Interventi in 3D nuova frontiera per la chirurgia della retina

Terapia genica, cellule staminali e innovazione tecnologica sono le armi a disposizione degli esperti in campo oftalmologico contro le patologie dell’occhio. E’ quanto emerso in occasione dell’ultimo Congresso della Società italiana della retina. “Grazie a nuovi schermi tridimensionali che utilizzano una digitalizzazione dell’immagine dell’occhio, la chirurgia della retina è diventata finalmente hi-tech. Con le immagini in 3D oggi è più facile effettuare vitrectomie perfette, fare cose che prima erano molto difficili con un margine di errore ormai ridotto. Questo sistema tridimensionale ci porterà a poter fare a meno del microscopio in sala operatoria sostituendolo con delle telecamere. Tutto poi può essere registrato, rivisto, analizzato. Non solo, questa metodica ci permette di poter fare delle terapie iniettive mirate e personalizzate perché la tecnologia è molto più precisa rispetto a pochi anni fa”.  

Così Cesare Mariotti, presidente della Società italiana della retina, nel suo intervento in occasione del Congresso nazionale Sir che si è svolto a Venezia dal 1 al 2 luglio. Obiettivo della due giorni: fare il punto su screening, fattori di rischio, diagnosi differenziali, tecniche chirurgiche e nuovi farmaci per le patologie che colpiscono la retina, in particolare la retinopatia diabetica e la degenerazione maculare dovuta all’invecchiamento.  

“Per quanto riguarda la chirurgia della degenerazione maculare legata all’età – sostiene Mariotti, anche direttore della Clinica oculistica dell’Università Politecnica delle Marche, Aou Ospedali Riuniti di Ancona – ad oggi abbiamo a disposizione molteplici terapie già collaudate e sicuramente si sta delineando una promettente terapia genica endovitriale, che utilizza un virus adeno-associato (Aav) come veicolo per trasferire geni a cellule specifiche. Si tratta di un trattamento che rappresenta un grosso miglioramento della qualità di vita per chi soffre di questa malattia, ovvero il 50% della popolazione over 65. Così come è fondamentale la chirurgia delle grosse emorragie. La degenerazione maculare produce una grossa emorragia sottoretinica. Grazie alle nuove metodiche possiamo sciogliere l’emorragia con una particolare sostanza e continuare la nostra terapia con le iniezioni, oppure tagliare la retina per eliminare il grosso coagulo di sangue. Molto importante il trapianto di cellule staminali così come lo è il trapianto autologo di coroide. Quest’ultimo è un intervento complesso che consiste nel trapianto di un lembo di coroide prelevato dalla periferia dello stesso occhio e posizionato al centro della retina, in modo da ripristinare l’apporto metabolico alla macula”. 

Della degenerazione maculare ne esistono due tipi, ‘secca’ e ‘umida’, entrambe legate all’invecchiamento dell’occhio. Quella umida si caratterizza soprattutto per la formazione anomala di nuovi vasi sanguigni che danneggiano le cellule della retina. “La buona notizia per i pazienti affetti da degenerazione maculare umida – tiene a precisare il presidente della Sir – è che possiamo contare su una classe di farmaci inibitori di Vegf (Vascular endothelial growth factor) che inibiscono la formazione dei vasi sanguigni anomali e impediscono la perdita della vista, con una buona percentuale di successo. Per quanto riguarda la degenerazione maculare di tipo secco ci sono farmaci ancora oggetto di studio, ma su questo fronte stiamo ancora lavorando. Una cosa è certa: i pazienti con degenerazione maculare legata all’età costretti all’intervento chirurgico sono pochi, meno del 10%, perché fortunatamente riusciamo a trattarli con le terapie farmacologiche”.  

Per i pazienti affetti da retinopatia diabetica, invece, la sala operatoria rappresenta una maggiore possibilità. “Nel 30% dei casi questi pazienti, soprattutto uomini, vanno operati – spiega Mariotti, tra i primi in Italia a utilizzare tecniche all’avanguardia nella chirurgia della retina – perché togliere il vitreo ad un paziente diabetico riduce enormemente il rischio delle patologie vitro-retiniche. Ma è vero anche il contrario. Una volta tolto il vitreo, se usiamo i farmaci utilizzati per il trattamento della degenerazione maculare, noteremmo che il tempo di attività di queste terapie si riduce. Sono purtroppo meno efficaci proprio perché non c’è più il vitreo. Quindi vanno valutate tutte le opzioni. Sicuramente si dovrebbe fare di tutto per evitare che il paziente diabetico arrivi in sala operatoria. Grazie al miglioramento degli esami pre-operatori, al sistema integrato tra interventi in 3D, digitalizzazioni delle immagini e Oct intraoperatorio, riusciamo a capire quando possiamo eseguire un intervento di routine, come quello per rimuovere l’edema maculare diabetico, l’accumulo di liquidi nella macula, la parte centrale della retina, e quando invece dobbiamo occuparci del distacco della retina, poiché i pazienti nel frattempo non si sono curati adeguatamente”.  

Sull’impiego di cellule staminali, Mariotti non ha dubbi: “Il loro trapianto oggi è molto richiesto, fortunatamente abbiamo i mezzi per farlo. Ma si tratta – avverte – di una chirurgia particolare, attraverso la quale le cellule staminali vengono introdotte sotto la retina con aghi specifici, quindi può eseguirla solo chi ha già una lunga esperienza di chirurgia vitroretinica”.  

La chirurgia, però, va intesa come estrema ratio, è il pensiero di Mariotti: “Deve intervenire quando le patologie si complicano con le componenti emorragiche. La politica giusta – conclude – è quella di trovare dei centri dove il paziente trovi tutte le informazioni, sin dall’inizio del suo percorso diagnostico-terapeutico. Il nostro obiettivo, infatti, è di vedere sempre meno pazienti con retinopatia diabetica in sala operatoria. Per questo motivo è fondamentale che il diabetologo indirizzi il paziente immediatamente dall’oculista”.  

(Adnkronos)