Fumo, verso codice autoregolamentazione per filiera distribuzione e produzione

Un codice di autoregolamentazione per la filiera della distribuzione e della produzione dei prodotti senza combustione, che favorisca una comunicazione corretta e trasparente. È il documento cui sta lavorando l’Eurispes coinvolgendo gli attori della filiera e di distribuzione dei prodotti senza fumo, quali Anafe-Associazione nazionale produttori di fumo elettronico (Confindustria), Fit-Federazione italiana tabaccai, con il contributo di importanti personalità giuridiche, tecniche e sanitarie. Del tema si è discusso al tavolo di lavoro “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”, organizzato da Formiche e Philip Morris Italia.  

“Presentiamo un percorso che si è avvalso e vorrà avvalersi di tante collaborazioni con l’obiettivo di produrre un codice di autoregolamentazione per la filiera della distribuzione e della produzione dei prodotti senza combustione. La nostra attività è volta a una maggiore valorizzazione della riduzione del rischio all’interno delle politiche della sanità pubblica”, ha spiegato Alberto Baldazzi, vicedirettore di Eurispes.  

Dalla ricerca condotta da Eurispes sui fumatori italiani si rileva che quasi un terzo del campione degli intervistati (30,5%) afferma che dovrebbe smettere di fumare ma non vuole farlo, mentre il 26,3% sostiene che dovrebbe smettere ma non crede di riuscirci. “L’unica posizione delle istituzioni rimane far smettere di fumare, però concretamente il numero di fumatori negli ultimi anni di fatto è rimasto sostanzialmente stabile. Abbiamo un altissimo numero di fumatori che alla domanda ‘vorrebbe smettere di fumare’ risponde ‘assolutamente no’”, ha osservato la vice presidente di Eurispes Raffaella Saso. “Il risultato ideale è non iniziare oppure smettere, ma è con questa realtà che ci dobbiamo confrontare”, ha concluso Saso.  

Diversi gli attori della filiera coinvolti nel progetto di Eurispes a cominciare dai tabaccai, terminale fondamentale per il rapporto con i consumatori. “Ci rendiamo conto che stanno cambiando gli stili di vita – ha dichiarato Giovanni Risso, presidente della Federazione italiana tabaccai (Fit) – e che i consumatori guardano con più attenzione ai prodotti di nuova generazione per la riduzione del danno, come i prodotti a base di tabacco riscaldato ed e-cig. Siamo disponibili a fare la nostra parte anche per quanto riguarda gli aspetti comunicativi per evitare l’accesso al fumo da parte dei consumatori che non siano adulti consenzienti. Abbiamo quindi aderito all’idea di creare un codice di autoregolamentazione, siamo consci che sia un primo passo ma, come si dice, chi ben comincia è a metà dell’opera. Vogliamo inoltre siano rispettati criteri di neutralità senza che ci siano sponsorizzazioni o discriminazioni fra un prodotto e un altro”.  

Gli ha fatto eco Barbara Toxiri, direttore politiche sindacali della Fit sottolineando che “in altri Paesi si sta puntando a prodotti di nuova generazione che riducono il danno. Quando però si parla di revisione della direttiva sui prodotti da tabacco e si pensa di equiparare, anche a livello europeo, la normativa sui prodotti di nuova generazione con la normativa sui prodotti tradizionali ritengo non si faccia il bene della collettività. Le istituzioni dovrebbero intervenire in modo fermo su questo punto per evitare danni”.  

Umberto Roccatti, Presidente di Aanafe Confindustria ha ricordato: “Abbiamo da subito accolto con favore il lavoro di Eurispes sull’osservatorio perché rispetta il nostro manifesto, tra i cui principi cardine c’è quello di non comunicare che le sigarette elettroniche siano prive di rischi e di non attuare campagne di comunicazione che siano attrattive per i giovani. Se non fumi non devi fumare, se fumi devi smettere. Se non riesci a smettere valuta il prodotto a rischio ridotto”.  

“Il tabagismo ha dei costi sociali pazzeschi, valutati nell’ordine dei 24 miliardi di euro e fa 93 mila vittime all’anno – ha aggiunto Roccatti – C’è bisogno di regolamentazione perché il mercato è molto frammentato e quindi bene venga il concetto di osservatorio. Rileviamo però la necessità dell’industria di comunicare perché l’autorità sanitaria nazionale non sposa il principio di rischio ridotto in nome di un eccessivo principio di precauzione, mentre i governi inglese e neozelandese mandano spot in tv. Nel Regno Unito, le sigarette elettroniche sono addirittura distribuite negli ospedali. Il 91% dei fumatori italiani, 10 milioni, non riesce a smettere di fumare e per questo riteniamo la sigaretta elettronica sia complementare alle sacrosante politiche sanitarie nazionali. Ben venga la cessazione, ma è uno strumento che non è ricevibile per la stragrande maggioranza dei fumatori. Un fumatore su mille si rivolge a un centro antifumo in Italia e un fumatore su duemila smette di fumare attraverso i centri antifumo.”  

“Anafe è favorevole a questo osservatorio – ha concluso – a patto che ci sia un’ampia sottoscrizione da parte delle varie filiere associative e distributive. Perché essendoci un monitoraggio dei firmatari, non possiamo essere noi gli unici monitorati”.  

Al tavolo anche autorevoli voci del mondo scientifico e associativo. “Il fumo di sigaretta nel mondo produce circa 8 milioni di morti, 7 per effetti diretti e 1 per fumo passivo. Circa un terzo di tutti tumori sono in relazione al fumo di sigarette”, ha ricordato Francesco Cognetti, primario di Oncologia medica dell’Istituto Nazionale Regina Elena di Roma che ha aggiunto: “Ogni volta che muore un paziente per una neoplasia ricondotta al fumo è una sconfitta per il Paese. Anche questi nuovi prodotti che vengono commercializzati e che hanno un danno tossico nettamente inferiore, perché sono ridotte al minimo le sostanze cancerogene, devono essere vietati in certi ambiti, ad esempio tra i giovani e tra i non fumatori. Viceversa, devono essere rivolti a soggetti che fumano e che non sono riusciti a smettere”.  

“Vogliamo portare avanti un concetto nuovo che è quello della prevenzione parziale – ha aggiunto Johann Rossi Mason, giornalista scientifica e direttrice di Mohre – l’Osservatorio sulle strategie di riduzione del rischio – Sarebbe stato bello che i player fossero stati tutto allo stesso tavolo. La nostra perplessità è la volontà di mettere sotto un unico cappello tutti i prodotti alternativi”.  

“Aiutare a uscire dalle dipendenze è difficile, per questo la precauzione è una necessità soprattutto per proteggere i giovani. L’adesione a forme di autodisciplina è un valore e ogni impegno oltre la norma è un traguardo”, ha spiegato Laura Galli di Adiconsum, invitando tutti ad aderire al codice “perché gli altri poi seguiranno”. “Vaping, sigarette elettroniche, in questa fase possiamo accettare che si stiano tutti quanti sotto lo stesso cappello, perché si mettono insieme mercati diversi e prodotti diversi per iniziare una forma di responsabilizzazione della filiera”, ha concluso.  

Al dibattito hanno preso parte anche esponenti parlamentari, tra cui la senatrice di Forza Italia Maria Rizzotti, membro della Commissione Igiene e Sanità, che ha evidenziato: “Dobbiamo considerare che la protezione dalle malattie correlate al tabacco può essere mitigata da sforzi intensi finalizzati a far smettere di fumare certamente, ma sempre più importante negli ultimi anni è l’affermazione della riduzione del rischio. Un terzo dei fumatori ha cercato di smettere di fumare, ma smettere di fumare non è semplice”.  

“Ci sono metodi per far smettere di fumare, ma anche per ridurre il rischio, che è l’unico modo di aiutare realmente chi non riesce a smettere di fumare – ha continuato la senatrice – Abbiamo avuto da parte dell’Istituto di Sanità un atteggiamento rigido verso la sigaretta elettronica, ma oggi stanno uscendo studi: è abbastanza inutile avere posizioni rigide, oggi abbiamo un sistema per ridurre il rischio con la sigaretta elettronica”, ha aggiunto Rizzotti.  

Gli ha fatto eco l’onorevole Giorgio Lovecchio che ha osservato: “Non è possibile dall’oggi al domani eliminare il fumo completamente, per quanto auspicabile. Adesso c’è una consapevolezza diversa. Lo Stato può investire in campagne di informazione”. “Sì all’informazione, no alla proibizione. Per non favorire prodotti illeciti, dove non sappiamo cosa c’è all’interno”, ha concluso il deputato.  

(Adnkronos)