Una stanchezza persistente, quel mal di gola che sembra senza fine, e la tosse stizzosa che si fa sentire al primo accenno di corsa o di movimento. E’ la condizione che stanno sperimentando in questi giorni sempre più persone con l’intensificarsi dell’attività dei virus stagionali. “La ‘long flu’ esiste, è una condizione nota da tempo, anche se Covid ha avuto l’effetto di accendere di più i riflettori sulla fase post virus, per via del suo impatto. Vedremo molti casi ancora” in queste vacanze natalizie in arrivo. “E non è più facile dire se è per Covid o per l’influenza, perché adesso è un grande mix di patogeni in azione”. Di certo “anche i giovani finiscono nella morsa degli strascichi, che perdurano a distanza” di giorni o settimane “dall’infezione respiratoria vera e propria”. A tracciare il quadro all’Adnkronos Salute è il virologo Fabrizio Pregliasco, mentre a livello internazionale nuovi studi mettono in luce come non ci sia solo il long Covid ma anche la ‘long flu’ a prolungare il malessere, seppur in modo diverso, a infezione archiviata.
Già a ottobre un lavoro scientifico, pubblicato su ‘eClinicalMedicine’, aveva messo in evidenza come sia le infezioni respiratorie acute da Sars-CoV-2 sia quelle non-Covid siano associate a un’ampia gamma di sintomi più di 4 settimane dopo l’infezione acuta. In questi giorni di dicembre un nuovo lavoro torna sull’argomento, con un messaggio chiaro: altri virus, anche quelli molto comuni, possono innescare sintomi duraturi e debilitanti. Pubblicato su ‘The Lancet Infectious Diseases’, il lavoro esplora anche il rischio di ‘lunga influenza’ dopo una forma severa. Ziyad Al-Aly, capo Ricerca e sviluppo del Veterans Affairs St. Louis Health Care System ed epidemiologo clinico alla Washington University in St. Louis, usando con i colleghi i dati del Department of Veterans Affairs statunitense, ha confrontato i risultati sanitari a lungo termine di circa 11mila persone ricoverate in ospedale con influenza dal 2015 al 2019 con quelli di circa 81mila persone ricoverate in ospedale con Covid dal 2020 al 2022.
I ricercatori hanno monitorato quanti hanno sviluppato uno dei 94 rischi per la salute associati ai due virus nell’anno e mezzo successivo al ricovero. Rispetto all’influenza, le persone che avevano avuto Covid avevano un rischio maggiore di 64 delle complicazioni identificate, tra cui affaticamento, problemi di salute mentale e polmonari, gastrointestinali e cardiaci. Avevano anche maggiori probabilità di morire durante il periodo di studio. Chi aveva avuto l’influenza, aveva un rischio maggiore di solo 6 problemi di salute, la maggior parte legati al sistema respiratorio e cardiovascolare.
In definitiva, ha spiegato Al-Aly, “Covid è ancora peggio dell’influenza”, sia confrontando fasi acute che post-acute. Ma in entrambi i casi i problemi a lungo termine possono essere frequenti. I ricercatori hanno registrato circa 615 problemi di salute per ogni 100 persone nel gruppo Covid, rispetto a circa 537 nel gruppo influenza.
“Il long Covid è ancora una sindrome non ben definita – osserva Pregliasco – Anche in termini di definizione diagnostica ci sono opinioni diverse, al di là del concetto che è qualcosa che va avanti. E’ molto variegato ciò che capita alle persone che ne soffrono: problemi respiratori ma anche neurologici, di nebbia mentale, e affaticamento. Per fare studi su questa condizione, gli scienziati hanno campionato un bel po’ di persone andando a vedere la differenza fra chi era positivo al Covid e chi no. E’ così che l’attenzione si è accesa anche sulla long flu. Facendo questo, infatti, gli esperti hanno evidenziato un qualcosa che era noto, magari quantificandolo meglio, e hanno confermato che anche le forme respiratorie influenzali possono dare uno strascico dopo la fase acuta della sintomatologia respiratoria”.
Come si configura la ‘long flu’? “Dopo l’influenza può esserci una fase di convalescenza, un prolungamento, una sintomatologia che perdura oltre i canonici 4-5 giorni, legata alle condizioni del paziente. Fra i sintomi che non finiscono, per esempio, rimane il mal di gola che è un segno della ‘ferita’ in senso lato. Non c’è più l’infezione, ma a livello della gola resta un’infiammazione. Anche la tosse secca virale è un fatto irritativo”.
La tosse grassa batterica, invece, prosegue il professore di Igiene dell’università Statale di Milano, “è quella che fa uscire il muco che viene prodotto in eccesso in un tentativo maldestro di eliminare il ‘cattivo’. L’organismo, quando ha un’infiammazione a livello respiratorio, manda infatti lo stimolo di produrne troppo ed è un riflesso un po’ ‘tafazziano’ – sorride – perché fa male a se stesso. Invece la tosse secca è irritativa, è espressione del danno del virus alla parete respiratoria e ci vuole del tempo perché guarisca anche alla fine dell’infezione vera e propria”.
C’è poi, elenca Pregliasco, “anche la componente della stanchezza, legata alla risposta citochinica. Le citochine che vengono ‘sparate’ per l’infiammazione lanciano messaggi che ci tengono fermi, danno un segnale con l’intento di tenerci a riposo per recuperare salute. Ed evitare di fare il gioco del virus”. Non è facile, riflette il virologo, “dire in quanti finiscono nella morsa della ‘long flu’. Non c’è una casistica sistematica. Mentre sul long Covid le varie stime ci indicano che prima erano molti di più e adesso potrebbe essere circa il 20%” ad andare incontro a postumi.
Il messaggio che emerge dagli studi è, comunque, chiaro: “Teniamo in conto che anche l’influenza non è una malattia banale e non passa in pochi giorni – conclude Pregliasco – che per i fragili può essere un rischio ma anche un giovane deve conservare un periodo di buonsenso e di riduzione delle prestazioni. La Long flu infatti è trasversale: anche i giovani devono stare attenti agli strascichi e curarsi bene con un’automedicazione responsabile. L’approccio è per esempio l’uso di antinfiammatori, ma non per azzerare i sintomi, perché questo fa il gioco del virus”.