Salute: disturbi sonno nei bimbi sottovalutati, in aumento dopo Covid

(Adnkronos) – Disturbi dell’attenzione, lentezza, ma anche complicanze cardiovascolari, sull’accrescimento, sul metabolismo e sullo sviluppo neuro-cognitivo. Sono queste le possibili conseguenze dei disturbi respiratori del sonno, se non precocemente diagnosticati e adeguatamente trattati. Conseguenze che possono persistere anche in età adulta, come testimoniano recenti evidenze scientifiche. Eppure, nonostante le importanti ricadute sulla qualità della vita del bambino e della sua famiglia, i disturbi del sonno sono un problema sottovalutato e spesso non riconosciuto. Sul tema si confrontano gli esperti al Congresso nazionale Simri, la Società italiana malattie respiratorie infantili, che si chiude oggi a Roma, lanciando una campagna per sensibilizzare pediatri e genitori, basata su materiali realizzati in italiano e inglese (un opuscolo, un calendario da scrivania e una ‘mappa’ per i ragazzi), con un linguaggio semplice e indicazioni chiare.  

I disturbi respiratori del sonno sono un insieme di patologie non rare e sono in aumento dopo il Covid. Si parla di russamento abituale, se presente più di 3 notti a settimana per almeno 2 mesi, di ipoventilazione ostruttiva se il russamento è associato ad aumento dell’anidride carbonica (ipercapnia), mentre la sindrome delle aumentate resistenze delle vie aeree superiori, meglio nota come Uars, si associa alla presenza di ripetuti pseudo-risvegli nel sonno, legati allo sforzo respiratorio senza apnee. La forma più grave è la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno o Osa caratterizzata da sforzo respiratorio, ricorrenti di ostruzione completa o parziale delle vie aeree superiori, associate ad una riduzione intermittente dell’ossigenazione nel sonno. 

Il russamento abituale – il disturbo più diffuso e sottovalutato in quanto può dare luogo a problemi dell’attenzione – è presente nel 12% dei bambini in età prescolare. L’Osa ha una prevalenza nei bambini che varia dal 2 al 5,7%, con un picco massimo tra il secondo e il sesto anno di vita. Ma dati preliminari presentati al congresso Simri e raccolti dal Centro del sonno dell’Università dell’Insubria di Varese, su 1.400 bambini con sospetti disturbi respiratori del sonno, documentano un aumento significativo dei casi di Osa, passate nel campione studiato dal 48, 7% pre- pandemico al 74,4% post-pandemico, con un incremento significativo delle apnee gravi passate dall’8,6% pre pandemico al 13,9% post pandemico, aumento presumibilmente legato al picco di infezioni che hanno seguito il periodo di lockdown, in età pediatrica la causa principale è l’ipertrofia adeno-tonsillare. Questa, infatti, si può sviluppare a seguito di una risposta infiammatoria inadeguata a livello di tonsille-adenoidi in corso di alcune infezioni virali. 

“Le conseguenze di tali disturbi possono persistere anche in età adulta”, spiega Luana Nosetti, responsabile del Gruppo di Studio sul sonno della Simri. “Un recente follow-up ha dimostrato che gli adulti con una storia di grave Osa infantile, rivalutati a 20 anni di distanza, presentavano un alto rischio di russare, un elevato indice di massa corporea e un rendimento scolastico inferiore. I bambini con Osa grave possono essere maggiormente a rischio di malattie croniche più avanti nella vita”. 

Difficili da diagnosticare perché di giorno non si vedono. Fondamentale la diagnosi precoce, ma spesso questo non avviene. Dalla comparsa dei primi sintomi occorrono circa da 16 a 19 mesi per fare una diagnosi, secondo dati presentati al congresso Simri eseguiti sempre presso il Centro del sonno dell’Università dell’Insubria di Varese.  

“Il medico spesso si trova in difficoltà a identificare nel bambino i sintomi di queste patologie tipicamente associate al sonno, che nelle ore diurne, non si presentano con la sintomatologia tipica delle ore notturne. I genitori spesso si sentono perciò incompresi quando segnalano che il proprio figlio nel sonno ha un respiro rumoroso seguito da pause prolungate e hanno la sensazione che stia per soffocare”, aggiunge Nosetti. 

“Un utile consiglio per i genitori è fare un piccolo video ai propri figli, che, pur non consentendo di fare una diagnosi, può dare al medico il sospetto che un bambino ha questo disturbo”, prosegue Nosetti. Esistono poi sintomi a cui mamma e papà devono prestare attenzione, che si possono suddividere in diurni e notturni. I sintomi diurni sono rappresentati da respiro con la bocca, irritabilità, ridotto rendimento scolastico, difficoltà di risveglio al mattino, sonnolenza (tipica dell’età adolescenziale), cefalea mattutina, ostruzione nasale cronica.  

I sintomi notturni sono: russamento, apnee, sforzo respiratorio nel sonno, sudorazione profusa, scolo di saliva sul cuscino, anomale posizioni assunte nel sonno per vincere le resistenze a livello di vie aeree superiori, rifiuto di andare a letto, paure e agitazione notturna. In alcuni casi si possono associare anche a bruxismo, enuresi notturna e sonnambulismo. 

Le cause, in età pediatrica, possono essere diverse, la più frequente è l’ipertrofia adeno-tonsillare, ma vi sono anche altri fattori di rischio come l’obesità, la presenza di anomalie conformazionali del massiccio facciale o genetiche. Il trattamento può essere farmacologico, chirurgico (il più comune è l’adenotonsillectomia), dietetico, e nelle forme più gravi la ventilazione non invasiva. La gestione di questi pazienti, oltre al ruolo fondamentale del pediatra di famiglia, presuppone spesso un approccio multidisciplinare che coinvolge più specialisti. 

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