Roche, nuovi dati su terapie per emofilia A e linfomi

Risultati positivi per due studi clinici sul trattamento dell’emofilia A e del Linfoma diffuso a grandi cellule B precedentemente non trattato (Dlbcl) sono stati presentati da Roche, in occasione del 63° congresso dell’American Society of Hematology (Ash), appena concluso. I dati dell’analisi ad interim dello studio di fase III ‘Haven 6’ indicano che emicizumab ha un profilo di sicurezza favorevole in pazienti con emofilia A lieve o moderata senza inibitori del fattore VIII. Emicizumab ha inoltre permesso di ottenere un controllo clinicamente significativo dei sanguinamenti: l’80,3% dei partecipanti allo studio non ha manifestato episodi di sanguinamento che hanno necessitato di trattamento, mentre il 90,1% non ha manifestato sanguinamenti articolari che hanno necessitato di trattamento. Nessun nuovo elemento da segnalare in merito alla sicurezza. 

“Siamo lieti di constatare che emicizumab continua a dimostrare benefici in altre popolazioni con emofilia A, indipendentemente dalla gravità della malattia”, ha dichiarato Levi Garraway, Chief medical officer e Head of Global product development di Roche. “Le evidenze cliniche relative a emicizumab provengono da uno dei più ampi programmi registrativi di sperimentazione clinica sull’emofilia A con e senza inibitori del fattore VIII. Ribadiamo il nostro impegno a collaborare con la comunità dell’emofilia al fine di approfondire l’efficacia e la sicurezza di emicizumab in popolazioni più ampie”. 

Nell’area dell’onco-ematologia Roche ha presentato, inoltre, tra i late-breaking abstract – e simultaneamente pubblicati sul Nejm – i risultati dello studio di fase 3 ‘Polarix’ sulla combinazione di polatuzumab vedotin con il regime immuno-chemioterapico R-Chp. Il primo trattamento in più di 20 anni a dimostrare significativi benefici clinici addizionali rispetto all’attuale standard di terapia – con una riduzione del rischio di progressione della patologia o morte del 27% – in pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (Dlbcl) precedentemente non trattati, trasformando potenzialmente la prognosi della patologia.  

“Circa il 40% dei pazienti con questo linfoma aggressivo sperimenta una recidiva o mostra refrattarietà al trattamento di prima linea e, a quel punto, deve affrontare una prognosi infausta, con opzioni di cura limitate. Il bisogno ancora insoddisfatto è quindi ancora elevato”, ha sottolineato ancora Garraway. “Con questo regime, avremo la possibilità di cambiare il decorso della malattia per le persone affette da Dlbcl, per cui stiamo collaborando con le autorità sanitarie di tutto il mondo per rendere disponibile questa importante nuova opzione di trattamento il prima possibile”, ha concluso. 

E ancora: al congresso (Ash) sono stati presentati per la prima volta dati che dimostrano come mosunetuzumab sia in grado – in pazienti con linfoma follicolare recidivante/refrattario, una forma di linfoma non-Hodgkin indolente ma soggetta a plurime recidive – di indurre tassi di remissione completa elevati e risposte durature nel tempo. In particolare, lo studio registrativo di fase I/II ‘Go29781’ ha dimostrato che la molecola induce risposte complete e durature che vengono mantenute per almeno 18 mesi in pazienti pesantemente pretrattati che hanno ricevuto almeno due precedenti trattamenti sistemici. Con un tasso di risposta completa pari al 60%, la durata di risposta mediana è di 22.8 mesi; la progression-free survival mediana è risultata essere di 17.9 mesi, mentre l’evento avverso più frequente era la sindrome da rilascio citochinico che è stata di grado lieve o moderato nella maggior parte dei casi. 

(Adnkronos)