(dall’inviato Piero Spinucci) – Una dimostrazione di unità per portare il sostegno europeo al popolo ucraino e al presidente Volodymyr Zelensky. Mario Draghi, insieme al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz, sono arrivati a Kiev per una visita attesa da tempo, ma non annunciata dai governi dei tre Paesi per questioni di sicurezza. I tre leader porteranno un messaggio unitario nel condannare l’invasione dell’Ucraina, nel sanzionare la Russia e nell’aiutare Kiev.
Dopo circa 10 ore di viaggio su un treno notturno partito da Medyka (Polonia), e non come previsto da Przemysl a causa di un problema elettrico, per quello che senza dubbio è il viaggio più complesso dell’ex numero uno della Bce da quando è a Palazzo Chigi, i tre hanno l’occasione di incontrare faccia a faccia Zelensky, dopo diversi colloqui telefonici nei mesi scorsi. I leader durante la missione affronteranno le varie dimensioni del conflitto. A quanto si apprende si farà il punto sugli ultimi sviluppi della situazione del Donbass, ma anche un’analisi sulle forze in campo e sull’esercito ucraino in particolare.
Sul tavolo due dossier sembrano avere la precedenza su tutti gli altri. A partire dal possibile futuro ingresso di Kiev nell’Ue, un tasto sul quale Zelensky batte da tempo. Lo ha ripetuto anche nelle ultime settimane, respingendo l’opzione della comunità politica europea proposta da Macron per i Paesi che non sono membri dell’Unione Europea. Lo stesso leader francese alla vigilia ha deviato dalla linea ‘ortodossa’ sostenendo che “a un certo punto l’Ucraina dovrà negoziare con la Russia”.
Questo è “indubbiamente un momento decisivo, non solo per l’Ucraina, ma per tutta l’Unione Europea: un momento in cui si decide quale sarà, e se ci sarà, il futuro dell’Europa unita. La Russia vuole spaccarla, indebolirla e siamo certi che l’Ucraina sia solo il primo passo di questa aggressione. Per questo la risposta positiva dell’Unione Europea alla richiesta ucraina di candidarsi come membro può diventare una risposta affermativa all’esistenza di un futuro per il progetto comunitario”, ha detto Zelensky a Ursula Von der Leyen sabato in occasione della seconda visita a Kiev della presidente della Commissione europea dall’inizio della guerra. “L’Ucraina merita che le sia garantito lo status di Paese candidato all’Ue questo giugno sulla base di una valutazione individuale e basata sul merito”, gli ha fatto eco il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, in vista del prossimo Consiglio europeo del 23-24 giugno.
Nella ‘battaglia’ per far ottenere all’Ucraina lo status di candidata, Zelensky avrà al suo fianco Draghi, che anche nel recente summit Ue di fine maggio non ha mancato di ricordare che l’Italia è l’unico tra i grandi Paesi europei ad essersi espresso apertamente a favore della candidatura dell’Ucraina. Dal canto suo il governo ucraino attende da questa visita un’accelerazione, e magari una presa di posizione più netta sulla candidatura nell’Ue dai suoi alleati europei, ma non nasconde alcuni dubbi per l’approccio di alcuni Paesi, “tre” come ha precisato la vicepremier ucraina per l’integrazione europea, Olga Stefanishina, che non vogliono dare il via libera all’Ucraina.
Secondo il sito ‘Politico’, intanto, la Commissione darà la sua raccomandazione allo status di Paese candidato per l’Ucraina. Ma l’ok della Commissione, se fosse confermato, sarebbe solo il primo passo di un lungo iter, alla fine del quale servirà il parere favorevole di tutti e 27 gli Stati membri. Al termine della maratona diplomatica che attende i leader occidentali nelle prossime settimane, quando oltre al Consiglio europeo sono previsti anche quelli sui Balcani, del G7 e della Nato, il quadro sarà sicuramente più chiaro.
Ma i big europei arrivano a Kiev per affrontare anche un altro delicato dossier ovvero il blocco alle esportazioni di cereali dall’Ucraina, considerata il ‘granaio’ di Europea e nei cui silos sono bloccate, secondo stime, 25 milioni di tonnellate. Una questione a cui è legato a doppio filo il tema della crisi alimentare, dai contraccolpi potenzialmente tragici per alcune aree del pianeta, in particolare Nord Africa e Medio Oriente, dove in alcuni Paesi l’aumento del prezzo del pane già in passato è stato alla base di forti fibrillazioni politiche e in alcuni casi di vere e proprie rivolte. Un dossier questo che Draghi ha portato avanti anche nella sua missione in Israele.
“Dobbiamo operare con la massima urgenza dei corridoi sicuri per il trasporto del grano. Abbiamo pochissimo tempo, perché tra poche settimane il nuovo raccolto sarà pronto e potrebbe essere impossibile conservarlo”, ha dichiarato il premier dopo il colloquio avuto con il primo ministro israeliano, Naftali Bennett. L’Italia sostiene un ruolo attivo delle Nazioni Unite e sul tavolo al momento ci sono due strade percorribili. La prima passo dallo sminamento delle acque portuali del Mar Nero, per la cui messa in sicurezza si parla da tempo di un possibile coinvolgimento italiano e francese. La seconda è la rotta terrestre, sulla quale insistono gli Usa.
Sulla questione della minaccia della crisi alimentare mondiale sembra muoversi con decisione anche il governo tedesco. Secondo la stampa locale, infatti, Berlino sta pianificando una conferenza internazionale per il 24 giugno presso il ministero degli Esteri di Berlino. Germania che, intanto, sembra essere finita nel mirino del presidente russo Vladimir Putin. Non è passato inosservato, alla vigilia dell’arrivo dei tre leader europei a Kiev, il taglio delle forniture di gas russo alla Germania e in forma “limitata” all’Italia, una misura decisa da Mosca che suona tanto come un avvertimento.