(Adnkronos) – Uno studio targato Ieo ha svelato il ‘segreto di immortalità’ del glioblastoma, un cancro al cervello particolarmente aggressivo anche per via di alcune cellule-serbatoio che dribblano le cure e continuano ad alimentarlo. Ora gli scienziati dell’Istituto europeo di oncologia di Milano hanno scoperto, in modelli preclinici della neoplasia, una nuova via per eludere la resistenza delle cellule tumorali ai farmaci e rendere le terapie più efficaci. Il lavoro, sostenuto da Fondazione Airc e pubblicato su ‘Science Advances’, è coordinato da Giuliana Pelicci, direttrice dell’Unità di Ricerca del Dipartimento di Oncologia sperimentale Ieo e professoressa di Biologia molecolare nel Dipartimento di Medicina traslazionale dell’università del Piemonte Orientale.
Ogni anno in Italia si stimano circa 1.500 -2mila diagnosi di glioblastoma. Il trend di incidenza non sembra essere in aumento – spiegano dall’Ieo – ma nonostante i progressi nelle terapie la mortalità per questa neoplasia resta elevata, rendendo fondamentale e urgente la ricerca per lo sviluppo di nuovi trattamenti più efficaci. Il glioblastoma è infatti uno dei tumori più difficili da trattare – chiariscono gli esperti – in parte perché contiene cellule immature responsabili dell’insorgenza e del mantenimento del tumore: dette Tics, sono altamente adattabili e capaci di sfuggire alle terapie, causando la ricrescita del tumore. Il nuovo studio è la continuazione di una ricerca precedente, in cui lo stesso gruppo di scienziati ha dimostrato che l’inibizione dell’enzima Lsd1 (Lysine-specific demethylase 1A), tramite l’impiego del composto sperimentale DDP_38003 (Lsd1i), può avere un impatto significativo sul trattamento del glioblastoma, colpendo proprio le cellule-serbatoio Tics.
“I nostri nuovi risultati – illustra Pelicci – dimostrano che non tutte le Tics di glioblastoma risultano sensibili a Lsd1i: alcune riescono comunque ad adattarsi e sopravvivere. Abbiamo indagato le cause di questa immortalità e abbiamo osservato che le Tics che mostrano resistenza al trattamento attivano specifici processi metabolici che eludono l’azione di Lsd1i. Abbiamo allora identificato i geni coinvolti in vie metaboliche fondamentali (come il metabolismo della glutammina, dei lipidi e la biosintesi dei nucleotidi), che potrebbero rappresentare bersagli terapeutici alternativi o complementari a Lsd1i. Alcuni di questi geni sono già oggetto di sperimentazioni cliniche. I nostri risultati sperimentali suggeriscono quindi che combinare Lsd1i con altri farmaci che agiscono sul metabolismo, come quelli del metabolismo glicolitico o dell’ossidazione del fosfato, potrebbe rappresentare una strategia promettente per limitare la plasticità metabolica delle Tics e prevenire meccanismi di compensazione che permetterebbero di superare la resistenza alle terapie tradizionali”.
“Se confermati da ulteriori studi sperimentali e clinici, questi approcci potrebbero significativamente ridurre la progressione del tumore portando a nuovi trattamenti più mirati”, auspica Pelicci.
“La nostra prossima sfida – anticipa – sarà quella di testare combinazioni terapeutiche: unire Lsd1i con farmaci che interferiscono con il metabolismo energetico delle cellule tumorali, ad esempio inibitori della glicolisi o dei mitocondri. Lo scopo è bloccare le vie alternative che le cellule tumorali usano per adattarsi e sopravvivere, riducendo così la loro capacità di resistere ai trattamenti. Anche se siamo ancora in una fase iniziale preclinica – puntualizza l’autrice – i nostri risultati indicano un possibile percorso per sviluppare terapie combinate più efficaci, mirate a colpire le vulnerabilità metaboliche del tumore. Questo potrebbe rappresentare un passo avanti significativo nella lotta a un tumore oggi ancora privo di cure risolutive”.