“La degenerazione maculare dovuta all’età colpisce il 50% della popolazione sopra i 65-70 anni, ma grazie ai nuovi trattamenti farmacologici solo il 6-8% riporta una perdita visiva. Tuttavia, la malattia può fare la sua comparsa già dopo i 55 anni. Il fumo è il principale fattore di rischio perché la maculopatia colpisce i piccolissimi vasi della retina, quindi bisogna stare molto attenti”. Così Edoardo Midena, segretario generale della Società italiana della retina, in occasione del Congresso nazionale Sir che si è svolto a Venezia dal 1 al 2 luglio per fare il punto su screening, fattori di rischio e diagnosi differenziali delle patologie che colpiscono la retina, ma anche per parlare di novità dal punto di vista terapeutico e chirurgico.
“La maculopatia legata all’età è diffusa nella popolazione più anziana – afferma Midena, che è anche direttore della Scuola di specializzazione in Oftalmologia dell’Università degli Studi di Padova – ma le lesioni della retina possono fare la loro comparsa anche prima, ovvero sopra i 55 anni. Non esiste un identikit del paziente-tipo, chiunque al di sopra dei 65 anni può essere colpito dalla maculopatia legata all’invecchiamento. I sintomi si manifestano tardi, quando la malattia c’è già, e includono: riduzione della vista, distorsione delle immagini (il profilo della porta non è più dritto e le righe di un testo di un giornale o di un libro fanno ‘le onde’). In questo caso i segni della malattia, se uno guarda dentro l’occhio, ci sono da molto tempo. Inoltre, bene sapere che la maculopatia può colpire anche soggetti sani, che non sono cioè sottoposti ad altre terapie perché non hanno nessun tipo di disturbo”.
Fondamentali la visita oculistica, controlli periodici in base allo stato iniziale e screening diagnostici “per escludere che ci siano altri problemi oltre ad una maculopatia”, avverte Midena che aggiunge: “Siamo ancora in una fase in cui le foto sono importanti, ci dicono se c’è qualcosa, ma non sono sufficienti. Dobbiamo puntare di più sulla tecnologia diagnostica, specialmente in questo periodo per recuperare il tempo perso. E’ fondamentale l’utilizzo dell’Oct. Durante i vari lockdown questi pazienti, così come tutte le persone con una patologia della retina, sono rimasti ‘al buio’. Per oltre un anno, purtroppo, dal punto di vista clinico gli occhi non sono stati considerati importanti”.
Dalla degenerazione maculare si può guarire. “Se fino a 10 anni fa non si poteva fare nulla – sottolinea il segretario generale della Sir – grazie alle nuove categorie di farmaci che vengono somministrati direttamente dentro l’occhio, la malattia viene bloccata. Si tratta dei cosiddetti farmaci intravitreali sempre più efficaci e sicuri, ma che se assunti per via generale avrebbero enormi effetti collaterali sui pazienti perché sono stati inizialmente studiati e sviluppati per malattie oncologiche, non per malattie oculari. Invece, alle dosi appropriate – e già abbondantemente studiate – una volta iniettati direttamente nell’occhio sono in grado di bloccare l’evoluzione della malattia. Questi farmaci sono oggi l’arma più importante: possono essere iniettati anche una volta al mese i primi 3 mesi, poi ogni 2-3 mesi. Per il paziente una terapia a lunga durata, ma più facile da seguire”.
Dal Congresso Sir sono emerse diverse novità proprio in campo terapeutico. “Stiamo cercando di elaborare dei protocolli – conclude Midena – affinché la terapia non interferisca più di tanto nella vita delle persone. In altre parole, stiamo studiano la possibilità di effettuare un numero di iniezioni equilibrato da eseguire in strutture che permettano il trattamento e il ritorno immediato del paziente a casa. Inoltre, noi medici vogliamo essere pronti, sebbene non avremo per motivi statistici una pandemia ricorrente, per evitare quel blackout che oltre al lockdown abbiamo avuto per queste terapie”.