(Adnkronos) – Quante volte, guardandosi allo specchio, qualche ragazza insoddisfatta della propria immagine avrà pensato: chissà come sarebbe avere lo sguardo intenso di Salma Hayek e il sorriso sensuale di Penelope Cruz? La risposta è: niente di che, almeno a giudicare dal risultato ottenuto da un esperto di ‘morphing’, mixando con effetti digitali i tratti di queste due indiscusse bellezze latine. L’esito della loro fusione è ovviamente il volto di una bella donna, sulla carta perfetta, ma senza il fascino dell’una e dell’altra. Com’è possibile? E nell’era dell’intelligenza artificiale sempre più presente in medicina, i ritocchi ‘guidati’ dall’algoritmo correranno questo stesso rischio? L’obiettivo di un intervento estetico deve essere “eliminare il difetto” che crea problemi al paziente “lasciando l’individualità, la personalità, le altre caratteristiche della persona – avverte il chirurgo plastico Paolo Santanchè in un’intervista all’Adnkronos Salute. “Il naso perfetto – spiega per esempio – non esiste. C’è il naso adatto a quel viso e a quella persona”.
Ed è proprio in questo che potrebbero nascondersi le insidie dell’Ai, su cui l’esperto vuole mettere in guardia. Ritocchi sulla carta rispondenti con la precisione di una macchina ai canoni della simmetria e dell’ideale di perfezione, ma ‘belli senz’anima’. “Sicuramente l’intelligenza artificiale in tutti i campi, se usata correttamente, può portare aiuto e benefici. Potrà presentare al medico tutte le possibili diagnosi differenziali di alcuni sintomi e consentire che nessuna possibilità diagnostica venga trascurata o sottovalutata. E tanto altro. Ma nel campo della chirurgia estetica ho qualche perplessità”.
Per spiegare il suo pensiero Santanchè fa un salto indietro nel tempo: “Quando ho cominciato la mia attività in questo campo non c’erano neanche i computer. I maestri” della chirurgia plastica “ci avevano insegnato a fare delle fotografie al paziente, e per esempio per la rinoplastica, poi con la matita si disegnava un nuovo naso da far vedere all’interessato. Ma il naso che disegnato su una foto piaceva al paziente, non era mai quello giusto per il paziente”. Inseguendo quel disegno si sarebbe fatto “sempre un naso troppo piccolo, troppo finto, non adatto”. Dopo la matita è arrivato il computer con “software che consentono di modificare l’immagine”, sempre più realistici e precisi. Ma c’è un ma, avverte: “L’estetica ha una componente non solo tecnica e psicologica, ma anche artistica che è fondamentale. Difficilmente potremmo chiedere all’intelligenza artificiale di creare capolavori come quelli di pittori e scultori del passato, perché mancherà l’anima dell’artista”.
UNICITA’ DEI VOLTI A RISCHIO? – Questo dunque il timore dell’esperto: “Non mi sono mai piaciuti gli strumenti che sembrano sistemi per convincere il paziente a far qualcosa – ragiona Santanchè – Chi si rivolge al chirurgo lo fa perché ha un problema che vuole risolvere, un difetto con cui non riesce a convivere. E questo può capitare a chiunque, anche alle persone più equilibrate. Chi vuole cambiare aspetto, e chiede di avere il naso di Brad Pitt piuttosto che assomigliare a qualche attrice va guidato verso la scelta giusta, che non è quella di essere accontentati. Il chirurgo avventuriero sarà ben contento di fare un intervento in più e magari userà l’Ai per facilitarsi in questo. Presentare un’immagine bella e pronta è molto più veloce che dedicare tempo a parlare col paziente e capirne il problema. Ma noi siamo medici e il nostro obiettivo deve essere curare un disagio. Se il chirurgo plastico non è un bravo ‘psicologo’, difficilmente avrà un paziente soddisfatto, pur se è tecnicamente bravissimo”.
Tornando alle promesse dell’Ai, porsi il problema di come si possa sposare con la chirurgia plastica non è peregrino, considerato che non si parla di un futuro lontano e qualche esperimento è già stato fatto. “Tempo fa – racconta Santanchè – ho visto un’operazione interessante: qualcuno ha preso delle fotografie di personaggi universalmente considerati bellissimi, come Brad Pitt o Sandra Bullock, e le ha sottoposte all’intelligenza artificiale perché li perfezionasse. Sono saltate fuori facce perfette assolutamente insignificanti”. Questo perché, analizza, “la bellezza non è perfezione. La bellezza è l’alchimia di un insieme di piccoli difetti che si sposano con una tale armonia da creare un risultato particolarmente piacevole, interessante”.
IL FATTORE UMANO DIETRO AL BISTURI – “E difficilmente l’Ai, almeno da quel che vediamo oggi, riuscirà ad avere l’anima per capire questo – avverte Santanchè – Si rischia di appiattire, omologare, creare perfette copie senz’anima. Il chirurgo ha una persona davanti, deve vederla, parlarci, capirne il carattere, cosa vuole esprimere il suo viso. Al posto di quel difetto che crea disagio, non va creata la cosa perfetta ma quella più adatta. Noi siamo asimmetrici, irregolari. Ma, tante volte, questi difetti messi insieme danno un risultato eccezionale. Se poi vogliamo guardare il lato tecnico e medico-legale e assicurativo, quando si fanno le simulazioni modificando un naso o un seno va precisato chiaramente che quella è solo un’idea, che è impossibile rappresenti il reale risultato dell’intervento. Un conto è fare le cose al computer, un conto è farle col bisturi”.
Per cui – conclude Santanchè – se il chirurgo, “invece che applicarsi per ottenere un miglioramento della situazione, promette uno specifico risultato e poi non lo ottiene, il paziente può fargli causa. E l’assicurazione non pagare”. Il rischio dunque è che l’aiuto della tecnologia si trasformi in scorciatoie pericolose, oltre che nemiche dell’unicità. “Col paziente invece si deve parlare. C’è una componente psicologica e interpretativa delle sue aspettative che solo un umano con esperienza e pazienza può fare”. Con buona pace dei ‘robot’.