(Adnkronos) –
Le donne vivono più a lungo degli uomini. E questo gap nell’aspettativa di vita non è prerogativa del genere umano. Questa tendenza a una maggiore longevità la si osserva nelle quote rosa di una vasta gamma di animali. Gli scienziati si sono chiesti perché e una teoria formulata dai biologi è che la discrepanza nella lunghezza della vita femminile e maschile possa essere in qualche modo, almeno in parte, collegata alla riproduzione. Ma come? Per scoprirlo un team di ricercatori dell’università di Osaka ha deciso di mettere sotto la lente l’invecchiamento del killifish turchese, un pesciolino d’acqua dolce noto per una caratteristica: la sua è un’esistenza ‘lampo’, fra le più brevi che si registrano nei vertebrati. Si parla di “pochi mesi di vita”, spiegano gli autori del lavoro pubblicato su ‘Science Advances’, mentre la maturazione sessuale in genere avviene in appena “un mese”. E, come negli esseri umani, anche nella comunità di questi pesci le femmine vivono più a lungo dei maschi.
Studiando il ‘Nothobranchius furzeri’ – questo il nome scientifico del killi turchese – i ricercatori giapponesi hanno scoperto per la prima volta che le cellule germinali, cioè le cellule che si sviluppano in ovuli nelle femmine e in spermatozoi nei maschi, determinano differenze nella durata della vita – dipendenti dal sesso – negli animali vertebrati.
Quando infatti il team ha rimosso le cellule germinali dai pesciolini ‘arruolati’ nella ricerca ha osservato che sia i maschi che le femmine avevano una durata di vita simile. “I killifish maschi vivevano più a lungo del solito e la durata della vita delle femmine si accorciava”, spiega l’autore principale Kota Abe. “Volevamo capire come le cellule germinali potessero influenzare” gli esemplari di entrambi i sessi “in modo così diverso”, praticamente opposto. “Il nostro passo successivo è stato quello di indagare sui fattori responsabili”.
Gli studiosi hanno scoperto che la segnalazione ormonale era molto diversa nelle femmine rispetto ai maschi. Le femmine di killifish senza cellule germinali avevano una segnalazione significativamente inferiore di estrogeni, il che può ridurre la durata della vita aumentando il rischio di malattie cardiovascolari. Le femmine avevano anche una segnalazione significativamente maggiore del fattore di crescita insulino-simile 1. Questo ha fatto sì che le pescioline diventassero più grandi, sopprimendo allo stesso tempo i segnali all’interno del corpo importanti per mantenere la salute e rallentare l’invecchiamento. Al contrario, i killifish maschi senza cellule germinali avevano migliorato la salute dei muscoli, della pelle e della struttura ossea. È interessante notare, dicono gli esperti, che questi pesci avevano quantità maggiori di una sostanza che attiva la vitamina D, oltre a prove di segnali di vitamina D nei muscoli e nella pelle.
Anche la vitamina D può essere considerata un ormone, osservano gli autori dell’ateneo nipponico. Mentre è ben noto il suo ruolo nel mantenere le ossa forti e sane, questa sembra avere anche effetti positivi più ampi su tutto l’organismo. I risultati del team giapponese hanno dunque evidenziato la possibilità che la vitamina D migliorasse la longevità. E seguendo questo ragionamento gli esperti hanno deciso di verificare se un integratore di vitamina D avrebbe potuto aumentare la durata della vita dei pesci.
“Quando abbiamo somministrato la vitamina D attiva, abbiamo scoperto che la durata della vita sia dei maschi che delle femmine” killi “era significativamente prolungata, suggerendo che la segnalazione della vitamina D fornisce benefici per la salute in tutto il corpo”, spiega l’autore senior Tohru Ishitani. “Il nostro lavoro suggerisce che la segnalazione della vitamina D potrebbe influenzare la longevità di altri vertebrati, compresi gli esseri umani”.
La scoperta che le cellule germinali influenzano la longevità maschile e femminile in modi opposti è un indizio importante per svelare le misteriose interazioni tra riproduzione, invecchiamento e durata della vita. Non è chiaro esattamente come la vitamina D si inserisca in questo puzzle, ma potrebbe far parte di strategie future per prolungare la durata della vita sana, concludono gli esperti.