Di Bartolo (Amd): “Tra diabete e fegato liason molto pericolosa”

(Adnkronos) – “Il legame tra diabete e fegato è una liason molto pericolosa: il 70% delle persone che hanno il diabete di tipo 2 hanno una steatosi epatica, patologia che se non viene ricercata e non controllata rischia di scivolare verso le forme più gravi di malattia del fegato, che sono fibrosi, cirrosi e cancro del fegato. Sappiamo, inoltre, come nelle persone che vivono con il diabete di tipo 2 la presenza di una malattia grassa del fegato esponga il paziente a un aumentato rischio di malattie cardiovascolari quali infarto, ictus o morte cardiovascolare”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Paolo Di Bartolo, presidente della Fondazione Associazione medici diabetologi (Amd), a margine dell’XI convegno nazionale della Fondazione, che si è tenuto a Roma.  

“Il diabete, però, – sottolinea Di Bartolo, che è anche direttore della Diabetologia all’ospedale di Ravenna – non esaurisce il proprio legame con le malattie del fegato con l’epatopatia steatosica, ma ci sono altre malattie del fegato che abbiamo visto essere particolarmente rilevanti nella persona che vive con il diabete. E stiamo parlando delle epatiti virali. In particolar modo il virus dell’epatite C (Hcv) è una forma di epatite che nelle persone con diabete di tipo 2 si presenta in maniera subdola. Sappiamo però che il paziente con diabete di tipo 2 per i problemi legati all’ingrossamento del fegato si trova maggiormente vulnerabile a un attacco del virus dell’epatite C”.  

Per questo motivo, secondo Di Bartolo “questi pazienti devono essere ricercati e individuati. Solo se identificati abbiamo la concreta possibilità di trattare questi pazienti con le terapie mirate per il virus dell’epatite C”. E “sappiamo che da un punto di vista di beneficio clinico – sottolinea – il trattamento dell’epatite nelle persone che hanno contestualmente il diabete porta a un miglioramento drammatico degli esiti di malattia del controllo glicemico e della possibilità di andare incontro a quelle che sono le complicanze” conclude.  

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