Gabbrielli (Iss): “Telemedicina? ‘Per ora muove primi passi”

La spesa per la sanità digitale nel 2020 ha raggiunto un valore di 1,5 miliardi di euro pari all’1,2% della spesa sanitaria pubblica e a circa 25 euro per ogni cittadino; il ricorso alla telemedicina è triplicato (dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano), “tuttavia il sistema sta muovendo i primi passi. Noi veniamo da 10-15 anni durante i quali non c’è mai stata una organizzazione su base nazionale del sistema di telemedicina. Semmai, ci sono state tante esperienze, alcune di valore che hanno dato la possibilità anche durante l’emergenza Covid di risolvere dei problemi. Guardando in faccia la realtà, la pandemia ci ha trovati sguarniti rispetto alla possibilità di utilizzare tecnologie digitali per raggiungere i pazienti. In molte regioni le esperienze fatte erano di tipo specialistico ospedaliero su problematiche specifiche, quasi mai hanno preso in considerazione il paziente nel suo complesso mentre i medici di medicina generale si sono organizzati con una piattaforma talmente autonoma che non parla con nessuno”. 

È questa la fotografia scattata da Francesco Gabbrielli, direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto superiore di sanità (Iss) in occasione del webinar “Salute Digitale. L’innovazione nella cura delle malattie croniche autoimmuni reumatologiche e dermatologiche”, promosso da Ucb Italia. Le principali innovazioni, come emerso dall’incontro online, non riguardano solo la cosiddetta telemedicina, ma anche i fascicoli sanitari elettronici, le app medicali, la gestione dei big data, fino ad arrivare alle cosiddette “terapie digitali”, l’ultima frontiera della medicina. 

“Le regioni – afferma Gabbrielli – hanno sviluppato i sistemi del Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse) in maniera apparentemente simile ma in realtà con sistemi che non parlano tra loro. Ad aprile 2020, come Centro Nazionale per la Telemedicina abbiamo pubblicato un documento su come organizzare sistemi di telemedicina basati su pochi servizi molto utili. La maggior parte delle esperienze sono state improvvisate sull’onda della necessità e della buona volontà di medici per raggiungere i loro pazienti. Vanno ringraziati, ma non possiamo andare avanti così, sviluppando un sistema di telemedicina basato sull’improvvisazione e sulla buona volontà. Dall’estate scorsa stiamo lavorando con Istituzioni e regioni a livello nazionale su alcuni documenti che arriveranno nelle prossime settimane per mettere a sistema una serie di prestazioni”. 

Secondo Gabbrielli, il digitale per funzionare bene ha bisogno dell’interoperabilità. “Ragionare in termini di servizi – sostiene l’esperto – può aiutare a cambiare la mentalità, superare la frammentazione dei 21 sistemi sanitari regionali. La telemedicina è territoriale, si fa pensando a un territorio ampio e serve che tutto ciò che è in rete dialoghi in continuazione e per farlo tutti devono parlare la stessa lingua e non è solo una questione tecnologica (interoperabilità è superabile) ma anche organizzativa. Devono esserci entrambe per un lavoro armonioso e coerente tra una località e l’altra, tra un sistema e l’altro”. 

(Adnkronos)