Ricerca, Eugenia e Olga dall’estero a Milano: “Ragazze inseguite i sogni di scienza”

(Adnkronos) – Eugenia Haddad fin da quando aveva 12 anni ha “sempre sognato di diventare pediatra”, voleva curare e aiutare le persone. Tanto che poi da studentessa si è “prestata come soccorritore certificato all’ospedale Northwestern di Chicago”. Tuttavia, dice, “era difficile per me vedere il dolore degli altri”. Oggi, all’età di 30 anni, le persone le aiuta con la ricerca. E’ scienziata. Nata in Libano, cresciuta negli Usa dove si è spostata da bambina, adesso vive e lavora in Italia. Anche Olga Blazevits, 39 anni, originaria dell’Estonia, sognava di diventare un medico da bambina. “Nella mia famiglia mio padre aveva la sclerosi multipla – spiega con pudore – all’epoca la medicina non era così avanzata. Fin da piccola ricordo che leggevamo articoli scientifici cercando una cura possibile, un trattamento. ‘Cosa potrei fare io?’, mi chiedevo. E ho capito che volevo aiutare le persone ad essere sane”. Oggi fa proprio questo, a Milano. Non è medico, ma ricercatrice. In Italia ha trovato la sua dimensione scientifica, ma anche l’amore.  

Eugenia e Olga sono scienziate con la valigia, globetrotter per amore della ricerca. L’Adnkronos Salute ha raccolto le loro storie. Nate all’estero, hanno viaggiato, accumulato esperienze e sono approdate all’Ifom, l’Istituto di oncologia molecolare di Fondazione Airc, nel capoluogo lombardo. Oggi si raccontano, in vista della giornata che le Nazioni Unite dedicano alle donne e ragazze nella scienza (il Women & Girls in Science Day, 11 febbraio). Nel ‘melting pot’ dell’Ifom ci sono una trentina di ricercatrici – il 24% del totale delle ricercatrici dell’istituto – che hanno scelto questi laboratori, Milano e l’Italia per coronare i loro sogni. Cinque vengono dal Libano, alcune dal Giappone e poi Francia, Estonia, Cina, Ucraina, India, Nuova Zelanda, Sri Lanka, Usa, Turchia. Alcune provengono da realtà difficili, altre da Paesi molto competitivi. Tutte descrivono i loro percorsi come fatti di sacrifici e soddisfazioni allo stesso tempo. E alle giovani donne che devono iscriversi all’università e che vogliono intraprendere un percorso nelle discipline Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) dicono di non temere di “seguire la strada che le appassiona”, riassume Olga. 

“Scegliete ciò che chi rende felici studiare, lavorate e agite ogni mattina per questo”, esorta la ricercatrice estone. “Chiedetevi in cosa voglio fare la differenza e come la farò – suggerisce Eugenia, detta Jenny – Non abbiate paura di correre rischi calcolati e di mantenere la vostra posizione quando si tratta delle vostre convinzioni, indipendentemente da quanti dubitano di voi. Infine, siate aperti a diverse opportunità, costruite la fiducia in voi stessi e rimanete umili”. All’Ifom c’è chi è alla sua prima esperienza fuori dal Paese, chi è arrivato qui con la famiglia, chi ha trovato nella ‘community’ dell’istituto una seconda famiglia.  

L’Ifom ha istituito un Servizio di accoglienza amministrativo, interculturale e linguistico internazionale rivolto ai ricercatori stranieri, mirato a supportarli nelle fasi critiche in cui devono affrontare le procedure burocratiche previste per fare ricerca e vivere in Italia. Chi arriva in un Paese nuovo si trova catapultato in un sistema e in una cultura talvolta molto diversi da quelli di origine. Il Servizio è gestito da un ufficio ad hoc, il ‘Welcome Office’, primo punto di riferimento per questi ricercatori e le loro famiglie, fin da prima del loro arrivo. Segue pratiche che vanno dai nulla osta ai visti, li supporta anche nell’iscrizione al Servizio sanitario nazionale, l’apertura del conto, la ricerca della prima sistemazione, l’iscrizione di eventuali bambini a scuola. Olga si è sentita a casa qui, dice. Laureata in Ingegneria genetica all’Università di Tecnologia di Tallinn, matura l’idea di voler fare il dottorato all’estero e si trova a un bivio: Svezia o Italia. Vince Firenze. “Ero molto giovane, avevo 24 anni e ovviamente non è facile alla prima esperienza all’estero, e non parlavo neanche italiano”, ricorda. Olga lascia di nuovo l’Italia solo per il postdoc che la porta di nuovo a Nord, fino in Finlandia. Ma poi qualcosa la spinge di nuovo verso il nostro Paese.  

Destinazione Genova, dove avrà un assaggio del suo futuro. Per una combinazione, nel 2017 durante un seminario vede dal vivo Valter Longo, scienziato della longevità e papà della ‘dieta mima digiuno’. “Sono rimasta colpita”, racconta. E oggi lavora proprio con lui. “Bisogna avere sempre chiaro il proprio sogno, avere passione e andare avanti – spiega – Questo percorso è molto difficile e complesso e a volte ti fa venire dubbi. Ti chiedi se è giusto quello che stai facendo. Ma bisogna andare avanti e trovare la propria via”. Per una ragazza è più difficile? “Magari sono stata fortunata, ma io non ho avuto problemi o ostacoli come donna scienziato”, risponde Olga. A Milano si è sentita accolta. “E’ qui che mio marito mi ha fatto la proposta di matrimonio”, sorride. Un amore fulminante: si conoscono a fine 2020 e dopo 6 mesi decidono di sposarsi. Matrimonio celebrato nel 2022.  

“E ora la città è diventata la nostra casa in Italia. Adoro l’arte e la vivace scena culturale di Milano. Tuttavia – riflette – come ricercatrice in oncologia molecolare, non posso ignorare le preoccupazioni legate alla qualità dell’aria a Milano, fattore rilevante nella prevenzione del cancro”. Olga è poliedrica, il suo tempo libero lo dedica alla pittura, alla lettura, ultimamente persino allo studio del mandarino. “Il mio lavoro nel laboratorio della longevità e del cancro ovviamente influenza la mia vita quotidiana, applicando le conoscenze scientifiche a scelte salutari. Promuovo uno stile di vita sano, comprendendo l’importanza della nutrizione, dell’attività fisica e della qualità del sonno nella prevenzione del cancro. Ho introdotto la mia famiglia in Estonia all’uso dell’olio d’oliva”, sorride di nuovo.  

Eugenia, dopo aver studiato Scienze biologiche all’Università dell’Illinois a Chicago e conseguito il master in Genomica e salute all’Università Libanese di Beirut, è stata a Montpellier, in Francia, per uno stage. Poi tappa in Italia, racconta. “Ho imparato la lingua durante il lockdown Covid, il Welcome Office dell’Ifom forniva lezioni online per gli stranieri. E’ stata dura, ma ciò che mi ha tenuto in piedi è l’ospitalità e il sostegno italiano. Di Milano apprezzo la vita cittadina, amo sorseggiare un Aperol Spritz su un rooftop al tramonto”. La metropoli “mi ha permesso di costruire un nuovo hobby che combina arte e moda, e che uso per staccare un po’ dal mondo della scienza e rilassarmi. E mi sono resa conto che mi ha aiutato a diventare più creativa come scienziata dell’apprendimento”. La mia ricerca? E’ relativa ai cambiamenti nella struttura del Dna e alle diverse proteine che contribuiscono a queste dinamiche che possono portare a molte malattie”. All’inizio, ripercorre, “è stato difficile per me adattarmi. Ho dovuto affrontare molte differenze culturali, lavorando in un gruppo di ricerca in cui molti di noi provengono da contesti culturali diversi, dall’India all’Irlanda. Tuttavia, dopo 4 anni, vedo questo come un aspetto positivo”. 

(Adnkronos)