Tumori, l’oncologo: “Sempre più pazienti under 40”

(Adnkronos) – “Oggi mi occupo molto frequentemente di casi di 40enni o ancora più giovani con vari tipi di tumori diversi. Tumori che non sono quelli tipici dei giovani”. A spiegarlo all’Adnkronos Salute è Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive Cancer Center del Policlinico Gemelli di Roma. “Chi fa il clinico non vede i numeri, ma i pazienti che entrano in ambulatorio. Io faccio l’oncologo da quasi 35 anni e posso dire che 15-20 anni fa non ne vedevo di ragazzi di 27-28 anni con tumore del pancreas”. 

Ad aumentare in questa fascia d’età, under 40, “sono neoplasie tipiche dell’adulto”. “Noi oncologi li abbiamo davanti questi pazienti. Quanto incida esattamente il fenomeno in termini epidemiologici lo capiremo quando avremo numeri più grandi o un trend più ampio, ma lo specialista si deve preoccupare e deve approfondire ora perché sta succedendo ora”.  

L’esperto parte dalla sua esperienza personale di medico, per lanciare un alert e approfondisce le ragioni per cui la struttura capitolina ha deciso di impegnarsi in un progetto battezzato ‘G-Aya’, dedicato proprio ai tumori degli adolescenti e dei giovani adulti, a pazienti con diagnosi di malattia oncologica nell’età compresa tra i 15 e i 39 anni. Una sorta di “maxi-contenitore dove confluiscono studi che esplorano più aspetti, dall’epidemiologico al sociale fino al genomico tecnologicamente avanzato, per dare vita a un grande osservatorio e database a 360 gradi sui tumori degli under 40”, riassume l’esperto evidenziando l’urgenza di affrontare un lavoro del genere. Sempre più studi segnalano infatti un aumento delle diagnosi in questa fascia d’età, in particolare alcuni tipi di neoplasie che in genere insorgono in una fase più avanzata della vita. Qual è la portata reale? Sui dati epidemiologici si sta lavorando, puntualizza Tortora.  

 

“L’osservatorio epidemiologico italiano fa dei calcoli normalizzati per età, diagnosi precoci e così via, ed evidenzia che i trend non sembrano pericolosissimi. Ma in una recente analisi dell’università di Edimburgo e di un ateneo cinese i numeri risultavano tutt’altro che confortanti, rilevando un incremento di quasi l’80%” dei casi di tumore tra gli under 50 a livello globale nell’arco di una trentina di anni. 

“E siccome vediamo anche tumori per esempio legati all’apparato digerente, quindi un aumento di quelli del colon o del pancreas, anche l’alimentazione deve finire sotto esame. Oltre al fumo, all’alcol, all’aumento del sovrappeso e dell’obesità, ulteriori fattori predisponenti portandosi dietro a loro volta il diabete e alcune malattie metaboliche. Un recente lavoro segnala che c’è stato un invecchiamento cellulare della popolazione, un peggioramento dell’età biologica degli attuali 40-50enni, emerso da un confronto su 9 parametri tra i nati negli anni ’50 e i nati negli anni successivi. L’invecchiamento cellulare classicamente predispone a un maggior numero di mutazioni e, quindi, aumenta la suscettibilità al cancro”. Stanno insomma venendo fuori una serie di aspetti. “Dobbiamo provare ad unire i puntini”. Ed è il motivo per cui Tortora ha lanciato anche “un appello” ai colleghi.  

 

“Se io sto vedendo in ambulatorio una fascia d’età che prima non avevo mai visto devo segnalarlo e pormi delle domande”, ragiona. Il suo messaggio è: “Accendete i riflettori su questi casi, perché potremmo fare un database nazionale. Raccogliete dati per avere informazioni un po’ più precise, e se c’è una profilazione, annotatela. Dobbiamo andare oltre l’osservazione sul singolo caso, altrimenti tutto il resto ci sfugge. E se chi lavora in istituzioni più piccole non lo può fare”, non può affrontare una raccolta e analisi sistematica, “allora invii i dati a un centro di raccolta più grande”. Serve uno sforzo comune, è l’invito. 

“Noi nella nostra realtà abbiamo cominciato a lavorare sul colon, sul pancreas – elenca – stiamo raccogliendo dati, ma con il progetto G-Aya puntiamo ad avere database sempre più preciso con numeri affidabili”. Il capitolo Aya (Adolescents and Young Adults) “è già sviluppato dal National Cancer Institute statunitense, è diventata questa un’area sensibile un po’ in tutti i centri oncologici del mondo, non solo perché c’è un trend di aumento di tumori nei giovani adulti, ma anche per la necessità di aumentare il livello di consapevolezza tra i giovani, al di là del fatto che possano entrare o meno negli screening oncologici”, che magari partono da un’età più avanzata. Al Gemelli, nell’ambito del progetto che si sta sviluppando anche con giovani specialisti, come la ginecologa Inge Peters, si stanno seguendo più filoni. “Si cerca – spiega Tortora – di intercettare eventuali alterazioni genomiche che possono predisporre allo sviluppo di tumori”. 

“Noi – prosegue – oggi sappiamo che in generale in meno del 10% dei casi si individua una responsabilità dell’eredo-familiarità. Il restante 90% sono alterazioni acquisite nel corso della vita. Con la profilazione genomica che si sta facendo possiamo scendere più in profondità, e identificare alterazioni che potrebbero avere un ruolo nella predisporre quei giovani allo sviluppo di tumori. Vogliamo studiare i geni con le tecnologie moderne che abbiamo ora, di Next Generation Sequencing (Ngs)”.  

“Stiamo usando tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione – assicura Tortora – dalla mappatura della tipologia di tumori che vediamo all’identificazione di fattori che possono essere di ostacolo per chi il tumore lo ha avuto, quindi anche con uno sguardo sul sociale. Vogliamo studiare bene e seguire nel tempo chi ha già avuto una neoplasia, cosa che permetterebbe anche di intercettare prima eventuali secondi tumori. E capire anche cosa negli stili di vita può esporre i giovani a questo rischio oncologico. Insomma è in atto un grosso sforzo, che portiamo avanti con Giovanni Scambia, direttore scientifico dell’Irccs e i colleghi”, e “ci sono mille risvolti”. 

“C’è anche un progetto europeo, e noi ci agganciamo a questo progetto europeo sui tumori dei giovani adulti”, spiega. Come funziona l’osservatorio in costruzione? I pazienti under 40 dell’istituto “automaticamente, per motivi anagrafici, entrano nei nostri database. Peraltro – ripercorre – stavamo già lavorando da due anni su quelli che chiamiamo ‘Early Onset Cancer’, cioè appunto quei tumori che insorgono precocemente e che abitualmente vedevamo più frequentemente nell’adulto. Li stavamo studiando con tecnologie anche molto avanzate di informatica, di machine learning, con tutto il gruppo di bioinformatici, per cercare di capire che ha di diverso un ragazzo di 25 anni che non ha familiarità, non ha una sindrome di Lynch o altri elementi chiaramente predisponenti, ma sviluppa un tumore del colon. Speriamo di avere al più presto risposte a domande come queste”. 

Lo stile di vita conta, fin dalla tenera età e può tramutarsi in futuro – se si fanno scelte sbagliate – in uno scomodo fardello. Quanto e come incida questo aspetto sui casi di tumore in aumento fra gli under 40 si sta definendo sempre di più. Sedentarietà, aumento di obesità e sovrappeso, cattive abitudini che non risparmiano anche la tavola. “Noi abbiamo sentito l’esigenza in questo momento di fare un focus su questa popolazione, di avere un osservatorio rivolto anche agli aspetti sociali, quindi al futuro di questi pazienti, alla costruzione della loro carriera, alle difficoltà che incontrano”. Ma si mettono sotto la lente anche gli stili di vita “rispetto al fenomeno che stiamo osservando”. E su questo stiamo richiamando molto l’attenzione dei giovani che si ammalano presto e che non hanno dei geni di suscettibilità eredo-familiare. Loro in qualche modo devono averlo acquisito il carico mutazionale che ha portato al tumore”. 

“E oltre alle esposizioni professionali”, sul posto di lavoro, che in persone giovani non avranno un ruolo così preponderante, “ci deve essere qualche altra cosa – riflette l’esperto -. Noi pensiamo che gli stili di vita siano responsabili. Consideriamo che dagli anni ’90 in poi c’è stata un’accelerazione sui cibi industriali processati, sull’uso di zuccheri, di bevande zuccherine, sul junk food. Si è osservata una riduzione di qualità” nell’alimentazione, “e alla fine tutto questo, unito ad altri elementi, deve avere un risvolto”. E’ un effetto che si vede a lunga distanza. Ecco perché, osserva Tortora, “bisogna andare già alle scuole elementari a parlare con gli studenti”. 

“Ai ragazzi cosa direi? Lo sto facendo in varie circostanze, li invito a essere più esigenti anche con i genitori. Devono essere i ragazzi, i bambini, che tornano a casa a convincerli sull’importanza di scelte alimentari sane, per esempio”. Educazione dal basso. E dai primi anni di vita. “In Inghilterra hanno lanciato questa campagna severissima sul divieto di fumo fino a 18 anni”. C’è chi obietta che “il protezionismo può stimolare la violazione della legge. Ok, però intanto io come Stato lancio un messaggio”. 

 

 

 

(Adnkronos)