Carrà, lo sfogo di Aragozzini: “Ora i giornali la osannano, ma gli artisti vanno celebrati da vivi”

“Quello che sta succedendo in questi giorni su tutte le televisioni, su tutti i giornali, mi indigna: dovevano farlo prima, non ora che è morta. Ora la osannano come una diva, come non era mai successo e non avevano mai fatto, ma gli artisti, i veri grandi, vanno celebrati da vivi, non da morti”. Adriano Aragozzini ha aspettato qualche giorno prima di dire la sua, ed ora affida all’Adnkronos uno sfogo addolorato a 48 dalla
scomparsa di Raffaella Carrà. “Soffro a vedere cosa succede -è il suo affondo- Paginate sui giornali, hanno ridato in tv ‘Carramba che sorpresa’, ma la Rai non poteva pensarci prima? Non sarebbe stato bello per lei vedersi riconosciuta in vita per la sua grandezza?”. 

Il noto manager e produttore italiano di tanti celebri spettacoli, in Italia e soprattutto all’estero, la Carrà la conosceva bene: “Raffaella Carrà non è stata un’artista bravissima e di successo, no: è stata un fenomeno sociale. Tutto quello che lei ha fatto, la pancia nuda, come si muoveva, come ballava, come recitava, prima che lo facesse lei non esisteva, e dopo diventava di moda. Per non parlare di quello che lei ha fatto nel mondo. Io che ho svolto la mia attività all’estero più che in Italia ti posso dire che il suo successo all’estero è stato clamoroso, al di là di quello che si può immaginare”. 

Aragozzini rievoca dunque gli esordi del successo internazionale della Carrà, al quale rivela di aver contribuito in modo decisivo: “Io sono stato colui il quale l’ha instradata al successo in Spagna e il Sudamerica -spiega- All’epoca, lei era fidanzata con Boncompagni, ed era lui che le faceva da manager. Anche lui è stato un piccolo genio, il grande merito di Gianni è stato quello di capire che lei era una grande artista e le sue potenzialità di successo come cantante, ballerina, entertainer televisiva”.  

“Io già mi occupavo di artisti che mandavo in giro per il mondo, avevo uffici a Los Angeles New York, Bogotà, Buenos Aires -ricorda il produttore- A quel tempo c’era ancora il regime di Franco in Spagna. Io chiesi a Boncompagni se lei sarebbe stata disposta a fare tv in Spagna, e lui mi disse subito di sì, un ‘sì’ di cui io mi meravigliai, perché lui era un personaggio un po’ difficile. Così, quella fu la prima volta che lei fece tv all’estero: un enorme successo. La grande fortuna di Raffaella fu che la Sony Music spagnola, visto il successo che aveva avuto sulla TVE, chiese il permesso di pubblicare i dischi in Sudamerica. Ebbene: successe il finimondo, un trionfo assoluto, molto di più che in Italia”. 

“io a quel tempo avevo un artista, Nicola Di Bari, che aveva un successo clamoroso in Sudamerica -ricorda ancora Aragozzini- Ebbene, mi è rimasto impresso questo aneddoto: un anno, c’era Frank Sinatra a Buenos Aires, e Raffaella lavorava col suo spettacolo al Luna Park in quegli stessi giorni. Risultato? Prima assoluta di incassi di quel weekend fu Raffaella Carrà, secondo Frank Sinatra e terzo proprio Nicola Di Bari”. 

“Posso dunque affermare, perché l’ho vissuto, c’ero e lo posso testimoniare, che in Argentina dunque il successo di Raffaella era superiore anche a Frank Sinatra in quel momento”. Il produttore ricorda: “Lei aveva sempre duemila, tremila persone sotto l’albergo, era un fenomeno incredibile, indescrivibile”. Ma la cosa di Raffaella Carrà che resterà di più nel cuore di Aragozzini, è l’umanità: “Una volta -è il suo ricordo- mi regalò un orologio con scritto semplicemente ‘Raffaella. Grazie’. Era un’artista che riconosceva il merito delle persone che collaboravano con lei,. Anche in questo, era sui generis. Sapeva sempre con chi parlava, e ringraziava non solo a parole ma con i fatti”.  

 

 

(Adnkronos)