(Adnkronos) – La solitudine, lo stress quotidiano, la mancanza di sonno, lo smog: c’è un effetto metropoli che pesa sui disturbi affettivi. E, ancora una volta, sono in particolare le donne – e le adolescenti – a finire nel mirino. Nelle grandi città, nei loro sobborghi sempre svegli, abitati da milioni di persone, percorsi da macchine a tutte le ore, “l’eco dell’era dell’imprevedibilità”, dominata da eventi come la pandemia e la guerra in corso a poche ore di volo dall’Italia, si fa più forte. Lo raccontano per esempio, in una delle regioni – la Lombardia – colpite per prime e più duramente da Covid, i numeri di Milano, riferisce all’Adnkronos Salute Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e direttore emerito di Psichiatria al Fatebenefratelli, struttura del capoluogo lombardo.
Guardando nel dettaglio all’universo femminile, a Milano si conta una popolazione di 600mila over 15 (e under 90) – 4,2 milioni in Lombardia, 26 milioni in Italia – e la prevalenza della depressione è del 15%. Numeri che per Milano equivalgono a “90mila donne e ragazze colpite”, spiega lo specialista oggi a margine di un corso dedicato proprio ai disturbi affettivi di genere nell’era dell’imprevedibilità, organizzato dalla Sinpf e da Fondazione Onda con il contributo di Viatris, azienda che opera nell’ambito della salute. La depressione viaggia al ritmo di 36mila nuovi casi l’anno nella metropoli meneghina (incidenza del 6%). In cosa consiste l’effetto metropoli? “Intanto – analizza lo psichiatra – si è sentita ancora più pesantemente la dissociazione sociale, l’isolamento” generato dalla pandemia. “Nelle aree urbane, poi, si sente di più anche il peso dell’inquinamento: ogni microgrammo di particolato è un 13% di depressione in più”, avverte.
E ancora, pesa che nel contesto metropolitano “si dorme molto di meno e il sonno è un fattore potenzialmente di rischio – ricorda Mencacci – E poi ci sono tutte quelle situazioni, quelle condizioni ambientali che aumentano l’isolamento sociale, portano a una riduzione dal punto di vista del supporto sociale”. Sembra un paradosso sentirsi soli in città affollate, piene di vita, che non dormono mai, “ma è così”, ammette l’esperto. Le relazioni sociali si sfilacciano, “le persone sono davvero più sole. E la solitudine pesa moltissimo, è un fattore di rischio vitale, veramente molto alto per i disturbi affettivi”.
Soprattutto in una metropoli come Milano – una città che ha sofferto molto in questi anni di Covid, lockdown e distanze sociali – l’impatto sulla popolazione femminile si è avvertito, evidenziano gli psichiatri. Sullo sfondo, per tutti, c’è l’inasprirsi delle conseguenze del conflitto in Ucraina, altro fattore di ansia e imprevedibilità. In generale poi – hanno osservato nei loro interventi gli specialisti – donne e adolescenti sono maggiormente sottoposte a stress quotidiano, con conseguenze spesso pesanti sui disturbi affettivi. I temi affrontati oggi vanno dalla depressione perinatale e post gravidanza al rapporto tra la mamma e il suo bambino. E ancora l’ansia di genere, l’Adhd nelle ragazze, ma anche i riflessi lavorativi e socioeconomici causati dalla depressione.
E’ importante “sensibilizzare”, è l’appello di Mencacci. Far emergere il sommerso. “Solamente meno del 50% delle donne che sviluppano depressione accedono” al trattamento. A Milano dunque, si stima, 45mila su 90mila. Questi numeri sono soggetti a “un’ulteriore penalizzazione, proprio perché non ci sono adeguate informazioni. Assistiamo infatti a una ridotta aderenza ai trattamenti”. Si calcola che “meno della metà delle donne in cura sia aderente ai trattamenti”, quindi circa 22.500 a Milano. “Ci sono per esempio persone che li interrompono in maniera inappropriata una volta raggiunta una situazione di benessere”, o a causa di effetti collaterali, “caso Fedez”, ricorda il co-presidente Sinpf. Questo li espone “a nuove ricorrenze e a una serie di sintomi che possono permanere anche nel tempo”.
E’ un peccato, riflettono gli esperti, se si pensa “ai tassi di risposta che si possono ottenere al trattamento combinato, cioè non solo in modalità farmacologica ma anche psicoterapica”. Sono tassi di risposta “particolarmente alti – rimarca Mencacci – superiori al 70%. Ma purtroppo pochi vi accedono”. Se si dovesse calcolare sulla popolazione femminile milanese questa quota, la stima sarebbe di 15.750 persone che ottengono una risposta positiva alle cure. “E’ importante che le persone sappiano questo. Va fatto notare che tutti questi studi combinati di farmaco, psicoterapia, supporto ambientale e counselling possono dare delle buone risposte nella larga maggioranza dei casi, ma purtroppo o le persone non vengono riconosciute” come colpite da depressione, “o non vengono trattate. E quindi perdiamo un’opportunità”, ammonisce lo psichiatra.