Influenza australiana 2022, sintomi nei bambini: cosa dice il pediatra

(Adnkronos) – Complice il freddo e l’alta circolazione virale, in questi giorni di fine 2022 “vediamo tanti accessi di bambini in pronto soccorso. La caratteristica di questa influenza è una febbre alta, di solito superiore a 38 gradi, con punte anche di 39-40, e questo spaventa molto i genitori. Poi si crea questa tosse fastidiosa e stizzosa, che può durare non 3-4 giorni ma anche 2 o più settimane. Quindi anche il fatto che la tosse non passi è un motivo in più di allerta per i genitori, i quali tendono ad andare nuovamente dal pediatra. E per una singola sintomatologia influenzale non c’è più solo un accesso, ma accessi ripetuti alle cure mediche, che siano in ambulatorio o in pronto soccorso. C’è poi sempre lo spauracchio che si tratti di Covid, per alcuni sintomi che sono un po’ sovrapponibili anche se ormai si differenziano abbastanza bene”. A descrivere all’Adnkronos Salute i sintomi influenzali che si registrano in queste settimane è Elena Bozzola, segretario e consigliere nazionale della Società italiana di pediatria (Sip).  

“La ‘fever phobia’ pesa, e spinge il genitore a correre in pronto soccorso quando il termometro sale molto”, racconta la specialista. Ma ci sono casi in cui è importante farlo e casi in cui “l’ideale sarebbe rivolgersi al proprio pediatra. Perché in pronto soccorso inevitabilmente, in questi giorni intensi in cui sono veramente tanti i bambini con sintomi, si formano lunghe code”. Quando allarmarsi? “Sotto i 3 mesi di vita – spiega la pediatra infettivologa – quando compare febbre non bisogna aspettare a portarlo il proprio piccolo in ospedale”. Ci sono delle ‘spie rosse’ da tenere d’occhio: “Quando il bimbo ha difficoltà respiratoria – illustra l’esperta – si vede il torace che si muove come una fisarmonica e a livello del giugulo, vediamo che la fossettina alla base del collo si alza e si abbassa, e c’è un alitamento delle pinne nasali, cioè anche le due narici si muovono, perché è come se il bimbo non riuscisse a respirare e utilizza tutta quella muscolatura accessoria per riuscirci”.  

Questo si accompagna anche “a tachicardia, cioè il cuore batte più forte perché cerca di pompare il più possibile ossigeno e si osserva un respiro sempre più veloce, accompagnato anche da inappetenza”, prosegue Bozzola. Ancora: “Il bimbo più è piccolo e più ha bisogno di alimentarsi in modo regolare. Se non lo fa è uno dei campanelli d’allarme, insieme agli altri elencati, che devono spingere a portare il bimbo a visita in pronto soccorso. Altro elemento è la condizione di poca reattività, ipotonia, difficoltà a risvegliarsi, obnubilamento. Tutte le mamme sanno che con 40 di febbre non si salta sul letto, ma si può vedere se il bimbo è reattivo, se si mette seduto o altro e capire se c’è qualcosa che non va. Quando si vedono queste condizioni, è meglio non perdere tempo”.  

Per le altre situazioni, invece, “l’ideale è rivolgersi al proprio pediatra – raccomanda la specialista – anche perché in questi ultimi giorni c’è il rischio che il bimbo resti tanto in attesa nei pronto soccorso e anche che si possa contagiare con altri virus”. Un consiglio che l’esperta dà è di “intensificare l’aderenza alle vaccinazioni, perché non è vero che vaccinare contro l’influenza non serve, è una forma di prevenzione”. Sul fronte della prevenzione, ci sono anche piccoli accorgimenti che potrebbero essere utili per lasciare i virus stagionali fuori dalla porta di casa: “Cercare di evitare visite di parenti e amici con tosse, mal di gola o raffreddore, perché per loro possono essere sintomi blandi, ma per un neonato no”.  

“E poi disinfettare sempre bene le superfici – prosegue Bozzola – Ricordiamo che anche sulle maniglie delle porte o sui giocattoli può rimanere del virus. Se c’è un bimbo che va all’asilo, non fatelo giocare con gli stessi giochi che usa anche il fratellino più piccolo. A volte sono proprio i figli maggiori che vanno a scuola o all’asilo a portare in casa quello che appare come un banale raffreddore, ma è in realtà virus respiratorio sinciziale che si manifesta così nei più grandi e diventa un’arma micidiale verso i più piccoli”. Altra precauzione: “Non portare i bebè in centri commerciali o in feste di compleanno di bimbi più grandi, in mezzo a tanta gente. Non basta dire: lo tengo separato. Perché c’è comunque dispersione di droplets tutto intorno. E infine: evitare l’esposizione al fumo passivo, anche terziario, cioè di chi ha fumato mezz’ora prima e prende il bimbo in braccio con residui di fumo addosso. Si tratta di piccoli accorgimenti che possono però aiutare a passare la stagione” dei virus respiratori. 

 

(Adnkronos)