(Adnkronos) – A fine dicembre 2023 i sindacati dei medici e degli infermieri hanno scioperato due volte per rivendicare un’azione di sostegno alla sanità pubblica. A giugno era stata la Cgil a scendere in piazza. Le liste d’attesa per esami e visite e i pronto soccorso rimangono un problema in tante regioni. Come si difende il diritto alla salute e l’attuazione dell’articolo 32 della Costituzione? “Serve una mobilitazione di popolo. Il Governo sta ridisegnando attraverso più provvedimenti il senso dello stesso articolo 32, la sanità non è già da tempo universale e sempre meno pubblica. Mantenimento dei tetti di spesa su personale e tetti al salario accessorio, mancata attuazione della riforma dell’assistenza territoriale e privatizzazione del Ssn, mancata attuazione del Dm 77 e incremento delle convenzioni ed esternalizzazioni, incentivazione del ricorso alle prestazioni a pagamento dentro e fuori il Ssn, danno la dimensione del disinvestimento del Governo nel Ssn e nella giusta valorizzazione degli operatori”. Così Serena Sorrentino segretaria generale della Funzione Pubblica Cgil, in un’intervista all’Adnkronos Salute sulla presente e futuro della sanità pubblica e dei suoi lavoratori.
La segretaria generale entra nel merito. “L’idea che le ‘farmacie dei servizi’ e le ‘aggregazioni funzionali territoriali’ della medicina generale e gli studi dei medici convenzionati della medicina generale e specialisti diventino il sostituto delle case di comunità non risponde a quella esigenza di integrazione, universalità e modelli organizzativi basati su équipe multidisciplinari che è la vera riforma territoriale che i cittadini e gli operatori auspicano – ricorda Sorrentino – Il ministro Schillaci continua a rilasciare interviste in cui afferma di voler portare a termine la riforma contenuta nel Pnrr ma poi negli atti normativi, a partire dalla legge di bilancio, e nella rimodulazione dello stesso Pnrr dimostra di andare in direzione opposta e contraria. Tra i due modelli c’è una differenza di fondo: uno è orientato alla presa in carico del cittadino e nella cura durante tutto l’arco della vita, l’altro è orientato alla moltiplicazione dei centri di erogazione delle prestazioni”.
Dal 2020 al 2022 la sanità è stata la priorità per i governi che si sono succeduti, con la fine della pandemia è tornata ad essere un ‘problema’ delle Regioni. Con l’autonomia differenziata c’è il rischio che il divario Nord-Sud si amplifichi? Il ‘biglietto’ per i viaggi della speranza per curarsi tanti non possono permetterselo. Perché l’Italia non riesce seriamente in una serie riforma sanitaria? “La sanità rappresenta due terzi dei bilanci delle Regioni, attorno alla salute ruotano interessi notevoli che vanno dalle nomine dei dirigenti (nonostante le norme che dovrebbero garantire separazione tra indirizzo politico e gestione) agli appalti, al mercato delle prestazioni destinate ai gestori privati – rimarca Sorrentino – Più il Ssn viene definanziato e smembrato, penso allo svuotamento dei dipartimenti, del territorio, alla mancata riforma delle cure primarie e della rete delle cronicità, più questo spazio pubblico che si riduce viene riempito da due fenomeni crescenti e contrapposti che allargano la forbice delle disuguaglianze: la rinuncia alla cura, il rivolgersi al mercato privato”
Dieci nodi da sciogliere per la sanità pubblica. ”
Primo nodo da sciogliere il ruolo della medicina convenzionata, il secondo la programmazione dell’offerta formativa, terzo quello relativo alla valorizzazione del personale sia in termini assunzionali che di adeguamento delle retribuzione, quarto – osserva Sorrentino – non considerare i Lea come la soglia massima di garanzia a cui tendere ma il livello minimo da assicurare, quinto standard di qualità, appropriatezza e personale dovrebbero valere per pubblico e privato convenzionato con il vincolo della parità retributiva per contrastare distorsioni (come i gettonisti e il dumping contrattuale), sesto riabilitare la medicina di iniziativa come il centro della presa in carico investendo il doppio delle risorse in prevenzione (oggi molto al di sotto del 5% previsto dagli standards europei)”.
“Settimo cambiare il meccanismo di finanziamento del sistema salute non più facendo riferimento alla spesa in base al Pil (indicatore utile ma non sufficiente) ma agli esiti di salute attesi in base alla programmazione del Patto per la salute e dai Piani sanitari regionali rendendo l’epidemiologia e i profili di comunità strumenti alla base della valutazione di impatto della programmazione sanitaria, ottavo – prosegue la sindacalista – tenere insieme gli investimenti nella ricerca sanitaria pubblica con lo sviluppo di un sistema di produzione di farmaci e tecnologie biomedicali pubbliche mettendo a valore anche ciò che già esiste nel campo protesico e riabilitativo come il centro di Budrio Inail, nono integrare nel sistema delle cure di base e di comunità il benessere psicologico recuperando l’esperienza della presenza di supporti specialistici nel sistema di istruzione, nei consultori familiari, potenziando e capillarizzando l’esperienza dipartimentale sulla salute mentale, decimo investendo nei dipartimenti di prevenzione in raccordo con i sistemi di vigilanza sul fronte della salute, della sicurezza, dell’igiene pubblica”.
“Se la persona non torna al centro della cura, la sanità continuerà a ruotare attorno alle prestazioni che non è detto che tutelino la salute ma troppo spesso solo gli interessi speculativi”.
Il precariato nella sanità. “Il nostro sistema è rigido e respingente alle innovazioni ma incontriamo tanti giovani operatori sanitari che ci chiedono di continuare nella nostra lotta perché non vogliono rinunciare a curare, ma vogliono farlo con dignità e strumenti adeguati. Forse c’è scoramento perché i sanitari, al pari della sanità, non sono trattati come una priorità nell’agenda politica, tuttavia riscontriamo nelle mobilitazioni di questi mesi che non c’è rassegnazione ed è per questo che invece sono centrali nell’agenda sociale, della Cgil e di tantissimi movimenti e associazioni, della cittadinanza. Serve una mobilitazione trasversale e generale per rilanciare il Servizio sanitario nazionale di cui i sanitari devono essere protagonisti insieme ai cittadini, come fu per la conquista di leggi importanti che ancora oggi configurano il profilo di attuazione dell’articolo 32 della Costituzione in Sanità: la legge 833 del 78, la legge 194 del 78, la legge 180 del 78”. Così Serena Sorrentino segretaria generale della Funzione Pubblica Cgil, in un’intervista all’Adnkronos Salute sulla presente e futuro della sanità pubblica e dei suoi lavoratori.
“Il precariato e l’assenza di prospettive di carriera che camminano con il percorso di aggiornamento professionale, le condizioni di lavoro usuranti sono i tre nodi a cui dare risposte attraverso un piano straordinario di assunzioni – suggerisce – come chiediamo da tre anni come Fp Cgil, mettendo più risorse sui contratti e togliendo i tetti che limitano la crescita di salario e occupazione. La programmazione della formazione sanitaria, la mobilità internazionale, la leva della valorizzazione dovrebbero essere parte di un monitoraggio costante che consente di ‘aggiustare’ la programmazione in itinere.