immunitari, da una rapida clearance virale a forti risposte umorali sistemiche e mucosali e al rapido richiamo di cellule T della memoria dal tessuto polmonare. I nostri risultati dimostrano che l’uso di vaccini vivi attenuati può offrire vantaggi rispetto ai vaccini Covid-19 disponibili, in particolare se applicati come richiamo” dopo un ciclo primario, è la conclusione degli esperti.
“Il punto chiave – commenta Clerici – è che il virus entra attraverso le mucose respiratorie. Con un vaccino nasale si porta il composto vaccinale in loco e si stimola la produzione presenziale di anticorpi IgA. Che sono mucosali, tappezzano i tessuti delle alte vie respiratorie e impediscono al virus di entrare in contatto con essi. Dunque il virus non entra nell’organismo. Per fare un altro esempio, un’alta concentrazione di IgA vaginali protegge dall’infezione da Hiv a trasmissione eterosessuale”.