Bimbo morto a Napoli, il domestico: “Ho avuto un capogiro e l’ho lasciato cadere”

Ha affermato di aver “avuto un capogiro” Mariano Cannio, il domestico 38enne fermato per l’omicidio del piccolo Samuele, il bimbo di 4 anni morto a Napoli il 17 settembre dopo essere caduto dal balcone della sua abitazione in via Foria. Il gip Valentina Gallo ha convalidato il fermo emesso nei confronti dell’uomo che questa mattina, difeso dall’avvocato Mariassunta Zotti, è stato ascoltato dal gip nel corso di un’udienza durata circa un’ora e mezza, alla presenza dei pm Aprea e Marra.

Cannio ha risposto alle domande degli investigatori spiegando di essere uscito fuori al balcone dell’abitazione, dove si recava per fare le pulizie: “Sono uscito fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da sotto, a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto. L’ho fatto perché in quel momento ho avuto un capogiro”. E’ lo stesso Cannio a spiegare di essere in cura presso un centro d’igiene mentale in quanto affetto da schizofrenia. A domanda del difensore, Cannio ha risposto di non aver detto alla famiglia del bimbo che era in cura presso il centro di igiene mentale, né che soffriva di schizofrenia.

Nelle dichiarazioni contenute nell’ordinanza di convalida del fermo, rilasciate nel corso di un interrogatorio avvenuto il giorno stesso della tragedia, il 17 settembre, Cannio spiegava di aver preso in braccio il piccolo ed essere “uscito fuori al balcone. Giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo”. Dopo la caduta del bambino “sono fuggito dalla casa e sono andato a mangiare una pizza nella Sanità, che non ricordo, poi ho fatto ritorno alla mia abitazione. Mi sono steso sul letto e ho iniziato a pensare a quello che era accaduto, dopo sono sceso e sono andato a un bar in via Duomo e ho preso un cappuccino e un cornetto, poi sono rientrato a casa”.

Il gip: “Persona di spiccata pericolosità”
Cannio viene descritto come una persona “di spiccata pericolosità, nonostante l’assenza di precedenti”. Secondo il gip Valentina Gallo è “concreto il pericolo che l’indagato, se lasciato in libertà, possa disporsi nuovamente alla commissione di reati della stessa specie di quello per cui si procede, ponendo in pericolo le esigenze primarie di tutela del bene giuridico, la vita e l’incolumità personale”.

A tale conclusione, si legge nell’ordinanza, “si giunge in considerazione delle modalità del fatto commesso che deve giudicarsi estremamente grave e allarmante, così come la personalità del Cannio ricostruita in base agli elementi a disposizione, ovvero tenuto conto della gravità del gesto compiuto ma anche del comportamento del predetto, immediatamente dopo i fatti, circostanze da cui deve desumersi che si tratti senz’altro di una persona di spiccata pericolosità, nonostante l’assenza di precedenti”.

Resta “non pienamente accertato” il movente dell’omicidio. Se da un lato, si legge nell’ordinanza, non si prospetta “nessun dubbio” su chi ha commesso l’omicidio, il movente del gesto “non può dirsi allo stato pienamente accertato”.

Non appare credibile, scrive il gip, la circostanza del capogiro, che secondo quanto riferito da Cannio sarebbe il motivo per cui il bimbo gli è scivolato dalle braccia cadendo dal balcone: “Non si reputa verosimile – scrive il gip – che l’indagato avesse avvertito un malore di tale intensità della durata circoscritta all’istante in cui lasciava la presa del bimbo che aveva in braccio, facendolo precipitare nel vuoto ed essendosi dimostrato, invece, totalmente cosciente, nei momenti immediatamente precedenti e in quelli successivi al gesto, momenti che l’indagato ha descritto, infatti, con grande precisione”.

Secondo il gip “la ricostruzione complessiva della vicenda depone nel senso della volontarietà dell’azione posta in essere”.

(Adnkronos)