“In questo momento non abbiamo alcun dato per dire che anche in Italia è presente Xe”, il ricombinante tra le varianti Omicron 1 e 2 di Sars-CoV-2, segnalato nel Regno Unito. “Nessun caso di Xe è giunto alla nostra osservazione, mentre è stato rilevato qualche caso sporadico di Omicron 3, che non riveste al momento alcun tipo di interesse” in un contesto in cui “Omicron 2 sta prendendo nettamente il sopravvento sulla 1”. Lo precisa all’Adnkronos Salute Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), confermando che sulla ‘variante mix’ tra BA.1 e BA.2 “non c’è alcun motivo di preoccupazione per ora. Perché anche il dato diffuso dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui Xe potrebbe essere il 10% più trasmissibile di Omicron 2, è assolutamente preliminare e da confermare, come ha precisato la stessa Oms”.
In un mondo senza frontiere, “non possiamo escludere” che Xe sia uscita dai confini Uk, “però al momento nessun caso è giunto alla nostra attenzione in Italia – ribadisce l’esperto, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili – La nuova flash survey condotta su campioni raccolti ieri, 4 aprile”, coordinata dall’Istituto superiore di sanità con il supporto della Fondazione Bruno Kessler e in collaborazione con il ministero, Regioni e Province autonome, “pur nella limitatezza dei numeri ci darà un’idea più precisa di come si sta evolvendo il virus” e il suo ‘parco varianti’. Se l’ultima indagine dava Omicron 2 al 44,1%, e sopra il 50% in 7 regioni/pa, dalla nuova survey “emergerà con ancora più forza” secondo Caruso “che questa sottovariante più trasmissibile sta superando la 1. Ed è questo che adesso ci preoccupa, perché come sappiamo Omicron 2 ‘buca’ un po’ di più anche il vaccino: non ne vanifica gli effetti protettivi sulle forme gravi di Covid-19, ma riesce a infettare anche persone vaccinate o che hanno già avuto l’infezione naturale”.
Tutte le altre varianti, sottovarianti o ‘varianti chimera’, compresa “la Delta-Omicron che si è rivelata effettivamente esistere – ricorda lo specialista – e non essere come sembrava inizialmente un artefatto di laboratorio”, vanno considerate per ora non più di “una curiosità scientifica, certamente da monitorare con attenzione, ma come tutte le altre ‘mosse’ di Sars-CoV-2 in generale. E anche Xe, adesso, non deve destare allarme – ripete il numero uno dei virologi italiani – Non l’abbiamo osservata, dobbiamo ancora studiarla e ancora va capito che cosa significherà nel tempo”.