(Adnkronos) – Alla fine, arriva una sentenza che fa giustizia. Il Giudice di pace accoglie un ricorso contro un’ingiunzione di pagamento che segue una multa assurda, dopo lo smarrimento della targa di una moto, e condanna la Prefettura di Roma a pagare anche le spese del giudizio. E’ l’epilogo di una storia durata quasi due anni.
Una vicenda che mette insieme quanto di peggio possa esprimere la ‘cosa pubblica’ in rapporto a un cittadino. Errori, sciatteria, arroganza. La Polizia di Roma Capitale riesce a fare di una targa smarrita, e riconsegnata dagli stessi uffici della Municipale, un cortocircuito burocratico che porta a un risultato grottesco, una multa da 890,50 euro con ordinanza ingiuntiva del Prefetto di Roma.
Ci si arriva con una serie di tappe che descrivono nel dettaglio dove la macchina pubblica si perde in un groviglio inestricabile. Sistemi informatici che non parlano tra loro, l’errore di un funzionario, l’incapacità di assumersi la responsabilità di correggerlo, la distrazione e la superficialità di un altro funzionario. Procedure che una volta innescate non c’è modo di fermare. Fino ad arrivare al Prefetto. A pagare è il cittadino, disarmato di fronte a una sequenza di raccomandate, convocazioni, chiarimenti, un ricorso e l’ennesima comunicazione folle.
Una rapida ricostruzione dei fatti aiuta a comprendere meglio. A luglio 2020, una normale denuncia di smarrimento della targa di una moto ai Carabinieri apre la trafila burocratica. Un mese e mezzo dopo arriva la chiamata della Polizia di Roma Capitale: la targa è stata ritrovata. Viene riconsegnata negli uffici di Circonvallazione Ostiense 291, con la firma del relativo verbale. Dieci giorni dopo arriva una raccomandata con l’invito a presentarsi presso l’ufficio di Roma Capitale, in via della Greca 5. In caso di mancata presentazione è prevista una multa di 431 euro. Negli uffici di Via della Greca, arriva l’invito a tornare in Circonvallazione Ostiense 291. Negli uffici di Circonvallazione Ostiense, un altro funzionario fa un controllo telematico: la targa è stata regolarmente denunciata e poi riconsegnata. Il caso sembra chiuso.
Passa un mese e arriva a casa il verbale da 431 euro. Si torna negli uffici della Polizia di Roma Capitale, in via della Greca 5 e parte la ricostruzione della vicenda, carte alla mano. Seguono conciliaboli vari e un paio di telefonate, poi arriva una risposta tutto sommato accettabile: “Evidentemente è stato commesso un errore ma a questo punto per annullare il verbale, serve un suo ricorso. Vada al piano terra, ufficio reclami, e faccia un ricorso spiegando quello che successo. Il ricorso arriverà da noi e noi annulleremo il verbale”. Fatto il ricorso, il caso sembra ora effettivamente chiuso.
Ma poi arriva l’ingiunzione di pagamento. Sono 890,50 euro, perché il ricorso concordato è stato respinto. A questo punto, non resta che trovare un avvocato, pagarlo e andare fino in fondo, al Giudice di Pace. Seguono udienze fissate e poi saltate, rinvii, fino alla sentenza di oggi. Il verbale relativo all’ingiunzione di pagamento è stato emesso “sull’erroneo presupposto che non fosse stato denunciato lo smarrimento della targa, laddove invece non solo tale smarrimento era stato denunciato il 10 luglio 2020 ma era stata anche riconsegnata la targa il 17 agosto 2020, pertanto non sussistevano i presupposti per l’invito né tantomeno per la contestazione”.
Bastava consultare un archivio telematico oppure, più banalmente, bastava leggere due pezzi di carta. E invece la burocrazia malata ha comportato uno spreco di tempo e di risorse. Evidentemente, statisticamente conviene puntare su chi non ha gli strumenti per reagire e deve accettare di pagare.