Iss, ridurre alcol a zero in gravidanza, progetto e campagna social

(Adnkronos) – Zero alcol in gravidanza per proteggere i neonati dalla sindrome feto-alcolica, una costellazione di 400 disturbi che causano disabilità più o meno gravi destinate ad accompagnare i nascituri per tutta la vita. Problemi “prevenibili al 100% evitando di bere” in dolce attesa. “L’alcol in gravidanza va completamente evitato”, ammonisce l’Istituto superiore di sanità in occasione della Giornata mondiale della lotta alla sindrome feto-alcolica e disturbi correlati in calendario lunedì 9 settembre, “eppure una percentuale significativa di future mamme continua a bere anche durante la gestazione”. Per dissuaderle l’Iss lancia una campagna social con la partecipazione di diversi testimonial fra cui due giovani medici e futuri genitori. L’istituto annuncia inoltre un progetto biennale di monitoraggio, formazione e prevenzione di cui è capofila. 

Una percentuale piccola, ma pur sempre significativa di future mamme, lo 0,2%, rientra in un profilo di bevitrice cronica – riporta l’Iss sul suo sito werb – mentre quasi il 6% è bevitrice sociale: beve cioè saltuariamente durante incontri e uscite con amici e colleghi, come evidenziano gli ultimi dati del Centro nazionale Dipendenze e doping (Cndd) dell’istituto relativi al triennio 2019-2022. La campagna ‘Zero alcol in gravidanza’, con il coordinamento scientifico del Cndd, prevede informazioni e pillole video (reel) mirate a “intercettare le giovani e più in generale tutti coloro che pianificano una gravidanza, per spiegare in modo semplice che non esiste una quantità sicura di alcol nel periodo della gestazione: l’unica scelta possibile per tutelare il bambino che nascerà è non assumere alcolici. Questo vale per le future mamme – precisa l’Iss – ma anche per i futuri papà che sono un supporto importante”.  

Un messaggio veicolato dai video della direttrice del Cndd Simona Pichini e di Emanuele Scafato dell’Osservatorio Alcol dell’Iss. Claudio Diaz, presidente di Aidefad (Associazione italiana disordini da esposizione fetale ad alcol e/o droghe), racconterà la sua storia evidenziando il valore dell’associazionismo per contrastare lo stigma che rende alcune problematiche come la sindrome feto-alcolica difficili da affrontare e condividere. Infine Agata Ingala e Roberto Zizzo, coppia di ginecologi che operano in un ospedale pubblico torinese, come giovani medici associati all’Aogoi (Associazione degli ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani) e futuri mamma e papà illustreranno i danni dell’alcol al feto invitando a focalizzarsi sull’importanza di garantire al proprio bimbo un inizio di vita sano. 

Le persone con spettro dei disturbi feto-alcolici o Fasd (Fetal Alcohol Spectrum Disorders) “mostrano deficit di pensiero astratto, di organizzazione, di pianificazione, di apprendimento”, descrive l’Iss. Hanno problemi “nel ricordare sequenze di eventi, nel collegare relazioni di causa-effetto”, e “deficit di linguaggio espressivo e ricettivo, nelle abilità sociali e di consapevolezza e regolazione dei comportamenti e delle emozioni”. Una condanna per la vita. 

Accanto alla campagna social c’è il progetto scientifico ‘Salute materno-infantile: formazione degli operatori socio-sanitari ed empowerment delle giovani donne (18-24 anni) sui rischi connessi al consumo di alcol in gravidanza’, supportato dal ministero della Salute e coordinato dal Cndd e dal Servizio tecnico scientifico di coordinamento e supporto alla ricerca dell’Iss. Prende il via in occasione della giornata mondiale e si svolge in collaborazione con il Dipartimento Materno neonatale dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste, il Dipartimento Materno infantile e Scienze uroginecologiche del Policlinico Umberto I di Roma e la Uoc Neonatologia e Terapia intensiva neonatale dell’ospedale San Marco di Catania. Tre gli obiettivi: “Monitorare il consumo di alcol in gravidanza, formare gli operatori e sensibilizzare sui rischi”.  

Il progetto, illustra l’Iss, prevede una parte di laboratorio dedicata ad acquisire informazioni sul consumo di alcol in gravidanza e l’eventuale utilizzo concomitante di altre sostanze psicotrope tra le donne 18-24enni attraverso l’analisi della presenza di Etg (etilglucuronide, un metabolita specifico dell’alcol etilico) nei capelli delle gestanti e nel meconio di neonati di madri in questa fascia di età. Inoltre, per verificare l’eventuale uso concomitante di altre sostanze psicotrope, sui capelli materni e sul meconio neonatale verrà eseguito uno screening con tecniche ifenate per la ricerca delle principali sostanze d’abuso (oppiacei, cocaina, cannabinoidi, amfetamine). Si punta poi a formare efficacemente gli operatori socio sanitari, così da aumentare la possibilità di intercettare precocemente i rischi del consumo di alcol in gravidanza nelle giovani. Ci saranno corsi Fad per gli operatori sui rischi alcol-correlati, con lo scopo di fornire skill per la strutturazione di ambulatori per la diagnosi precoce di Fasd. In questo ambito, l’Iss – sottolinea l’istituto – ha maturato una specifica esperienza, realizzando negli ultimi anni dei corsi di formazione a distanza su diagnosi, trattamento e prevenzione dello spettro dei disturbi feto-alcolici che hanno permesso di formare circa 30mila operatori sul territorio nazionale. 

Ginecologi, ostetriche, neonatologi, pediatri, infermieri, psicologi, psicoterapeuti e assistenti sociali sono tra i destinatari delle attività di formazione previste dal progetto Iss. Il 9 settembre, informa l’istituto, partirà il primo corso Fad sul tema ‘Alcol e uso di sostanze in gravidanza. Lo spettro dei disordini feto-alcolici, diagnosi ed epidemiologia’. Erogato sulla piattaforma Eduiss.it, è rivolto a 5mila professionisti socio sanitari che nella loro attività professionale quotidiana sono principalmente coinvolti nella diagnosi delle problematiche alcol-correlate. A partire dal 30 ottobre saranno erogati altri 3 corsi sui temi del trattamento, della prevenzione e delle principali indicazioni per implementare l’organizzazione dell’attività ambulatoriale mirata alla diagnosi e al trattamento del Fasd. Ogni corso sarà destinato a 5mila professionisti socio sanitari ed erogato sulla piattaforma Eduiss.it. 

L’attività di sensibilizzazione è rivolta invece ai giovani studenti delle ultime classi delle scuole secondarie di secondo grado (17-19 anni), attraverso i social media e nelle scuole. Verranno infine realizzati dei poster per gli operatori sanitari e per la popolazione in generale. 

(Adnkronos)