(Adnkronos) – La Commissione Europea ha inviato all’Italia “un parere motivato sulle concessioni balneari, come seguito alla lettera di messa in mora del 2020”. Lo ha reso noto la portavoce al Mercato Interno Johanna Bernsel, rispondendo a una domanda specifica durante il briefing quotidiano con la stampa. Si tratta del secondo stadio della procedura d’infrazione di Bruxelles nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkenstein. Seguendo una procedura assai inusuale, la decisione non è stata inclusa nel lungo comunicato stampa mensile che riassume le procedure d’infrazione, diffuso oggi, ma è stata pubblicata solo nel database.
”Siamo pronti a dare risposte immediate alla Commissione europea sul tema balneari. Stiamo già lavorando da mesi nella direzione auspicata dalla Commissione, per dare un quadro certo alle amministrazioni territoriali e agli operatori economici. Il tavolo consultivo istituito presso la Presidenza del Consiglio ha attestato sulla base dei dati disponibili – dopo gli approfondimenti del Mit – che solo il 33% della risorsa è occupata, per cui non possiamo parlare di una risorsa scarsa”, ha scritto il Vicepremier e Ministro Matteo Salvini in una nota.
Inviato da Buxelles anche un parere motivato per violazione delle norme comunitarie sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori. Nel marzo 2022 il nostro Paese ha introdotto un nuovo assegno familiare per figli a carico (assegno unico e universale per i figli a carico): hanno diritto a riceverlo, però, solo le persone che risiedono da almeno due anni in Italia, e solo se vivono nella stessa famiglia dei loro figli. Secondo la Commissione, questa legislazione viola il diritto Ue, perché non tratta i cittadini comunitari in modo equo, ma li discrimina. Inoltre, il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale “vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari”. Il parere motivato segue una lettera di messa in mora inviata all’Italia nel febbraio 2023. Roma ha risposto nel giugno scorso. Per la Commissione la risposta non risponde in modo “soddisfacente” alle sue preoccupazioni, pertanto ha mandato a Roma un parere motivato, il secondo stadio della procedura di infrazione. L’Italia ha due mesi per rispondere e adottare le misure necessarie. In caso contrario, la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Sempre oggi la Commissione Europea ha deciso di deferire il Belgio, la Grecia e l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Ue per non aver applicato correttamente la direttiva sui ritardi di pagamento, che riguarda le pubbliche amministrazioni. Tutti e tre i Paesi hanno un elevato rapporto tra debito pubblico e Pil. La Commissione ha anche inviato un parere motivato alla Grecia in un caso separato, che riguarda le deroghe firmate da appaltatori ospedalieri, che accettano di rinunciare ad alcuni dei loro diritti a fronte della promessa di pagamenti immediati.
La direttiva sui ritardi di pagamento obbliga le autorità pubbliche a pagare le fatture entro 30 giorni (o 60 giorni per gli ospedali pubblici). Rispettando queste scadenze, per la Commissione, “le autorità pubbliche danno l’esempio nella lotta contro la cultura dei cattivi pagamenti nel contesto imprenditoriale”. I ritardi nei pagamenti hanno effetti negativi sulle imprese, riducendo la liquidità, impedendo la crescita, ostacolando la resilienza e potenzialmente ostacolando i loro sforzi per diventare più verdi e digitali. Nell’attuale contesto economico, le imprese, e in particolare le pmi, fanno affidamento su pagamenti regolari per operare e mantenere l’occupazione.
La Commissione sta istituendo un Osservatorio europeo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, ha presentato una revisione della direttiva sui ritardi di pagamento e ha adottato una proposta di regolamento sulla lotta ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali nel settembre di quest’anno.