“Nella sentenza di primo grado e in quella di appello risulta del tutto vago e indimostrato quale sia stato il ruolo di Alemanno nella vicenda illecita della gara n. 18/11 indetta da Ama”. E’ quanto scrivono i giudici della Sesta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 8 luglio hanno assolto l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno dall’accusa di corruzione. Alemanno era stato condannato in primo grado e in appello a 6 anni ma poi la Suprema Corte ha annullato senza rinvio le accuse di corruzione, decidendo inoltre di far svolgere un nuovo processo di appello per rideterminare la pena, riqualificando il reato in traffico di influenze, per la vicenda dello sblocco dei pagamenti di Eur Spa.
“La sentenza di appello, a fronte delle censure difensive che avevano lamentato la mancata dimostrazione della partecipazione del ricorrente al patto illecito di Buzzi e Panzironi per l’alterazione della gara – scrive la Cassazione – si è limitata ad indicare quale prova a suo carico i bonifici fatti da Buzzi alla Fondazione Nuova Italia (legata all’ex sindaco, ndr.) in prossimità della aggiudicazione della gara (risalente al 5 dicembre 2012). Tale ragionamento – sottolineano i supremi giudici – è gravemente carente e il Collegio ritiene che gli atti descritti in sentenza non siano tali da fornire, al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova della partecipazione” di Alemanno “al reato contestato”. In particolare, si legge nella sentenza, “doveva essere dimostrato che l’unica condotta in definitiva ascrivibile” ad Alemanno “nella vicenda in esame (la delega di poteri di fatto a Panzironi in Ama) fosse stata non solo strettamente correlata all’alterazione della gara n.18/11 in favore di Buzzi, ma anche retribuita con la dazione in denaro”.
“Elementi” spiegano i giudici, che “non sono in alcun modo esplicitati nel percorso motivazionale della sentenza, che ha ricollegato in termini del tutto generici il comportamento” dell’ex sindaco “la delega di poteri a Panzironi) tanto alla alterazione della gara quanto alle somme ricevute attraverso la Fondazione”. La Corte di Cassazione con la sentenza pronunciata lo scorso 8 luglio ha confermato la responsabilità di Alemanno in relazione al reato di finanziamento illecito.