Ricerca, in gravidanza stress e smog influiscono su salute bebè, studio Pavia

(Adnkronos) – Nuova luce sugli effetti combinati dello stress materno e dell’esposizione in gravidanza alle particelle fini nell’aria sul livello di metilazione del Dna dei neonati e sulle successive conseguenze dello sviluppo. Ad accendere i riflettori su questi legami pericolosi è uno studio del Dipartimento di scienze del sistema nervoso e del comportamento dell’Università di Pavia e del Developmental psychobiology lab della Fondazione Mondino.  

Lo studio ha approfondito la complessa relazione tra lo stress materno prenatale causato dalla pandemia Covid-19 e l’esposizione alle particelle fini con un diametro aerodinamico inferiore a 2,5 micrometri (Pm2.5), con l’obiettivo di scoprire l’eventuale influenza interattiva di questi fattori sulla regolazione del gene del trasportatore della serotonina (SLC6A4) e sulle implicazioni per il benessere infantile. Ebbene: la ricerca ha riscontrato livelli più elevati di metilazione del Dna in regioni specifiche del gene SLC6A4 nei neonati nati da madri che hanno segnalato livelli elevati di stress legato alla pandemia prenatale e maggiore esposizione a Pm2.5 durante la gestazione. Gli effetti sono stati particolarmente evidenti – riferisce una nota – quando l’esposizione a Pm2.5 elevato è avvenuta durante il secondo trimestre di gravidanza. Questo suggerisce una possibile finestra temporale sensibile per gli impatti sullo sviluppo legati allo stress e alle esposizioni ambientali. 

“I nostri risultati – commenta Livio Provenzi, coordinatore del Developmental Psychobiology Lab e autore principale dello studio – sottolineano l’importanza di comprendere come i fattori ambientali, quale l’inquinamento atmosferico, interagiscano con gli eventi stressanti materni per influenzare lo sviluppo dei neonati. Questa ricerca mette in evidenza un periodo critico durante la gravidanza durante il quale gli effetti combinati dello stress e dell’esposizione all’inquinamento atmosferico dovrebbero essere attenzionati”. “La scoperta che il secondo trimestre di gravidanza possa essere un momento sensibile per questi effetti ci offre un’importante prospettiva per interventi futuri”, aggiunge Sarah Nazzari del Dipartimento di scienze del sistema nervoso e del comportamento di UniPv. 

(Adnkronos)