(Adnkronos) – “Puntare a quota 500mila nuove nascite entro il 2033: è l’obiettivo che deve darsi il nostro Paese per salvarsi dal declino demografico e sociale. Un obiettivo concreto, raggiungibile e verificabile di anno in anno, ma che è anche l’unico che ci possa aiutare in questa fase critica, altrimenti crolla tutto: Pil, welfare, sistema pensionistico e Servizio sanitario nazionale”. È il monito di Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari e della Fondazione per la natalità intervenendo al convegno ‘Family Affairs. La denatalità tra tutela del lavoro e scelte consapevoli’, promosso oggi a Roma da Comin & Partners. Il dibattito ha visto rappresentanti delle imprese, delle associazioni, dei media e del mondo sanitario confrontarsi su nascite in calo, scarso supporto alle imprese e alle lavoratrici e pressioni sociali sulle donne ritenute responsabili della denatalità.
“Oggi siamo a 400mila nati – sottolinea De Palo – per cui dobbiamo fare un ragionamento in base al quale, attraverso politiche serie, impattanti, non spezzettate, ogni anno dovremmo riuscire a incrementare di 10mila nascite in più rispetto all’anno precedente. Il problema è che non vedo nessuno che si ponga questo obiettivo. E continuiamo a parlare di natalità in maniera ‘randomica’, come un principio astratto, ma, al contrario, è una necessità concreta. Se facciamo tante piccole cose, non producono un impatto”.
De Palo lancia un appello alle istituzioni, “ma in generale a tutta la società civile, al mondo delle imprese, delle banche, perché serve un lavoro di squadra. La stampa dovrebbe parlare di più di questo tema, il sistema creditizio aiutare i giovani, perché la nascita di un figlio rappresenta oggi la seconda causa di povertà”. Fare figli “non è un obbligo – evidenzia – ma al contrario è una questione di libertà. Tuttavia, oggi chi non vuole procreare è libero di farlo. Invece, chi vuole fare un figlio deve scegliere. Sempre più donne sono costrette ad optare tra lavoro e famiglia, tra gravidanza e licenziamento. Paradossalmente, chi non ha figli dovrebbe tifare per ‘quota 500mila’, altrimenti nei prossimi 10 anni chi ci rimetterà saranno soprattutto le persone più fragili, chi resterà senza pensione o assistenza sanitaria perché saranno tagliati i costi del welfare”.
Secondo gli ultimi dati dell’Istat – è emerso dall’incontro – nel 2021 si è registrato un ulteriore calo delle nascite in Italia, con meno di 400mila nuovi nati e un tasso di natalità tra i più bassi d’Europa. Parallelamente, un’indagine condotta da Manageritalia ha registrato un aumento del 13,5% delle donne manager (rispetto al 3,6% degli uomini) tra i dirigenti del settore privato. Sono dati che segnalano il collegamento tra lavoro e genitorialità e sottolineano l’importanza di promuovere politiche che favoriscano un ambiente lavorativo e sociale che permetta alle donne di conciliare maternità e vita professionale.
“Diversi fattori possono influire sulla scelta di non procreare – osserva Elena Di Giovanni, vicepresidente di Comin & Partners – che può essere quindi condizionata da alcuni ostacoli economici e sociali. Spesso c’è la pressione di un gender gap ancora incisivo nel mondo del lavoro, che può far percepire la maternità come uno svantaggio lungo il percorso, e un sostegno ancora insufficiente alle famiglie in termini di incentivi. Auspico che nel Codice appalti sia reinserito il riferimento alla parità di genere per valorizzare le lavoratrici come risorsa fondamentale per il Paese. Serve una riflessione comune per tutelare le donne e promuovere maggior equilibrio tra vita professionale e familiare”.
Alla tavola rotonda, oltre a De Palo e Di Giovanni, sono intervenuti Alessandra Bellasio, ostetrica e fondatrice di Unimamma.it; Alessandra Buonguerrieri, deputata e membro della Commissione Giustizia; Luca Cifoni, giornalista de ‘Il Messaggero’ e autore del libro ‘La trappola delle culle. Perché non fare figli è un problema per l’Italia e come uscirne’ (Edizioni Rubbettino 2022); Luisa Quarta, coordinatrice Gruppo Donne Manageritalia; Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell’informazione statistica Istat.