(Adnkronos) – Intricate reti societarie, sospette prassi di ‘vasi comunicanti’, dipendenti pagati poco rispetto al fatturato, valzer di quote azionarie e partner ingombranti: un’inchiesta de ‘L’Espresso’ mette in luce aspetti poco chiari della galassia delle attività dell’influencer Chiara Ferragni, travolta dallo scandalo del pandoro Balocco che la vede indagata dalla Procura di Milano per truffa aggravata per pubblicità ingannevole nella beneficenza.
La società The blonde salad crew, si legge sull’Espresso, conta 16 dipendenti per un costo di 67mila euro a testa (compresi Tfr e contributi) a fronte di un fatturato 2022 di 14,5 milioni di euro e utili per 5,1 milioni. Ferragni e il suo braccio destro, il manager Fabio Maria Damato, scrive l’Espresso, incasserebbero compensi da consiglieri per 320mila euro. In questa società è, inoltre, avvenuta “una miracolosa moltiplicazione delle quote societarie”, si osserva ne L’Espresso. Ferragni, si legge nell’articolo, ha spostato il 10% delle sue quote nella società Esuriens, che detiene anche il 35% della partecipazione del suo ex fidanzato Riccardo Pozzoli, socio delle origini di Tbs. Esuriens si divide poi in due srl: Delirus di Pozzoli e Esuriens, ceduta poi alla società N1 del produttore pugliese del tessile Pasquale Morgese. Qui che si verifica un balletto delle quote fino a quando la Ferragni ottiene il 100% di Tbs Crew. Ma resta li 45% della partecipazione in pancia a Delirus.
Poco dopo Ferragni conferisce tutte le quote a Sisterhood, srl che oggi funziona da holding interamente controllata dall’influencer. Qui i dipendenti sono due e costano 15mila euro l’uno, si legge nell’Espresso, a fronte di un valore di Tbs da 1,7 milioni di euro, mentre il conferimento alla Sisterhood è di 10 mila euro, con un sovrapprezzo di 995 mila euro.
C’è poi l’intricata vicenda della srl Fenice, scrive l’Espresso, licenziataria del marchio Chiara Ferragni e gestore di altre royalties, indirettamente coinvolta nel dissesto dell’Enpapi, ente nazionale di previdenza degli infermieri, attraverso il socio Paolo Barletta, erede del’omonima società di real estate laziale e socio di Nicola Bugari con la controllata Arsenale.
Il gruppo Barletta, rileva l’articolo de L’Espresso, ha da tre anni i bilanci in perdita, così come soffre Alchimia che detiene quote di Fenice. Qui si assiste ad vorticoso passaggio di quote, spartite fra Febo Holding (società riconducibile a Barletta), la socia Camilla Barindelli e tre società di Morgese (Esuriens, N1 e Mofra). Barletta avvia poi un processo di conferimento delle partecipazioni di Fenice da Febo Holding ad Alchimia, in sede di perizia la Fenice vale 36,2 milioni, cifra esorbitante tanto più se si considera che ad una seconda perizia, fatta 4 anni dopo vale è 4,7 milioni. Gli ultimi atti delle vicissitudini societarie sono infine legate al tentativo di Barletta di uscire da Fenice cedendo il suo 40% al fondo Avm, che però dopo il pandoro-gate ha congelato l’operazione.
“L’impressione – si legge infine nel testo dell’articolo dell’Espresso – è che le tre srl, Tbs Crew, Fenice e Sisterhood, agiscano come vasi comunicanti e, all’occorrenza, sia possibile caricare costi e fatturato sull’una o sull’altra”.