(Adnkronos) – A distanza di sette anni dall’approvazione della Legge 24/2017, nota come Gelli-Bianco, a cui si deve il merito di avere impresso una fondamentale svolta riformista alla materia della responsabilità sanitaria in Italia, il primo marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’atteso decreto attuativo previsto dall’articolo 10 comma 6 della Legge Gelli-Bianco. Di questo e del futuro della Legge 24 si parlerà durante il Convegno che si terrà domani, martedì 14 maggio, alle 15.00, a Roma, nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto alla presenza della vicepresidente della Camera, Anna Ascani, del ministro della Salute Orazio Schillaci, del presidente dell’Istituto superiore di sanità, Rocco Bellantone e del direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan. Con questo convegno – si legge in una nota – la Fondazione Italia in Salute intende portare avanti il confronto con le istituzioni e creare uno spazio di approfondimento con i tanti soggetti coinvolti nel dibattito.
Il decreto recentemente pubblicato – spiega la Fondazione – è un fondamentale tassello mancante alla piena attuazione della legge 24 la quale, nel disciplinare ex novo la materia della sicurezza delle cure e della responsabilità sanitaria, ha introdotto, tra le novità caratterizzanti la riforma, proprio l’obbligo di coprire i rischi correlati all’esercizio delle professioni e delle attività sanitarie. La previsione di una copertura assicurativa della responsabilità sanitaria sancisce, infatti, almeno in linea teorica, la definitiva messa in sicurezza del sistema del rischio clinico, così come disegnato dalla legge di riforma e connotato dalla sua duplice vocazione protettiva: dei potenziali responsabili, da un lato e, dei pazienti, dall’altro. Tutelare il personale sanitario significa garantire migliori cure ai cittadini.
Il ‘Regolamento attuativo’ all’ articolo 2 definisce i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, le condizioni generali di operatività delle cosiddette ‘analoghe misure’ di assunzione diretta del rischio, le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un’impresa di assicurazione nonché la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati, in attuazione appunto dell’articolo 10, comma 6, della legge 8 marzo 2017, n. 24.
“Così come la Legge 24/2017 non è solo una legge sulla responsabilità sanitaria, il decreto 232/2023 non è solo un decreto assicurativo – afferma Maurizio Hazan, avvocato e presidente della Fondazione Italia in Salute – Entrambi si muovono sull’intera filiera del rischio ‘utile’ sanitario dalla sua ricognizione, alla sua prevenzione, alla miglior gestione dello stesso, all’incentivazione della presa in carico responsabile di rischi calcolati, alla loro neutralizzazione ed ai rimedi in caso di eventi avversi, che nonostante le precauzioni, inevitabilmente si verificano.
La Legge 24 ha indicato la via per passare dal concetto di responsabilità sanitaria a quello di sanità responsabile questo perché la “responsabilità sanitaria” crea costi, umani ed economici. La sanità responsabile li riduce riportando in asse l’alleanza terapeutica e potenzia un sistema basato sulla prevenzione. Il Dm 232/2023, sempre nella logica del ‘meglio prevenire che curare’, impone l’adozione di processi di governo in continuo del rischio clinico e la costituzione di fondi per la copertura dei rischi e dei costi relativi ai sinistri già denunciati definendo ancora meglio la strada tracciata dalla legge 24.
“Nel 2017 la legge Gelli nacque dalla forte necessità di garantire in primis la sicurezza delle cure per il paziente – osserva Federico Gelli direttore Sanità, welfare e coesione sociale della Regione Toscana – ma anche di porre un rimedio a due problematiche: l’enormità di contenziosi legali che ingolfavano i tribunali italiani, c’erano circa 30 mila cause ogni anno, e l’uso e abuso della medicina difensiva. I professionisti, chiamati a rispondere in prima persona, si difendevano con esami e richieste superflue, aumentando di molti miliardi di euro i costi del sistema sanitario pubblico. La norma – continua – ha segnato una svolta importante in termini di deflazione del contenzioso come confermano i dati pubblicati nel 2023 da Eurispes a seguito di una ricerca svolta insieme alla XIII Sezione del Tribunale di Roma. Vedo un passaggio importante anche nella recente riforma del Codice Penale che prevede che il professionista risponda solo per colpa grave. Per il futuro – conclude Gelli – sarei favorevole all’istituzione di un fondo di sanità pubblica, su modello francese, per risarcire i pazienti quando non ci sono responsabilità accertate da parte di professionisti e strutture sanitarie”.