L’Agenzia italiana del farmaco Aifa ha approvato la rimborsabilità di luspatercept nei pazienti adulti con anemia dipendente da trasfusioni di sangue, dovuta a beta-talassemia o mielodisplasie. La terapia promette di ridurre “in modo sostanziale” il fabbisogno trasfusionale e rappresenta “un cambiamento sostanziale della pratica clinica”. Lo hanno spiegato gli esperti intervenuti oggi a un incontro stampa virtuale promosso da Celgene, ora parte di Bristol Myers Squibb (Bms). Luspatercept, hanno ricordato, è “il primo e unico agente di maturazione eritroide approvato in Europa”, capostipite di una nuova famiglia terapeutica.
“In Italia, uno dei Paesi al mondo più colpiti da beta-talassemia, vivono circa 7mila pazienti con questa malattia genetica ereditaria, causata da un difetto di produzione dell’emoglobina, proteina responsabile del trasporto di ossigeno nell’organismo – spiega Gianluca Forni, direttore ematologia, Centro microcitemia e anemie congenite, ospedali Galliera di Genova – Se sono mutati entrambi i geni delle catene beta che formano l’emoglobina si ha la beta-talassemia major, che presenta un quadro clinico severo, con grave anemia. I sintomi di questa forma compaiono già nei primi mesi di vita e, se non si interviene con adeguate terapie, le conseguenze possono essere grave anemia, deformazioni ossee, ingrossamento di milza e fegato, problemi di crescita, complicazioni epatiche, endocrine e cardiovascolari. Fino agli anni ’60 i malati di beta-talassemia major non sopravvivevano oltre i 10-15 anni. Oggi, grazie alla combinazione delle terapie trasfusionale e ferrochelante, la loro aspettativa di vita è molto migliorata. I pazienti però sono costretti a sottoporsi a trasfusioni di sangue ogni 2-3 settimane per tutta la vita e ad assumere ogni giorno una terapia ferrochelante, per evitare i danni causati dall’accumulo di ferro a organi vitali come cuore, fegato e pancreas”.
“La rimborsabilità di una terapia innovativa come luspatercept può realmente cambiare la loro vita perché permette di diminuire il fabbisogno trasfusionale, ridurre l’accumulo di ferro e le comorbidità conseguenti, con una speranza di miglioramento sulla sopravvivenza”, sottolinea lo specialista, ricordando che “lo studio internazionale Believe, pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’ e che ha coinvolto 336 pazienti con talassemia trasfusione-dipendente, ha dimostrato come il 70% dei trattati con luspatercept riduca del 33% il fabbisogno trasfusionale”. Ma per gli esperti sono “significativi anche i risultati dello studio Medalist su 153 pazienti con sindromi mielodisplastiche”, tumori del sangue definiti sindromi per la loro eterogeneità: “Il 47% è risultato libero da trasfusioni per circa 2 mesi (8 settimane)”. Da qui l’ok Aifa per pazienti con sindromi mielodisplastiche a rischio molto basso, basso e intermedio, che presentano sideroblasti ad anello con risposta insoddisfacente o non idonee a terapia basata su eritropoietina.
Le mielodisplasie “sono determinate da un difetto della cellula staminale del midollo osseo, che produce globuli rossi, bianchi e piastrine – evidenzia Matteo Della Porta, responsabile Unità leucemie e mielodisplasie, Humanitas Cancer Center, Milano – Come conseguenza si abbassano i valori del sangue, in particolare quelli dei globuli rossi, causando anemia, presente in quasi tutti i pazienti. Inoltre aumenta il rischio che la malattia evolva in leucemia mieloide acuta, un tumore del sangue più aggressivo. L’anemia è responsabile di molti sintomi, tra cui pallore della cute e delle mucose, stanchezza, affanno e battito cardiaco accelerato. L’insufficienza di globuli rossi, in quasi tutti i pazienti, nel tempo diventa severa e necessita di un supporto con regolari trasfusioni di sangue, che possono diventare anche molto frequenti. Trattare l’anemia severa trasfusione-dipendente in modo efficace è la chiave per migliorare la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti. Luspatercept ha dimostrato negli studi clinici di ridurre in modo sostanziale il fabbisogno trasfusionale nei pazienti con un sottotipo particolare di sindrome mielodisplastica, caratterizzata per la presenza di sideroblasti ad anello. Si tratta di un passo avanti nella terapia davvero decisivo”.
“Con Celgene, da oltre 30 anni siamo focalizzati sulle malattie ematologiche – dichiara Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bms – Luspatercept ha un meccanismo d’azione innovativo, consiste in un’iniezione sottocutanea ogni 21 giorni e ha dimostrato di essere efficace in due patologie ematologiche diverse. Siamo impegnati nella ricerca su patologie gravi e rendiamo concreta la nostra attenzione verso i pazienti anche attraverso l’attivazione di programmi di uso terapeutico compassionevole, che, grazie alla fornitura gratuita dei farmaci effettuata durante il periodo della negoziazione di prezzo e rimborso con Aifa, permettono ai pazienti di accedere alle terapie prima che tali farmaci siano commercializzati sul territorio nazionale. Grazie a questi programmi, ad oggi, sono stati trattati con luspatercept in Italia oltre 350 pazienti”.
“E’ finalmente terminata la lunga attesa dei pazienti – commenta Raffaele Vindigni, presidente United Onlus, Federazione nazionale Associazioni talassemia, drepanocitosi e anemie Rare – Un’importante conquista in grado di diminuire il fabbisogno di sangue e di renderli più liberi da trasfusioni. E’ però essenziale non fermarsi dinanzi alle difficoltà burocratiche legate ai processi di approvazione a livello regionale, che creano forti discrepanze territoriali. Va inoltre risolta quanto prima la questione ancora aperta della rete dei centri. Nel 2017, tramite un apposito dispositivo di legge, è stata istituita la Rete italiana della talassemia e delle emoglobinopatie. A questa, però, non è ancora seguito il decreto attuativo per mettere in sicurezza la Rete e consentire di continuare l’opera di diagnosi e cura svolta in questi anni”.
Le sindromi mielodisplastiche “sono state fra le prime malattie del sangue in cui vi è stata una mobilitazione a livello nazionale per la creazione di reti di patologia specifiche, per garantire ai pazienti accesso uniforme a una diagnosi appropriata e a cure adeguate – osserva Della Porta – Le reti di patologia mettono a disposizione un collegamento immediato con il centro di riferimento più vicino al domicilio del paziente, essenziale per garantire la continuità territoriale. Stiamo cercando, attraverso la collaborazione con le associazioni dei pazienti, di diffondere la conoscenza della malattia e dei presidi di diagnosi e cura inseriti nelle reti di patologia a livello più ampio possibile. I pazienti con sindromi mielodisplastiche presentano bisogni clinici e assistenziali molto specifici, pertanto devono essere curati in centri specializzati”.
“In Italia si stimano ogni anno circa 3mila nuovi casi, soprattutto in anziani over 70”, ma “in realtà si tratta di una cifra al ribasso – precisa l’esperto – perché molte persone colpite dalla malattia non ricevono un corretto e tempestivo inquadramento diagnostico. Anche la prognosi è difficile da determinare, perché molto varia. Per le sindromi mielodisplastiche è stato identificato un codice specifico di patologia, quello di ‘malattia rara neoplastica’, molto utile perché ci permette di determinarne l’esatto impatto epidemiologico a livello nazionale. Inoltre, è un riconoscimento importante in termini di definizione di specifiche strategie sanitarie”.
“Non è pensabile che il paziente anziano che deve sottoporsi ai trattamenti per l’anemia severa debba spostarsi e sia costretto a percorrere centinaia di chilometri dal proprio domicilio per accedere a un servizio di qualità – afferma Paolo Pasini, presidente Aipasim (Associazione italiana pazienti con sindrome mielodisplastica) Onlus – Scopo delle reti è anche di distribuire in modo capillare le competenze sul territorio al servizio dei pazienti. Il peso assistenziale e psicologico di una persona affetta da sindromi mielodisplastiche non è inferiore a quello di un malato con leucemia mieloide acuta. Eppure, in passato, erano sottovalutate, quasi fossero ‘scontate’ con la vecchiaia. La realtà è che sono malattie invalidanti. L’autonomia e la funzionalità sono molto ridotte, specie quando l’anemia è di grado severo. Avendo necessità di frequenti trasfusioni di sangue, i pazienti devono recarsi spesso in ospedale e la loro vita, di fatto, ruota intorno al centro specialistico. Questa condizione finisce per pesare sulla famiglia e richiede, da parte del sistema sanitario, l’attivazione di servizi di assistenza continua. L’innovazione portata da luspatercept e dalla ricerca può davvero cambiare la vita dei pazienti”.