(Adnkronos) – Il naso perennemente chiuso, starnuti a raffica tosse e anche lacrimazione. Un quadro che fa subito pensare all’influenza vista la stagione da record, ma attenzione anche alle allergie. “Quando parliamo di allergie stagionali o, come in questo periodo, ‘pre-stagionali’, ci riferiamo più frequentemente a patologie di tipo respiratorio e cioè riniti, rinocongiuntivi, asma o ‘equivalenti asmatici’ con tosse associata a respiro sibilante, possibile affanno e ‘fame d’aria’. Si tratta di patologie che hanno indubbiamente un forte impatto sulla popolazione considerando che, secondo fonti aggiornate e accreditate, in Italia circa la metà della popolazione soffrirebbe di allergie respiratorie con un trend in aumento costante. Proprio la crescita inarrestabile di tali patologie porta a correlare il loro esponenziale incremento all’intervento di alcuni fattori ambientali che si sommano a quelli allergizzanti”. Così all’Adnkronos Salute l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di Medicina personalizzate.
Tra i fattori allergizzanti, elenca, “spiccano gli acari della polvere, più abbondantemente reperibili negli ambienti confinati tra settembre e febbraio, le spore fungine, gli epiteli animali (cani, gatti) e i pollini. I più importanti pollini allergenici provengono da piante erbacee (Graminacee, Composite, Urticacee) e da alberi (betulla, nocciolo, olivo, cipresso). C’è però un progressivo incremento di allergie verso pollini ’emergenti’ – sottolinea Minelli – un tempo considerati poco rilevanti dal punto di vista allergologico. Questo fenomeno, oltre che all’introduzione di nuove specie ‘esotiche’ per uso ornamentale in parchi e giardini, sembra essere legato anche e soprattutto ad una rapida espansione di nuove specie infestanti tra le quali, ad esempio, l’ambrosia”.
Ma il periodo delle allergie non è sempre stato la primavera? Com’è che adesso quei periodi di fioritura si sono così tanto scombinati da non farci più capire se abbiamo la nostra solita allergia oppure più semplicemente un raffreddore? “Ritorniamo per un attimo all’ambrosia – risponde l’immunologo – E’ questa una pianta originaria degli Stati Uniti, ma in veloce diffusione anche nelle regioni settentrionali dell’Europa laddove, in ragione del riscaldamento globale che porta ad un sensibile allungamento dei tempi di fioritura, il polline di questa pianta si ritiene costituirà ben presto una larga percentuale della complessiva produzione pollinica e, dunque, dei potenziali disturbi allergici. Anche la pollinazione del cipresso, originariamente considerata pre-stagionale in quanto sostanzialmente concentrata nei mesi di gennaio e febbraio, sta facendo registrare negli ultimi anni un deciso allungamento che sembra spingersi fino a primavera inoltrata, con conseguente incremento numerico dei pazienti che al polline di queste piante arboree si vanno sensibilizzando”.
“Un ulteriore elemento in grado di esercitare un’importante azione di potenziamento sulla fenomenologia allergica – prosegue Minelli – è certamente rappresentato dall’inquinamento atmosferico che, insieme ai cambiamenti climatici, può potenziare l’azione allergizzante ed infiammatoria dei granuli pollinici. Accade così che, per esempio, il polline della betulla solitamente presente in atmosfera tra marzo e giugno, esposto ad elevati livelli di inquinanti in aree industrializzate, sia molto più aggressivo dello stesso polline originatosi in zone rurali potendo con più facilità indurre fenomenologia orticarica e respiratoria. E’ ben nota, d’altro canto, l’associazione tra esposizione ad inquinanti ambientali e aumentata incidenza di asma bronchiale”.
E allora, considerando queste anomalie che creano confusione, se in questi mesi io mi prendo un raffreddore, dovrò curarmi con l’antistaminico e con un po’ di cortisone, o posso più banalmente prendere una Tachipirina? Per l’immunologo “la domanda è più che pertinente e merita una risposta precisa che fornirò attraverso una elencazione dei sintomi più caratteristici delle due diverse condizioni patologiche”.
I sintomi nasali nel raffreddore, spiega Minelli, sono “naso chiuso spesso associato a mal di gola; produzione di muco verde o giallastro che potrà essere eliminato attraverso la bocca o il naso; starnuti potenti, ma generalmente non in sequenza ravvicinata”. I sintomi nasali nell’allergia sono invece “prurito nasale che generalmente coinvolge anche gli occhi; secrezione di un liquido talmente tanto chiaro da essere classicamente definito ‘acqua di roccia’; starnuti a raffica, stizzosi e rapidamente consecutivi; pizzicore alla gola; ‘saluto allergico’ frequente nei bambini che, per attutire il prurito fastidioso, si toccano il naso strofinandolo con la mano dal basso verso l’alto”.
Febbre. “Nel caso del raffreddore – evidenzia l’immunolgo – può essere alta in ragione dell’infezione virale che sottende a tale condizione patologica, e può associarsi a dolori muscolari con sensazione di ossa rotte. Nell’allergia, ove si escludano le episodiche manifestazioni classicamente primaverili della cosiddetta ‘febbre da fieno’, con lievi innalzamenti termici per lo più legati a massive esposizioni a pollini di graminacee, la febbre non si manifesta, né si riscontrano coinvolgimenti del distretto muscolo-scheletrico”.
Tosse. “Nel raffreddore – chiarisce Minelli – può associarsi all’espettorazione di un escreato denso e tendenzialmente giallastro. Mentre nell’allergia generalmente è secca e può associarsi ad affanno, respiro sibilante, laringospasmo e fino al broncospasmo tipico dell’asma; nell’allergico la tosse può insorgere anche quando il paziente corre o fa le scale o ride”.
Durata. “In caso di raffreddore – puntualizza lo specialista – la sintomatologia si attenua progressivamente nell’arco temporale di qualche giorno, in genere spegnendosi completamente dopo una settimana. In caso di allergia, il quadro sintomatologico persiste fino a quando dura il tempo di esposizione agli antigeni sensibilizzanti dispersi nell’ambiente. Nel caso di allergia al cipresso, presente in questi giorni, il raffreddore e la congiuntivite potrebbero durare fino alla fine di febbraio, periodo nel quale è previsto il termine della fioritura degli alberi appartenenti al genere delle Cupressacee”. Ma per la terapia? “Mai in autonomia o con i consigli sui social”, ammonisce Minelli. “Di fronte ad un sospetto si deve sentire il medico o magari un allergologo che saprà suggerire il percorso diagnostico e terapeutico più adeguato, sicuro ed efficace”.